Nella provincia appaiono evidenti i rischi di una sensibile contrazione della popolazione in età lavorativa. La pandemia ha aggravato ulteriormente queste tendenze: nell’ultimo biennio il saldo negativo del movimento naturale si è ulteriormente aggravato (circa 50 nascite ogni 100 decessi) e i lockdown hanno sensibilmente ridotto i saldi migratori, unica voce che frena la tendenza. Eppure è chiaro che non prendere sul serio la demografia ha un prezzo: a pagarlo saranno le nuove generazioni
di Gianluigi Bovini, statistico e demografo
«L’Italia si trova da troppo tempo in una profonda crisi, più insidiosa di qualsiasi recessione economica o altro tipo di emergenza. È la crisi demografica dalla quale derivano forti implicazioni sulle nuove generazioni e sul benessere comune. Il succedersi delle generazioni è un elemento chiave della dinamica demografica. Sta alla base della capacità del genere umano di reinventarsi dandosi continuità nel tempo. Questa capacità non può essere data per scontata e sta oggi entrando in crisi come mai in passato, con inedite e profonde conseguenze sul futuro». Con queste parole Alessandro Rosina, Ordinario di Demografia alla Cattolica di Milano, apre il libro “Crisi demografica: politiche per un paese che ha smesso di crescere”.
Nelle scorse settimane, in collaborazione con Franco Chiarini, ho pubblicato lo studio “La questione demografica in Emilia-Romagna: una sfida complessa e urgente” che esamina come si colloca la nostra regione nel contesto di grave crisi demografica, articolando l’analisi per provincia e secondo cinque zone territoriali nelle quali si può suddividere il territorio regionale. In questo articolo analizzo i dati relativi a Bologna nel periodo immediatamente precedente alla pandemia e nel biennio 2020-2021.
Al 1° gennaio 2020 nella città metropolitana erano residenti 1.021.500 persone, una densità di 275 abitanti per km quadrato: l’insediamento era molto differenziato, densità massima a Bologna (826) e minima nella montagna (66) e nella collina interna (67). Nel territorio si presenta quindi, anche se in forme meno acute rispetto ad altre parti della regione, il problema delle aree interne: densità di popolazione molto basse, e a rischio di ulteriori contrazioni, costringono infatti a interrogarsi sulle prospettive di mantenimento e sviluppo delle principali reti di servizi pubblici e privati (l’istruzione, l’assistenza e la sanità, la cultura, il trasporto pubblico, gli esercizi commerciali e i servizi artigianali).
Nel quinquennio 2015-2019 la popolazione metropolitana era aumentata dell’1,5%, con una dinamica molto differenziata fra quella di nazionalità italiana (+0,7%) e quella straniera (+7,1%): si conferma così il ruolo decisivo nell’evoluzione demografica di questo territorio dei movimenti migratori interni e con l’estero. Se si guarda infatti il movimento naturale della popolazione si coglie immediatamente un elemento di grave criticità: nei cinque anni considerati si sono registrate infatti mediamente meno di 65 nascite per ogni 100 decessi. L’incremento della popolazione è quindi dovuto esclusivamente al forte saldo attivo dei movimenti migratori, che ha fatto registrare un valore pari a quasi 120 immigrati per ogni 100 persone emigrate.
La forte riduzione della natalità, che prosegue da alcuni decenni, ha condizionato in maniera decisiva anche l’equilibrio fra le generazioni: al 1° gennaio 2020 i bambini e i ragazzi fino a 14 anni rappresentavano il 12,6% del totale, mentre la fascia over 64 anni comprendeva il 24,4% dei residenti. L’indice di vecchiaia (quanti anziani ci sono per ogni 100 bambini e ragazzi) aveva così raggiunto un valore molto elevato (193,1), che appare destinato a crescere sensibilmente per effetto del permanere di una bassa fecondità e di un ulteriore invecchiamento della popolazione.
Appaiono inoltre evidenti i rischi di una sensibile contrazione della popolazione in età lavorativa, perché i nuovi ingressi in questo contingente non compensano le uscite di generazioni più numerose: gli effetti sul mercato del lavoro delle dinamiche demografiche nel medio e lungo periodo non sono ancora adeguatamente compresi e meritano una maggiore attenzione.
La pandemia ha aggravato ulteriormente queste tendenze: nel 2020 e nei primi nove mesi del 2021 nel territorio il saldo negativo si è ulteriormente aggravato (circa 50 nascite per ogni 100 decessi) e i lockdown hanno inevitabilmente frenato i saldi migratori. Si è così determinata una riduzione della popolazione residente: oltre 1.160 abitanti in meno fra il 1° gennaio 2020 e il 30 settembre 2021.
I dati mostrano come si siano determinati squilibri demografici inediti, che si amplieranno ulteriormente. Il dato più preoccupante è l’indebolimento della componente giovanile, che maggiormente contribuisce a generare trasformazione sociale e crescita economica. Anche qui vale quindi l’ammonimento di Alessandro Rosina: «I Paesi che non prendono sul serio la demografia ne pagano le conseguenze addebitandone i costi sul conto delle nuove generazioni».
Ho letto con estremo interesse l’interessante e documentato contributo dello statistico e demografo Gianluigi Bovina, un professionista bolognese da sempre stimato per le sue apprezzate competenze. Nel suo contributo solleva interessanti problemi che andrebbero, a suo dire, giustamente approfonditi. Credo che come CantiereBolologna saremmo interessati alla continuità della sua collaborazione con la nostra rivista web. Grazie e complimenti per il suo articolo
giovanni de plato
Grazie Professore De Plato per l’attenzione. Buona giornata. Gianluigi