No, perché poi dicono che sono estremista io

In occasione delle Primarie sui social si sono lette frasi terribili, che dipingono Bologna come postaccio degradato, ridotto a pezzi da politici inetti. Commenti di gente che si dice di sinistra e che magari non sta soffrendo affatto la crisi di un decennio terribile per l’umanità. I problemi ci sono ma in questi anni tremendi la città ha ottenuto risultati lusinghieri. Altro che il disastro dipinto dai soliti leoni da tastiera. Gli amministratori vanno spronati a far meglio, non calunniati

di Giampiero Moscato, giornalista


Le Primarie, per fortuna, sono acqua passata. Anche per il ruolo che ho nel Cantiere, la parola fine a una storia cominciata troppo presto e sviluppata male porta il sollievo di non dovermi più occupare di un tema che ha tirato fuori più astio che soluzioni.

Non alludo ai contendenti. Matteo Lepore e Isabella Conti hanno cercato (basta guardare le loro pagine social) di raccontare che idea di città hanno e i loro programmi. In un mondo normale, noi cittadini avremmo dovuto prestare attenzione alle proposte, anche per verificarne la fattibilità: promettere è più facile che mantenere. Invece ha prevalso la logica dello scontro, soprattutto sulle piattaforme social: si è cercata la denigrazione dell’avversario più che l’analisi delle capacità del proprio candidato. È per questo che rubo un po’ del nostro tempo per parlare ancora di Primarie.

Ora si discuterà della sfida che Lepore dovrà affrontare con chi, nel centrodestra, sarà chiamato a fermare il suo tentativo di succedere a Virginio Merola, nel voto di ottobre. Visti i toni letti in elettori affini all’area politica che esprime la maggioranza uscente, non oso immaginare quali argomenti verranno usati da chi non ne vuole più sapere del centrosinistra al potere.

Nel titolo provo a condensare una sensazione di disagio. La mia storia personale comincia infatti nei movimenti studenteschi. Fui parte della protesta del 1977: schierato nella sinistra estrema (in cui c’era un coacervo di posizioni se possibile più frammentate di adesso) in pura contrapposizione all’ortodossia comunista.

Non eravamo teneri, con il Pci. Chi da posizioni più ortodosse e leniniste. Chi (io per esempio) da posizioni libertarie. Perché i problemi esistevano anche all’epoca, per alcuni versi più gravi di adesso: droga, violenza politica, inflazione a doppia cifra come la disoccupazione. Eppure in città c’erano persone come Renato Zangheri e Guido Fanti. Che adesso vengono riconosciuti profili di altissimo livello. Naturalmente in un paragone ingrato con i dirigenti attuali.

Ma è proprio su questa idea che mi sento fortemente a disagio. Magari è vero che non si intravvede un Dozza all’orizzonte. Ma credo, vorrei urlarlo, che non si vedano nemmeno incapaci e lestofanti.

Siamo immersi (il mondo, non solo Bologna) in un decennio terribile di crisi economica e sociale, di sconvolgimenti nel mondo che dirottano folle di disperati verso il West: La Terra soffre. Il Covid è la spia di un punto di non ritorno.

Eppure in questo disastro planetario la città ha mantenuto livelli di welfare soddisfacenti. L’occupazione, anche femminile, è ai livelli più alti, le multinazionali straniere investono nella nostra Valley di eccellenza per meccanica, agricoltura, biotecnologia e tant’altro. Sotto le Due Torri è in fase di completamento il Data Center del Centro Meteo europeo in un Tecnopolo tra i primi al mondo. Qui alloggia una delle migliori università. Siamo primi in Italia per qualità della vita, secondo l’ultimo report del Sole 24 Ore. Il Comune, in questi anni di tagli spaventosi (ma le vedete le altre città come sono messe?), ha ridotto a un terzo il debito senza tagliare i servizi. Dunque come si fa a leggere in chat di centrosinistra frasi come «bisogna mandare a casa chi ha ridotto in questo modo spaventoso Bologna»?

Ne ho letti tanti di commenti del genere, non solo da gente che ha perso tutto in questi anni, la cui rabbia è giustificata. No, li scrivono persone garantite da livelli di benessere e sicurezza sociale di primo livello. Ma chi fa questi commenti a cosa allude? Ha mai visitato Roma, Napoli, Palermo? Città meravigliose, sia chiaro, ma un pelino più difficili da abitare. Ha compreso che i disperati che migrano scappano da luoghi distanti solo qualche migliaio di km, dove si muore di fame e c’è la tratta degli schiavi? Forse il disastro è là, qua al massimo si litiga per Piazza Verdi. È un problema, sia chiaro, ma altrove si muore. Ma davvero Bonaccini e Merola si meritano giudizi così duri?

Ci sono problemi, a Bologna e in regione. Tanti e anche gravi e continueremo a denunciarli. Presseremo attuali e futuri amministratori perché li risolvano e riducano la forbice che si è ampliata tra chi sta bene-benissimo e chi fatica a vivere. Resta che Bologna in questi anni, se ha visto aumentare qualche guaio, nella gran parte è migliorata. E pure di molto. Altro che «ridotta così…». Estremista chi?


5 pensieri riguardo “No, perché poi dicono che sono estremista io

  1. Proprio così. Perché poi se ti sposti dall’ombelico di Bologna trovi quartieri in movimento ma con tutti i servizi utili, non solo quelli necessari, e gli schiamazzi di poche strade e piazze del centro sono molto lontani. Migliorare è necessario, ma arrivata nel 1965 (con solo altri 29.999 universitari) Bologna non era il fenomeno favoleggiato oggi dai bo-lagnosi

  2. Come si fa a non concordare.
    Adesso vivo a qualche decina di chilometri da Bologna ma ci sono vissuto fino al 1990, e ci torno molto assiduamente per lavoro.
    Qui mi sono laureato ed abitavo in Via Irnerio nel 1977 e quindi so di cosa parla Moscato.
    Bologna è una città in cui è facile vivere, in cui ci sono problemi, naturalmente, ma che non è ridotta nel modo terrificante con cui certa stampa tenta di descriverla.
    Mi vengono in mente le definizioni di “città sazia e disperata” e di “città rassegnata al tramonto”, usate dai non rimpianti precedenti Vescovi della città.
    Era chiara la volontà di denigrare un sistema che tutto sommato funzionava, nonostante le aspettative contrarie di qualcun altro.
    Basterebbe poi ricordare il nulla della giunta Guazzaloca, che ricordiamo solo per il Civis, la mongolfiera ai Giardini Margherita, le “gocce” in piazza re Enzo e la proposta balorda, poi rientrata, di cancellare dalla toponomastica cittadina i nomi delle strade che ricordavano il comunismo (Via Marx, Viale Lenin, Via Stalingrado).

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