È un simbolo, come San Luca e le Due Torri, e il 2 novembre si va a portare un fiore a chi si amava e non c’è più. Il problema, a parte la fila, è che la nostra Certosa è trascurata e sporca, davvero: è messa maluccio
di Barbara Beghelli, giornalista
Tutti i santi il primo novembre, la commemorazione dei morti il giorno dopo. Martedì ‘cade’ la ricorrenza che porta con sé ricordo e interiorità, anche se per i vacanzieri compulsivi sarà solo l’ennesimo ponte. Ma comunque sia, chi è bolognese lo sa: la Certosa è un simbolo, come San Luca e le Due Torri, e il 2 novembre si va a portare un fiore a chi si amava e non c’è più.
Il problema, a parte la fila, è che la nostra Certosa è trascurata, davvero: è messa maluccio. Campo 1948, dall’entrata del Ghisello attraverso il corridoio che lo divide e salgo su, prima scala a sinistra: sono sopra il campo 1946. Faccio due lati del portico e quando arrivo alla tomba dei miei cari mi affaccio dalla ringhiera e guardo sui colli dove ‘regna’ San Luca. L’ho sempre fatto, è un rito, fin da quando ero bambina e con mia nonna andavo a portare i fiori al nonno, ogni domenica mattina.
Però non sono felice d’esser qui, stavolta: lungo il tragitto la noncuranza segna i passi del mio percorso. Lumini per terra, sporcizia dovunque, ragnatele su tutti i soffitti bianchi delle arcate della Certosa, guano di piccione e magari solo in ogni angolo, dapàrtott. Così possiamo scivolare meglio sul marmo con le scarpe di cuoio?
“Bah”, penso, sto attenta a dove metto i piedi. “Siamo messi male”, dico tra me e me, non l’ho mai vista ridotta così in cinquant’anni, la Certosa. Ma cosa è successo?
Mi fermo almeno due volte, lungo il mio tragitto che dura dieci minuti, per raccogliere lumini caduti, mettere qualche fiore dove non c’era niente e notare con disappunto che tanti fiori ancora buoni e sfalci sono stati gettati a terra, così lì in mezzo ai portici, calpestati dai passanti. Come siamo arrivati a questo punto proprio non riesco a spiegarmelo. La Certosa è un luogo importante, per noi che andiamo a commemorare i morti, ma anche per il turismo.
Certo non è il Pére-Lachaise du Paris ma è pur sempre stata méta privilegiata di illustri turisti: Lord Byron, Jules Janin, Charles Dickens e Theodor Mommsen hanno scritto della loro passeggiata nel nostro cimitero. Sempre qui sono ospitate alcune figure storiche molto importanti: lo statista Marco Minghetti, i pittori Giorgio Morandi e Bruno Saetti; il premio Nobel per la letteratura Giosuè Carducci e lo scrittore Riccardo Bacchelli; il cantante d’opera Carlo Broschi detto Farinelli, il compositore Ottorino Respighi e il cantante Lucio Dalla; i fondatori delle aziende Maserati, Ducati e Weber e della casa editrice Zanichelli.
E poi, essendo esteso su una superficie di 30 ettari, è tra i più grandi d’Europa e tra quelli di maggiore pregio storico-artistico sul territorio nazionale. Ma non devo ricordarlo io, ora sul Cantiere, l’aspetto storico-artistico-monumentale del cimitero bolognese del 1801. Dico solo che andrebbe tenuto bene.
Compresa la chiesa di San Girolamo, testimonianza intatta della ricchezza perduta del convento che ospita tuttora dipinti dedicati alla vita di Cristo dei principali pittori bolognesi della metà del XVII secolo…
Ma poi, scusate, come si fa a unire interiorità e ricordo se è così sporco? Le feste che onorano le “anime dei defunti” come se fossero vive dovrebbero fare bene allo spirito, alleviare il dolore di una scomparsa, trasmettere pace e serenità e i luoghi che li accolgono anche. Qui si cerca il silenzio, vero, ma anche l’ordine e il rispetto. Quando le persone che ami volano via, una parte di loro resta confinata nel tuo cuore ma anche qui, per questo ci si torna, alla Certosa.
Ma la tengo corta: in molti Paesi si crede ancora che la notte del 2 novembre i morti tornino nelle loro case precedenti e si cibino degli alimenti dei “vivi”. L’idea di commemorare i defunti in suffragio fu ispirazione di un rito bizantino, mentre la festività romana apparì per la prima volta nel XIV secolo. A me (noi bolognesi) basterebbe che il cimitero fosse pulito e tenuto bene.
Perché oltretutto i fiori costano il doppio, quindi lo sconforto è evidente. Arriveremo al punto di dedicare solo una preghiera e non varcare più una delle opere monumentali più importanti di Bologna?
Photo credits: Stefano Zocca
Ma…. È vero che da sempre, il cimitero è in mano ad hera …
Concordo su tutto. Noto solo che Edoardo Weber non riposa nella nostra Certosa, in quanto la sua tomba è solo un pregevole monumento, un ricordo voluto dalla moglie, ma vuoto. A più di 76 anni dal momento in cui venne prelevato dalla fabbrica da tre “partigiani”, il corpo non è mai stato ritrovato. Nemmeno una parola di umana pietà per consentire ai suoi cari di seppellirne i resti.
Hera…già, sono furiosa che la Regione abbia prolungato la scadenza dei contratti di servizio fino a non so che anno… Capisco che per il Comune di Bologna sia una bella pesca rivederlo, visto il peso di Hera. Ma proprio per questo la cosa mi indigna. Ed è la prima GROSSA DELUSIONE rispetto al programma elettorale di Lepore.