Mi piacerebbe che Matteo Lepore, come candidato sindaco del centro sinistra a Bologna, si impegnasse per incrementare le politiche di respiro metropolitano, evitare conflitti di competenze, sovrapposizioni o duplicazioni di funzioni con i Comuni e con le Unioni e dare maggiore autorevolezza agli organismi di governo
di Gabriella Montera, consigliera comunale, vice capogruppo Pd
Ho letto con interesse il punto di vista di Matteo Lepore sull’attenzione che il Pd deve dedicare alle città, espresso nel corso del dibattito con il sindaco Decaro ed altri alla Repubblica delle Idee.
Le preoccupazioni riguardavano il fatto che se i sindaci vengono lasciati soli a risolvere tutti i problemi, il territorio diventa facile preda di altre forze politiche, e che l’abolizione delle Province ha favorito questo processo. Da qui la domanda se i parlamentari hanno consapevolezza dei problemi che devono affrontare i sindaci.
Mi permetto di integrare le sue considerazioni rispetto all’abolizione delle Province – meglio sarebbe dire alle modifiche delle Province – previste dalla legge 56/2014, conosciuta come legge Delrio.
Graziano Delrio, prima di diventare parlamentare, era stato sindaco di Reggio Emilia, aveva avuto ruoli importanti nell’Anci e per questo non era certo all’oscuro delle problematiche dei Comuni, né grandi, né piccoli.
Eppure a suo tempo i vertici del Pd non hanno resistito alle sirene di chi diceva, con una grave semplificazione, che bisognava ridurre i costi della politica e in quella fase le Province erano l’ente più facile, definito a più voci “inutile”, a cui addebitarne i costi immotivati. Con buona pace della stragrande maggioranza dei sindaci del Pd del territorio provinciale, che rispetto ad un depotenziamento delle Province da ente elettivo ad ente di secondo grado come sono le Città Metropolitane e le “nuove Province”, hanno scelto il secondo.
Quindi forse la domanda da farsi è: dopo le vecchie Province chi ha garantito il governo d’area vasta? Sorvolo sul fallimento dell’obiettivo di ridurre i costi della politica, dato che il personale, che è la voce più incisiva dei bilanci, per fortuna continua ad operare e ad essere assunto con i concorsi che sono stati banditi anche negli ultimi anni.
Una riforma seria e ragionata doveva valutare lo snellimento delle funzioni delle Province per superare i doppioni di deleghe come la cultura, lo sport, il turismo e la sanità – per fare degli esempi – su cui i Comuni svolgono le attività in autonomia, a vantaggio del potenziamento delle deleghe più strettamente legate al territorio: l’urbanistica, i trasporti, l’ambiente, lo sviluppo economico e sociale.
È lì che i sindaci hanno sentito la mancanza della Provincia, o meglio, la mancanza di politiche di coordinamento di area vasta. I consiglieri delegati, ovvero i sindaci e/o i consiglieri comunali, si sono esercitati con impegno, ma con risultati modesti e non certo per loro responsabilità.
È indubbio che dopo 5 anni di sperimentazione dell’attività della Città Metropolitana e delle nuove Province, come Pd dovremmo fare una riflessione sugli effetti prodotti dalla legge Delrio nelle politiche di governo delle aree vaste, ma intanto proviamo a livello istituzionale a mettere al centro il tema della cittadinanza metropolitana.
Nel nuovo mandato il sindaco e il consiglio metropolitano, ferme restando le funzioni proprie e le autonomie dei Comuni e delle Unioni, dovranno acquisire un ruolo più incisivo di proposta e di riferimento per l’attuazione di uno sviluppo armonico del territorio. Per questo bisogna puntare ad adottare strumenti di pianificazione urbanistica di ambito metropolitano.
A seguito della nuova legge regionale sull’urbanistica (L.R. 24/2017), sia il Comune di Bologna che la Città Metropolitana si sono impegnati per approvare i propri piani prima della scadenza del mandato: il primo con il Piano Urbanistico Generale (PUG), la seconda con il Piano Territoriale Metropolitano (PTM).
Entrambi disegnano scenari di lunga prospettiva per un territorio sostenibile, attrattivo, che vede al centro la tutela dell’ambiente, la valorizzazione dei luoghi urbani e naturali, il lavoro e l’innovazione con una matrice comune e una visione unitaria.
Sono strumenti che rispondono alle finalità della legge regionale sull’urbanistica che, dopo il picco di consumo di suolo raggiunto nel 2017, ha indotto la Regione ad invertire il trend prevedendo la riduzione progressiva dei volumi edificabili e degli insediamenti su suolo agricolo e naturale, a favore delle politiche di rigenerazione e di riqualificazione degli spazi esistenti. Anche i piani per la mobilità sostenibile e gli impegni assunti con la “Carta di Bologna per l’ambiente”, vanno nella stessa direzione.
Con il Piano Territoriale Metropolitano la Città Metropolitana, “ente federante”, crea una rete di relazioni cooperative con i Comuni e con le Unioni del territorio.
È evidente che per quanto la Città Metropolitana abbia ereditato gran parte delle funzioni della Provincia e le relative competenze e abbia continuato a sviluppare alti livelli di specializzazione, porta con sé la debolezza tipica di tutti gli enti non eletti a suffragio universale.
In Parlamento giacciono diverse proposte di modifica della legge Delrio, una delle quali riguarda l’elezione diretta del sindaco e del consiglio metropolitano, che potrebbe essere approvata tramite un semplice emendamento all’attuale normativa.
Mi piacerebbe che Matteo Lepore, come candidato sindaco del centro sinistra a Bologna, si impegnasse per incrementare le politiche di respiro metropolitano, evitare conflitti di competenze, sovrapposizioni o duplicazioni di funzioni con i Comuni e con le Unioni e dare maggiore autorevolezza agli organismi di governo.
Photo credits: Herbert Frank (CC BY 2.0)
Sarà perché ho lavorato sia in Provincia che in Comune di Bologna, come cittadina seguo con attenzione le insufficienze nella regolamentazione, gestione, controllo delle decisioni politico-amministrative di ambito sovracomunale (metropolitana, ex-provincia), le duplicazioni di competenze velleitarie. Benissimo descritte da Montera. Indispensabile inventario, riflessione e rivisitazione del disegno di competenze, organismi, livelli decisionali e responsabilità riconosciute da elezioni dirette.