«Accanto al candidato “sicuro” ci sono candidati agli strapuntini. Bologna è piena di posti da assegnare. La fila è lunga e anche disciplinata. Alle prossime elezioni ci sarà anche questa “cosa” che da tempo lavora sotto traccia. Non cerca le “luci della ribalta” ma non è Cappuccetto rosso. Sa e conosce. Non ha padroni. Questa “cosa” è o può essere la inaspettata novità, a dispetto di quanti assaporano già il successo al primo turno per Bologna Caput Mundi. Ma San Petronio ci benedirà»
di Aldo Bacchiocchi, già dirigente politico
È dai tempi del “famoso” processo di via Barberia – era il 1964 quando ci fu lo scontro tra riformisti e stalinisti per la scelta del successore del sindaco Giuseppe Dozza, una storia ben descritta in un libro del giornalista Domenico Del Prete – che seguo le campagne elettorali sia per lavoro sia per passione. Al Cantiere propongo una sorta di sociologia elettorale interpretativa.
Ormai la festa del Santo Patrono è qui che arriva; il 3-4 ottobre si vota con la finzione del sindaco metropolitano. Cosa faranno i bolognesi? Parto da Sergio Cofferati. Iniziare da prima, in questa sede, è impossibile. Per Cofferati si aprirono i saloni dei Palazzi signorili e le “cucine” sofisticate di molti che hanno voce in capitolo, in tutte le stagioni. Questa consuetudine si ripete. È un tratto saliente di quelli che “contano”. Ma Bologna è anche “rossa”, organizzata, gelosa della propria storia sociale e politica (anche culturale). Dal Pci fino al Pd resistono gli sforzi per vincere.
Oggi il Pd è anche un insieme di comitati elettorali diffusi. Che tendono a diventare “agorà”. Questo esercito – molti lo sanno – è diretto in modo “nascosto” o palese da persone autorevoli che “giudicano e mandano”. Inesorabili. La stessa recente vicenda delle Primarie, sorprendenti per certi aspetti, ha poi avuto l’esito auspicato, con il massimo dell’impegno del “sistema”. Accanto al candidato “sicuro” ci sono candidati agli “strapuntini”. Bologna è piena di “posti” da assegnare. La fila è lunga e anche disciplinata.
Alle prossime elezioni, a mio avviso, ci sarà anche la “Bologna di prossimità” che da tempo, in silenzio, lavora sotto traccia. Non cerca le “luci della ribalta” ma non è Cappuccetto rosso. Sa e conosce. Non ha padroni; il centro destra tutto ha dovuto andare a Canossa. I moderati di centro sono frastornati. Questa Bologna “di prossimità” è o può essere la inaspettata novità, a dispetto di quanti assaporano già il successo al primo turno per Bologna Caput Mundi.
La questione è complicata; il ruolo del Comune è di gestione ordinaria e di tutela, sacrosanta, della storia antifascista di queste terre che, anche di recente, si è tentato di colpire a morte. Ma Bologna ha resistito e ha vinto. Questi sono i momenti “alti”, baluardo di democrazia. Ma poi c’è al centro e nelle periferie la rassegnazione di un quotidiano a volte deludente.
La Grande Bologna appare lontana, inafferrabile: non scalda i cuori. Ma spero non mancheranno ulteriori occasioni di riflessione verso la scadenza del 3-4 ottobre. E San Petronio ci benedirà.
la tua analisi è acuta come sempre, tralascia però un “piccolo” particolare: a Bologna vige un inciucio grande come una casa per cui il centro destra ha tutto l’interesse che vinca il centro sinistra come sempre é accaduto dal 1946 ad oggi e come accadrà il 3/4 ottobre p.v., la parentesi di Giorgio Guazzaloca, io c’ero, é dovuta a due fattori: la forza del candidato, il paragone Guazzaloca/Battistini fa scompisciare dalle risa, e il fatto che nel 1999 la sinistra presentò due candidati Silvia Bartolini, che al primo turno ottenne il 49% circa, e Maurizio Zamboni con il 10,4%, se non ci fosse stato Zamboni la Bartolini sarebbe diventata Sindaco al primo turno; secondo fattore il centro destra ha tutto l’interesse che vinca il centro sinistra con il quale in oltre 70 anni ha sempre fatto lucrosi affari, vedi ad esempio l’insediamento urbanistico di Borgo Masini dove c’era la Buton (Sassoli de’ Bianchi e poi anche Frabboni) con capannoni alti sei metri, ora ci sono grattacieli di 25/30 metri con indici di edificabilità che si trovano solamente a Shangai (parte vecchia), i primi colloqui per delocalizzare la Buton (sarebbe andata ad Ozzano dell’Emilia) avvengono nel 1963 fra il Sindaco Giuseppe Dozza, fervente comunista, ed il Conte Achille Sassoli de’ Bianchi fervente monarchico/liberale, ma business is business.