La storia di Padre Marella in un film e in un’opera

L’eccezionale vita del prete degli ultimi, cominciata a Pellestrina, dove fu sospeso a divinis per aver ospitato uno scomunicato, proseguita qui da docente e poi di nuovo da sacerdote ma soprattutto da mendicante a favore degli ultimi, è raccontata nella pellicola di Otello Cenci e nell’opera teatrale di Maurizio Garuti, suo allievo al Galvani. Due occasioni per riflettere sulla realtà non di rado terribile delle vicende umane e su un Maestro solo e incompreso che ne seppe cogliere la portata

di Aldo Bacchiocchi, già dirigente politico


In questi giorni esce in sala il film sul Beato Olinto Marella. Tutto si iniziò alla fine del 2019. Regia appassionata di Otello Cenci. “La sorpresa. L’eccezionale vita di Padre Marella” è il titolo della pellicola, che narra in effetti una storia fuori dal comune, cominciata a Pellestrina, isoletta dell’arcipelago veneziano, dove il presbitero nacque il 14 giugno 1882, e poi sviluppatasi a Bologna e soprattutto in quel luogo speciale che è l’angolo tra le vie Orefici e Drapperie, dove aveva il suo posto da “mendicante”.

L’opera di Cenci esce nel vivo delle festività sotto il tripudio di luci che creano l’illusione di una felicità di massa, di una massa spensierata. La “prima” del film che ha dedicato al “prete degli ultimi”, ora Beato, è ad inviti. Ma poi mi auguro che si snodi un tam-tam e tanti si rechino a ricordare l’asceta che, davanti al negozio della ricchezza gastronomica per antonomasia, chiedeva senza sosta l’elemosina per le persone bisognose e fragili.

Padre Marella, il filosofo, seppe vedere le diseguaglianze che oggi, con il Covid ma non solo, si sono esasperate anche a Bologna. Fu un itinerario di vita tormentato e sofferto quello del Beato Marella. Incrociò Papa Giovanni e Indro Montanelli. Fu sospeso a divinis per aver ospitato uno “scomunicato” nel 1909 ma, diventato insegnante e giunto al liceo Galvani nel 1924, il Cardinale Giovanni Battista Nasalli Rocca di Corneliano lo riammise nella Ecclesia, il 2 febbraio 1925. La vita di Olinto Marella è nota ma è giusto ricordarla ancora e sempre. È giustissimo.

Da un mese circa va a ruba, come si suol dire, un monologo teatrale scritto da Maurizio Garuti (Minerva editore) dal titolo “Lontano da Padre Marella”. Non si può riassumere. Va letto d’un fiato. Il protagonista del sofferto monologo è un uomo che si racconta in prima persona. Fu un allievo al liceo Galvani. È un professore “strano”, veste una marsina monacale: è un «maestro di vita», nota l’allievo.

Il primo incontro avviene a scuola nel 1927. Dopo anni un nuovo incontro, nel 1958. L’ex studente rivede l’ex professore all’uscita del cinema, in una notte di neve, questuante per le sue opere sociali rivolte in specie ai bimbi poveri. Lascio al lettore di continuare a narrarsi le scansioni di una vita esemplare, forse irripetibile.

Al Natale dei bolognesi si offrono due occasioni per riflettere, da vicino, sulla realtà non di rado terribile delle vicende umane e su un Maestro che «da solo e incompreso» ne seppe cogliere la portata. Portando un po’ di luce con gesti che non richiesero mai il ‘contraccambio’.


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