Bologna, tra gol e autogol

Qui 25 anni prima della prima Olimpiade nacque la Società di ginnastica, che comprendeva tutte le discipline, poi divenuta Virtus. Emilio Baumann, che la fondò, è uno dei padri dei Cinque Cerchi. Qui c’è il miglior dirigente italiano, Massimo Righi, Lega Volley. Di qui è Katia Serra, prima commentatrice della Nazionale. Perché la Fabbrica del programma di Lepore dà poco rilievo allo sport? Dovrebbe essere il Cubo di Rubik con cui riscoprire il valore di squadra e indicare che città vogliamo essere

di Luca Corsolini, giornalista sportivo in partenza per Tokyo e curatore di Virtus 150, in questo testo esprime un’opinione squisitamente personale


Che Bologna siamo, quale Bologna vogliamo essere? Semplificando, spero non banalizzando, una campagna elettorale per la carica di sindaco può essere sintetizzata così: c’è una fotografia, e c’è un progetto. Poi, ovviamente, l’interesse collettivo non può essere la somma di tanti interessi individuali e particolari: quello che deve funzionare, Mancini docet, ed è la lezione non banale che viene dagli Europei di Calcio, è il gioco di squadra.

Dunque, che Bologna siamo? Indubitabilmente, una città con un suo rapporto maturo con lo sport. Si capisce dal confronto con un altro evento che sta per cominciare: le Olimpiadi di Tokyo.

La prima società sportiva è nata a Bologna nel 1871, era allora la Società Sezionale di Ginnastica, perché ginnastica era il nome di tutto lo sport che ancora nemmeno era definito tale: i Giochi Olimpici sono nati nel 1896, venticinque anni dopo. E nel cerchio magico dello sport, anzi nei cinque cerchi magici dello sport, Emilio Baumann, che della Virtus è stato il fondatore, è considerato uno dei padri nobili dello sport stesso: mondiale, non bolognese.

Poi, siamo la città dello scudetto nel basket, di uno stadio temporaneo e di un altro che sarà ristrutturato, di playground inaugurati a ritmo incessante, e di tanto, tanto altro.

Due segnalazioni per il tanto altro, perché bisogna distinguere e mettere in vetrina le eccellenze. Il miglior dirigente sportivo italiano è, da anni, Massimo Righi, il deus ex machina della Lega Volley che, nel suo sport, vale a livello mondiale tecnicamente quanto l’Nba senza averne le ricchezze. E infatti mentre altri cianciano di richieste di aiuti e contributi, Righi ha stretto un accordo con un fondo d’investimento di carattere internazionale per dare benzina, subito, ai suoi club. Seconda segnalazione, e forse per galateo, e onestà, avrebbe dovuto essere fatta per prima: siamo la città, nell’Italia del Pallone per cui siamo ancora ubriachi, della prima commentatrice televisiva della Nazionale, Katia Serra.

Insomma, siamo tanto nello sport, non per niente ci vorremmo candidare per un evento top come i Giochi Olimpici, meglio quelli Giovanili di quelli vagheggiati, con Firenze, per il 2036. E allora, da persona di sport, ci resto male, malissimo, per la scarsa rilevanza che la Fabbrica di Lepore ha dato allo sport, ignorando alto e basso dello sport Made in Bologna.

Certo, in squadra c’è Gianluca Pavanello, che lo sport lo veste con la Macron e lo veste tanto bene da aver fatto diventare un gioiello la sua azienda, fino a diventare partner di fiducia della Uefa che fino a ieri si affidava a un colosso come Adidas. Ma è oggettivamente troppo poco per rappresentare quel Cubo di Rubik che oggi è lo sport: ogni tessera importante, ogni tessera collegata alle altre come da visione che lo sport ha di sé: i cinque cerchi olimpici, che rappresentano i continenti, sono intrecciati l’uno all’altro, a dire che nessuno può farcela da solo. 

Oggi lo sport è salute, e siamo la città di SportVax e Isokinetic, per non dire di Budrio capitale mondiale dello sport paralimpico. È educazione, inclusione, attività non solo giovanile ma anche per le nuove età. È turismo, con un museo tematico come il Mubit in partenza, e con ciclovie che felicemente circondano la città indicando nuovi sviluppi compatibili col modello low cost che ha fatto crescere l’aeroporto e oggi potrebbe far decollare il territorio.

Lo sport, in questa estate azzurra 2021, non è solo la festa per una vittoria tanto attesa, è semmai l’esempio di come, ragionando in modo nuovo, scoprendo e riscoprendo il valore del gioco di squadra, si possa raggiungere ogni tipo di risultato. E non per vincere una partita ma per rispondere a quella domanda che non può avere una risposta sbrigativa: quale Bologna vogliamo essere?

Photo credits: Yiqun Tang


Un pensiero riguardo “Bologna, tra gol e autogol

Rispondi