Emblematico è lo stato di caos in cui vivono le Ausl della Regione (ricordiamo le battaglie politiche per mettere quel – come segno di unione tra Emilia e Romagna?) nella fase attuale di contrasto all’epidemia di Covid-19. Nell’epoca dell’economia esponenziale, in cui solo le soluzioni sistemiche e le visioni possono dare risposte significative, purtroppo registriamo che dettagli importanti non sono considerati adeguatamente dai decisori e ciò pregiudica le risposte di qualità verso i cittadini
di Maurizio Morini, innovation manager e Ambassador Mise per la trasformazione digitale
Le persone si muovono, per tanti motivi. E magari questo non significa solo da Bologna a Singapore o da Rimini a Buenos Aires, ma anche semplicemente da Rimini a Bologna o da Modena a Piacenza. Eppure questo movimento a volte è fonte di forti disagi e di situazioni inspiegabili nell’epoca della connessione mondiale globale, dove anche le informazioni preventive ci consentono di sapere in forte anticipo quanto può capitare nel giro delle settimane seguenti.
Emblematico di questa situazione è lo stato di caos in cui vivono le Ausl della Regione Emilia-Romagna (ricordiamoci questo trattino…) nella fase attuale di contrasto all’epidemia di Covid-19. Ma soprattutto è veramente incredibile che le Ausl tra di loro non siano connesse e lungo la via Emilia non si possa operare in maniera concertata.
Oggi è normale che una persona per lavoro o per altri motivi si sposti per alcuni giorni fuori dalla propria residenza ufficiale. Attenzione: se vi capita di contrarre il Covid-19 in un comune esterno alla vostra Ausl di pertinenza, il vostro medico di famiglia non può agire, in quanto nella vostra stessa Ausl non risultate nell’elenco delle persone positive e il medico non ha visibilità sulle altre Ausl!
La stessa Ausl di pertinenza, interrogata, ribadisce (anche per iscritto, senza problemi) che in tali casi il vostro medico non può agire. Peccato che sia il medico stesso il più rapido generatore di richiesta per il tampone di controllo o guarigione: quindi se vi trovate a evidenziare la positività fuori sede, pur nella stessa Regione, quindi con lo stesso sistema sanitario regionale, venite messi in una sorta di “Limbo” nell’attesa di essere contattati dall’Ausl della zona in cui vi trovate. Nell’epoca dei sistemi informativi superintegrati, questo non è francamente accettabile. Anche perché il cittadino non riesce ad avere le risposte ai suoi quesiti in tempi giusti, ovvero brevi.
E qui scatta la seconda questione, anche questa organizzativa pura (ma nel contempo strategica). Si sapeva da tempo che nel periodo tra Natale e l’Epifania avremmo assistito a un picco di contagi, quindi che le richieste sarebbero state più del solito. In un contesto normale, anche di puro buon senso, i servizi destinati ai cittadini sarebbero stati rafforzati.
Invece cos’hanno pensato di fare le Ausl? Di ridurre di netto del 50% i servizi in questo periodo, con i call center funzionanti solo la mattina, con numeri di telefono che cambiano improvvisamente da un giorno all’altro (fino al 28/12 a Bologna bisognava chiamare lo 0516224165, dal 29/12 quel numero non vale più, ma anche il nuovo numero è inutile, tanto gli operatori sono tutti occupati con oltre 15 minuti di attesa e si viene invitati a richiamare richiamare richiamare richiamare…).
Insomma, parliamo tanto di sanità di eccellenza in Emilia-Romagna, ma torna sul tavolo quello che io (e non sono il solo) sostengo da tempo: ottima pratica della medicina, a livello super, ma gestione organizzativa e di servizio non accettabile. E quando mi è capitato di farlo presente, anche con ricerche alla mano (ricordo un sondaggio su 700 persone di pochi anni fa ove si evidenziava nettamente questo vulnus), sono stato liquidato (dal manager della Ausl di allora) con la solita osservazione: investire sul servizio non è la priorità se l’assistenza tecnica è di qualità.
L’approccio della tirannia dell’esperto, purtroppo, non paga più. Il servizio ai cittadini è basilare tanto quanto la qualità tecnica della prestazione. Invitiamo il Presidente della Regione e gli assessori preposti a prenderne atto: le soluzioni ci sono e si possono mettere in pratica, basta volerlo.
Questo, tra l’altro, eviterebbe di dover ancora considerare quel trattino tra Emilia e Romagna come un distinguo piuttosto che un’unione. Il che, nel 2022 incombente, è francamente desolante.
Che dire?
Incrociamo le dita e speriamo solo di non incappare nelle pieghe del servizio ordinario… forse che dovremmo augurarci di presentare un quadro clinico decisamente allarmante?