Nel 2008, edito da Minerva con la curatela di Fausto Anderlini e Maurizio Garuti, usciva un libro sulle figure politiche più rilevanti della pianura bolognese tra gli anni ‘70 e il nuovo millennio. Ne viene fuori il ritratto di una generazione con i suoi sogni, le esperienze, i successi, i fallimenti. Percorsi umani e politici che si intrecciarono tra loro, nella stagione segnata dal declino del Pci e dal tramonto delle ideologie
di Aldo Bacchiocchi, già dirigente politico
Tanti anni fa, nel 2008, la Minerva edizioni ebbe il coraggio – ma anche la lungimiranza – di pubblicare La generazione che non toccò il cielo. Storie di vita e di passione politica nella pianura bolognese (1970-2000), a cura di Fausto Anderlini e Maurizio Garuti.
Lo tolgo dalla biblioteca, questo libro, dopo un incontro con Giuseppe Chiarillo, già Sindaco di Galliera che il 19 settembre scorso, a sette anni dalla crudele scomparsa, ha organizzato un ricordo informale ma intenso di Giacomo Venturi. Nota Chiarillo che il libro nasce dalla volontà di ricordare due uomini, scomparsi ancora giovani – Gianfranco Pelotti, sindaco di Baricella e Omer Vandini, vicesindaco di San Giovanni in Persiceto – che profusero, al di là delle cariche elettive, energie e tempo senza mire di potere. Entrambi furono funzionari del Pci.
È stato Maurizio Garuti, intellettuale della ‘pianura’, a mettere in fila e a raccogliere le storie di vita di tanti sindaci, da Giuliano Barigazzi (San Pietro in Casale) a Valerio Benuzzi (San Giorgio di Piano), da Drago Biafore ((San Pietro in Casale) a Florio Cavani (Crevalcore), da Paolo Ceccardi (Baricella) a Anna Cocchi (Anzola dell’Emila) e allo stesso Chiarillo (Galliera). E poi ancora Floriano Fazzi, Claudio Felicani, Raffaele Finelli, Giorgio Golfieri, Valerio Gualandi, Gianna Serra, Marco Monesi, Tiberio Rabboni e tanti altri ed altre.
Lascio al lettore di scandagliare con curiosità le varie realtà comunali e le vite ammirevoli di queste persone formatesi nel partito, nella realtà non di rado difficile, nella scuola delle “Frattocchie”, la mitica scuola del Pci che fu diretta anche da Enrico Berlinguer.
Venticinque storie, monologhi, come nel teatro greco prima di Eschilo. Monologhi che ci fanno conoscere l’economia della ‘bassa’ bolognese. Anderlini, con sperimentata sensibilità, ricorda gli scioperi bracciantili, le divisioni profonde sedimentate dalle uccisioni ingiustificabili di Loredano Bizzarri, Maria Margotti, Giuseppe Fanin. Rapporti agrari e tessuti urbani vengono scandagliati. Si ripercorre la miseria, il passaggio dalla vanga alla lima, si percepisce il desiderio semplice del ‘meglio’. Si parla anche di Mauro Olivi, un segretario nato dal ‘basso’, nel fuoco del lavoro e degli scioperi.
Una breve recensione non consente di approfondire più di tanto. Scopriamo i sogni, le esperienze, i successi, i fallimenti. I percorsi umani e politici di una generazione ritratta in quel laboratorio sociale che è da sempre la pianura bolognese. Ma anche la Montagna e la ‘cintura’ bolognesi meriterebbero una particolare attenzione (ricerche? tesi di laurea?).
Fa da sfondo alla generazione che non toccò il cielo il declino del Pci ed il tramonto delle ideologie. Il lento passaggio a una nuova, incerta stagione della Politica. Credo che anche la cultura cattolica e quella laica potrebbero misurarsi in una ricerca di questo tipo.
È un libro utile, formativo, esemplare. Per questi motivi ne consiglio una rilettura. Per capire e per guardare in avanti non alla cieca. Sapere del nostro retroterra è importante per il futuro. C’è lo insegna un bolognese di adozione, più che mai attuale: Beniamino Andreatta.