«La notte non può essere un problema d’ordine pubblico»

I parchi di Bologna sono molto visitati ma solo finché rimangono aperti e raggiungibili. Basterebbe migliorarne i servizi per alleggerire le piazze del centro, spostando la gente in luoghi in cui poter stare insieme anche tutta la notte senza disturbare. Quelle piazze possono essere riempite di eventi e attività gratuite e inclusive magari autogestite da associazioni, col solo sostegno logistico del Comune. Basterebbero molte meno risorse rispetto ai costi di misure securitarie

di Emily Clancy, Coalizione Civica


Caro Direttore,
il suo giornale segue con attenzione il tema della notte in città, specialmente in questi giorni in cui la situazione si è intensificata, portando l’amministrazione a proporre nuove chiusure e accessi contingentati.

Con Coalizione Civica proponiamo da tempo un approccio diverso, per uscire dal vicolo cieco che mette in contrapposizioni i diritti e i bisogni di fasce diverse di persone: da un lato i giovani, studenti e non, e gli esercenti che vogliono poter godere degli spazi pubblici in massima libertà, dall’altro i residenti che chiedono che venga rispettato il loro diritto al riposo nonché le condizioni delle strade in cui abitano.

Ho 30 anni, ma credo che le polemiche circa l’utilizzo delle piazze del centro storico siano cominciate addirittura prima che io nascessi. A distanza di decenni sarebbe bene che una città come la nostra sapesse proporre qualcosa di meglio che transenne e controlli, considerando come un problema di ordine pubblico quello che è un problema di convivenza. Chiudere o rendere complicato l’utilizzo delle piazze, che delle città sono il simbolo, equivale a negare la funzione per cui sono nate: incontrarsi, non solo con chi è come te ma anche e soprattutto con chi non conosci.

All’altra estremità si trova chi, come avviene in questi giorni a Firenze, preferisce limitare l’uso delle piazze ai soli consumatori, negandone nei fatti la natura di bene pubblico. Vanno sciolte le troppe contraddizioni che hanno caratterizzato le passate amministrazioni. Siamo felici che Bologna attiri migliaia di studenti ogni anno ma ci stupiamo se poi la sera si riuniscono negli unici spazi pubblici aperti. Ci disturba, e ci mancherebbe, se la gente fa pipì per strada, ma non ci sogniamo di attrezzare la città con nuovi bagni pubblici in cui magari accedere utilizzando i vuoti a rendere. Ci stupiamo se esiste lo spaccio o la tossicodipendenza eppure non chiediamo a gran voce che vengano riaperti centri dove le persone possano usare sostanze in sicurezza o accedere a programmi di recupero. Vogliamo che, soprattutto dalla riapertura, i locali possano riprendere le attività, ma se poi questo crea troppo movimento e rumori non ci chiediamo se non sia necessario regolare gli orari di chiusura, anche differenziandoli.

La pandemia avrebbe dovuto aprirci gli occhi su quanto alcune abitudini cittadine fossero sbagliate, a vedere nuove possibilità nella gestione degli orari e degli spazi. E allora perché non proporre uno studio degli attuali flussi di persone, divisi per età e bisogni, per vedere come viene vissuta la città sia di giorno che di notte?

Si scoprirebbe, per esempio, che i parchi e altre zone della città diverse dal centro storico sono molto visitati, tanto quanto le piazze del centro, ma solo finché rimangono aperti e raggiungibili. Basterebbe migliorarne i servizi per alleggerire le piazze, spostando la gente in luoghi in cui poter stare insieme anche tutta la notte senza disturbare nessuno. Allo stesso modo quelle piazze possono essere riempite di contenuti, eventi e attività gratuite e inclusive magari autogestite da associazioni, residenti ed esercenti, col solo sostegno logistico del Comune.

Crediamo che queste proposte, che richiedono molte meno risorse rispetto ai costi di misure securitarie spesso annunciate e mai attuate anche per mancanza di personale, abbiano il merito di andare incontro alle esigenze reali della cittadinanza, senza nascondere il problema o spostandolo altrove. Oggi non possiamo che constatare che moltissimi luoghi per cui ci si ricorda la notte bolognese non esistono più, esperienze sociali sgomberate o locali che non sono riusciti a rimanere aperti.

La risposta all’abuso dell’uso degli spazi pubblici è la loro moltiplicazione e la loro apertura con servizi adeguati, la loro chiusura è la negazione del concetto stesso di città. Dobbiamo scegliere se vogliamo conservare la bellezza e la vivibilità della nostra città creando il deserto o rendendola sempre più viva e aperta.


Rispondi