Primarie pratica della democrazia, ora si può girare pagina

La significativa vittoria di Matteo Lepore e l’incoraggiante disponibilità della perdente Isabella Conti a sostenerlo, nella non facile vittoria sul centrodestra, dicono che a sinistra il clima sta cambiando. Ora tocca al candidato sindaco assumersi la responsabilità anche politica di dare al popolo delle Primarie di coalizione una strategia “extralarga” di alleanze in modo da vincere al primo turno alle Amministrative di ottobre

di Giovanni De Plato, psichiatra e scrittore


Non è stato facile convincere il centro-sinistra a scegliere le Primarie per presentare un programma politico di governo della città, motivare l’alleanza con partiti e movimenti, candidare i competenti, scegliere il migliore leader, il tutto tramite un largo processo di partecipazione dal basso. Ci ha provato CantiereBologna.com quando nessuno ci credeva suggerendo modalità e finalità. 

Non è stato facile riuscire a convincere in particolare il Pd e la sua dirigenza provinciale che la scelta del “candidato unitario” all’interno degli organismi di partito era strada impercorribile, perché bloccata dai capi-corrente, minata dalle manovre esplicite o sotterranee e dall’immancabile dichiarazione degli ortodossi: “no tu no”. Sull’ossessione dell’unità a ogni costo si è imposto un percorso poco trasparente e fintamente democratico. Lunghi mesi di procedure estenuanti che potevano rendere la scelta del candidato dem poco attraente per gli elettori, poco motivante per gli assenteisti e poco sicura alle elezioni di autunno di raggiungere la maggioranza al primo turno. 

Non è stato facile mettere in discussione una cultura, non minoritaria nel Pd, ancora legata a un’idea novecentesca di partito, abile nel rivendicare la sua egemonia e la sua preminenza nelle alleanze. L’esempio sconcertante di questa perdurante (incorreggibile?) cultura politica è stata la denuncia alla commissione dei probiviri da parte di una cinquantina di dirigenti e iscritti contro chi aveva dichiarato di non votare l’esponente del partito ma l’altra candidata della coalizione.

Giustamente il segretario Enrico Letta, interrogato dai giornalisti sulla denuncia inviata dal provinciale al nazionale, ha risposto che lui non si occupa di queste cose. Come dire: sono altre le questioni vere su cui gli scritti al partito dovrebbero impegnarsi. Il pericolo di chiusura della ‘Ditta’ sarà sventato, secondo Letta, solo se si riuscirà ad avviare una radicale riforma della struttura, dell’organizzazione, dello statuto e del funzionamento del Pd. Il segretario è venuto a Bologna a sostenere il candidato Lepore con lo scopo di ribadire che è vitale dotarsi di una nuova classe dirigente, fatta prevalentemente di giovani, i futuri costruttori di una società democratica, progressista e di sinistra. Se il segretario del Pd bolognese ha capito la lezione delle Primarie dovrebbe far suo il giusto consiglio dell’europarlamentare Elisabetta Gualmini e riportare a casa Isabella Conti.

È stato, invece, facilissimo per i dirigenti e iscritti sostenitori del “candidato unitario” e contrari alle Primarie lasciarsi andare a considerazioni di esaltante orgoglio per la vittoria del proprio candidato e del proprio partito. Nessuno di questi ha sentito il dovere di una riflessione critica, dopo aver obbligato il partito provinciale a scegliere tardivamente e male le Primarie. Il passaggio dall’avversione all’atteggiamento trionfale la dice lunga sullo stile politico. La significativa vittoria di Matteo Lepore e la incoraggiante disponibilità della perdente Isabella Conti a sostenerlo, nella non facile vittoria sul centrodestra, fa capire che a Bologna si sta girando pagina nella politica della sinistra. 

Ora tocca al candidato sindaco assumersi la responsabilità anche politica di dare al popolo delle Primarie di coalizione una strategia “extralarga” di alleanze in modo da vincere al primo turno contro il centrodestra. Ma soprattutto Lepore deve assumersi la responsabilità di essere il nuovo leader del centrosinistra che sa innovare nel locale, radicarsi nell’unione europea e rendere la città e il paese produttivi, solidali e competitivi nel mondo.

È un sogno, un’illusione o un vaneggiare? La politica messa nelle mani di un esperto giovane, capace e instancabile come Lepore lascia ben sperare. Deve, però, voltare le spalle ai signori delle tessere e delle poltrone. Deve dotarsi di una forte carica innovativa e lungimirante.

Con lui e la Conti Bologna potrebbe ritornare davvero a essere un laboratorio della nuova politica del centrosinistra che permetta di coniugare sviluppo e giustizia sociale, divenire un centro aggregante di fresche intelligenze anche internazionali, sviluppare una comunità aperta e includente, armando le persone di conoscenze perché siano meno diseguali e più solidali.


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