Tante manifestazioni violente accadono anche da noi: l’aggressione in un bar di Pianoro a un uomo per un fregio, la cacciata delle organizzazioni statali russe della Fiera del libro per ragazzi, il respingimento di un fotoreporter moscovita al Festival della fotografia europea di Reggio Emilia. Emergono fenomeni di psicosi sociale. La vera cultura è universale, mette insieme le persone e le nazioni, non può mai essere ridotta ad arma contro il nemico, che resta pur sempre un fratello anche quando sbaglia
di Giovanni De Plato, psichiatra e scrittore
In un bar della provincia di Bologna, più precisamente di Pianoro, un signore con un berretto ornato da un fregio russo è stato assalito da un altro avventore che ha cercato di colpirlo con una scure, solo il pronto intervento delle forze dell’ordine ha evitato il peggio. La Fiera del libro per ragazzi 2022 di Bologna ha sospeso ogni collaborazione con le organizzazioni statali russe. Il fotografo moscovita Alexander Gronsky non è stato ammesso al Festival della Fotografia europea di Reggio Emilia.
Si tratta di episodi isolati o sono la spia di un fenomeno di russofobia? Va detto che a questi gesti di avversione ai ‘russi’ fa riscontro una generosa solidarietà dei bolognesi verso i profughi ucraini. Stanno arrivando nella Città metropolitana le prime persone e famiglie fuggite dalla guerra del loro paese, accolte con fraterna ospitalità. L’intolleranza verso i despoti e la solidarietà verso le vittime sembrano mescolarsi in un indistinto amalgama di sentimenti, che esprime un insopprimibile bisogno di ritornare ad atteggiarsi per contrapposizioni, il bene contro il male. Forse la pandemia da Covid-19, il terrore del contagio e l’esorcizzare la malattia hanno favorito atteggiamenti di psicosi sociale.
Siamo ancora in emergenza pandemica e siamo costretti a fare i conti con un imprevisto clima di guerra, che non si limita all’invasione russa dell’Ucraina, ma si espande peggio del virus a livello mondiale, generalizzando risposte fobiche. Ogni Continente, Paese, regione, città, territorio del globo è investito dalla tragica guerra che si sta consumando in una parte dell’Oriente, dove un capo autocrate, circondato da un’oligarchia di fedeli generali, ministeriali e miliardari, ha deciso di espandere il nazionalismo russo, annettendo con le armi una Repubblica guidata da un governo democraticamente eletto.
L’Ucraina è sotto assedio, bombardata di giorno e di notte, senza tregua e con una difficile se non impossibile resistenza da parte dei suoi cittadini. Una parte non piccola di ucraini è in fuga, in migliaia lasciano il paese e tentano di arrivare in Europa. Il pericolo di cadere sotto i colpi dei carri armati e dei missili russi è più che una tragica realtà. I morti dall’uno (gli invasori) e dall’altro fronte (gli aggrediti) sono già troppi e non si vede come la via diplomatica e negoziale possa mettere fine a questa barbarie, a una guerra fratricida. Le etnie russa e ucraina sono presenti come minoranze storiche sia in Russia sia in Ucraina.
La guerra e l’invasione sono da condannare da qualsiasi parte o colore politico provengano e da qualsiasi paese per qualsiasi ragione siano scatenate. Le armi vanno deposte e le guerre vanno bandite sempre, non esiste alcuna ragione di civiltà che possa giustificarle. Questa visione che si richiama ai valori della dignità, della libertà e della democrazia di un paese civile vieta di lasciarsi andare in distinguo, tipici dell’ipocrita che si trincera dietro a questi riconoscimenti per poi avanzare una serie di riserve che diluiscono in sostanza la ferma condanna.
Richiamarsi alla pace o sostenere che l’invio delle armi alla resistenza ucraina non è una priorità, come fanno ancora alcuni salviniani o pentastellati, vuol dire non allinearsi alla netta condanna espressa dal governo italiano e dalla commissione europea. Vuol dire non sapere ascoltare il grido di Papa Francesco ‘Mai più guerre, mai più sofferenze da guerre’. Per dare corpo alle parole del Papa occorre andare oltre l’urgenza di fermare la guerra, di attivare le diplomazie e di negoziare un patto di pacifica convivenza. L’oltre è dato dal ruolo e dalla funzione della cultura, che è dialogo fra i continenti, incontro fra i popoli, solidarietà fra le persone.
Il ruolo della vera cultura, non di quella alterata dall’ideologismo, è di abbattere i muri, di demolire le barriere in nome del dialogo, dell’incontro e di fare comunità. A questo fine è davvero incomprensibile che un’università, come quella Bicocca di Milano, abbia sospeso e poi riattivato il corso su Dostoevskij. Com’è incomprensibile che il teatro Scala di Milano abbia esautorato il maestro russo Valery Gergiev per non aver condannato l’invasione russa, costringendo la soprano russa Anna Netrebko a ritirarsi dall’esibizione per solidarietà con il maestro. Sempre a Milano alla mostra Triennale, in programma per maggio-ottobre, non è stata invitata la Russia. La vera cultura è universale, mette insieme le persone e le nazioni, non può mai essere ridotta ad arma contro il nemico, che resta pur sempre un fratello anche quando sbaglia.
Sono d’accordo
Caro Gianni,
quello che tu dici è verissimo e come te sono convinto che l’invio di armi alla resistenza ucraina non aiuta certamente a favorire la pace, al contrario è una sorta di guerra per procura con cui l’Occidente cerca di far male all’orso russo senza pagare in termini di sofferenze umane. Però dobbiamo tenere in considerazione un fatto: ci troviamo di fronte ad una operazione bellica sostenuta da una forte ideologia, quella della “grande Russia”, che risale indietro nei secoli e che Putin sta cavalcando probabilmente per superare delle difficoltà sul fronte interno. Ecco che per neutralizzare questa posizione o si fa ricorso alla forza, ma in questo caso si va incontro alla terza guerra mondiale e nessuno la vuole fare, oppure bisogna fare in modo che il governo russo e tutta quella parte del popolo che lo sostiene, e non sono pochi, si senta completamente isolata dal resto del mondo. In altri termini sono abbastanza convinto che le dure sanzioni economiche da una parte e il totale boicottaggio di qualsiasi manifestazione che si richiami al governo russo, purtroppo anche quelle culturali, possa alla lunga portare alla destituzione di Putin. L’unica soluzione per questa tragica situazione. Purtroppo ne pagheranno le conseguenze anche tutti quei russi che oggi dissentono da questa politica imperialista, ma è un “effetto collaterale” inevitabile e, forse, in grado di accelerare la caduta dell’autocrate e di tutta la cerchia di oligarchi.
Credo che Gianni abbia ragione a condannare episodi ad personam come quello di allontanare un direttore d’orchestra dalla Scala perchè non ha condannato Putin e la sua azione demenziale e inutile ( lo dice oggi sul corriere anche Al Hawei) però il paragone fra Hitler e Putin sembra legittimo e anche i russi debbono percepirlo dalla reazione scomposta della gente in ogni dove per capire che occorre liberarsi rapidamente da chi uccide inermi senza scrupoli per fini incomprensibili.
Volevo comunicarti che si sono incazzati anche i Palestinesi che avendo subito e continuando a subire quello che tutti sanno ma che nessuno vuol dire si sentono offesi dalla differenza di reazione fra quella seguita alla invasione della Ucraina e la assenza praticamente di reazione a quanto subiscono loro da 40 e passa anni.