Basta urla e proclami, Salvini ha ceduto il passo alla faccia mite e determinata di Fabio Battistini. Un cambio che ha un orizzonte molto più ampio dell’esito elettorale di ottobre. Il ruolo di Giorgetti
di Massimo Gagliardi, giornalista
La Lega a Bologna si slega dai citofoni, si slega dal binomio sicurezza/razzismo, si slega dalla Bestia e dalla faccia feroce. Niente più barconi da affondare, niente più rosari sventolati. Niente più grand hotel, selfie in spiaggia o adunate al PalaDozza.
Salvini è venuto al banchetto e ha annunciato che il suo candidato è Fabio Battistini. Cattolico, moderato, bravo padre di famiglia, mai una parola di troppo. Uno che, invece di gridare Forza Italia o basta coi negri, ha solo detto in bolognese Dai mo’, ovvero diamoci una mossa, cambiamo. Senza urla, senza fare la faccia feroce e riservando all’avversario Lepore parole di rispetto personale. Ovvero, l’esatto contrario di ciò che ci si aspetterebbe dalla caricatura del leghista.
Leghista… Ma Battistini è un leghista? No, mai iscritto alla Lega. Gli ha chiesto Salvini di candidarsi? Non risulta. Anzi, quando a dicembre il buon Fabio annunciò di volersi candidare, il proconsole di Salvini, Ostellari, fu alquanto freddino. Battistini, invece di mollare, ha proseguito la sua corsa in beata solitudine, facendo finta che quel sondaggio berlusconiano su Cangini neanche esistesse.
Certo, ora è stato incoronato dalla Lega al banchetto. E Lepore ha già applicato il Primo emendamento comunista: bollare di fascismo (pardon, leghismo) l’avversario, schiacciarlo su Salvini e sperare in una gaffe dell’avversario. Ma Battistini dice: io ero partito prima. E da solo.
Ma allora perché la Lega si è slegata?
Punto primo: gli amici del centrodestra. Tenendo il punto, Salvini ha rivendicato il potere della scelta rispetto a Forza Italia e Fratelli d’Italia. No a Cangini o altri, a Bologna decido io. Che poi il candidato sia più o meno forte, per Salvini non è questo il punto.
Punto secondo: la Lega a Bologna. Qualche decina di iscritti, qualche consigliere comunale, nessun funzionario. Se ha una sede, nessuno sa dove sia né quando sia stata aperta. L’unica risorsa di Salvini sotto le Torri era la Borgonzoni, si sa come è andata a finire.
Fatto sta che Salvini fa cadere il primo governo Conte sperando di portare il Paese alle elezioni. Ma Renzi gli mette un governo nuovo nuovo sotto il naso (ma questo tutti benpensanti di sinistra l’hanno dimenticato in fretta. La storia d’Italia sarebbe diversa). Primo e gravissimo incidente di percorso.
Il leader leghista però fallisce anche l’assalto alla Fortezza Bastiani di Bonaccini. Il simbolo resiste, Matteo ha sbagliato tutto. La sua leadership è al punto più basso. La Bestia non è più invincibile, non capisce più niente, non sa come interpretare il momento politico. I post su Instagram si fanno stanchi, ripetitivi, afasici. Salvini rischia di rimetterci la testa, di dover cedere tutto.
Ma la Lega non ha ricambio, l’unico che se ne potrebbe occupare è Giorgetti ma non ha la caratura dell’attaccante, è un regista. In più, siede alla destra del padre. E cioè, come da telecamere nel giorno dell’insediamento del governo, è ministro di Draghi. E su quella poltrona ci sta benissimo.
Non per questo Giorgetti si disinteressa della Lega, anzi. L’operazione-Bologna è sua, non di Salvini, che manda anche un suo proconsole di provata fede, il veneto Ostellari. Ma il copione lo scrive Giorgetti.
Si tratta di ricostituire sotto le Torri un partito che non c’è, che non ha classe dirigente, che al di là delle opinioni e dei like, è zero, zero assoluto. Il mandato di Giorgetti è: cherchez la femme (o l’homme che dir si voglia). E Ostellari ci si mette. Sin dalle prime interviste il tono è esattamente opposto a quello del Salvini-pensiero: conciliante e ragionevole. Insomma, tutti a chiedersi: ma è un leghista questo Ostellari?
Poi l’abbiamo ritrovato in azione sul ddl Zan e ci siamo un po’ ricreduti. Ma a Bologna no, Ostellari ha sempre tenuto la linea. Moderata.
Nel frattempo Battistini aveva iniziato la sua corsa. La prima tappa, con l’incoronazione al banchetto, l’ha raggiunta. Ora deve accelerare il passo e fare la sua gara.
Al di là dell’esito, però, Salvini il suo risultato l’avrà già ottenuto perché, dalla poltrona di sindaco o dallo scranno di consigliere, il volto della Lega sarà appunto quello di Battistini. Di una persona civile, abituata a ragionare sui fatti e che ha dimostrato di crederci. Insomma, coraggio e determinazione. Niente urla e proclami.
Tradotto: Battistini può essere il nuovo corso a Bologna e, con il suo gruppo, costituire il nucleo di una forza politica che supera il vecchio concetto di centrismo. Un nuovo modello? Andiamoci piano. La Nuova Lega avrà cinque anni per raccogliere energie e formare un gruppo dirigente. Ma questa sarà tutta un’altra storia.
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