Villa San Giacomo: lo “student-art” voluto da Lercaro

Uno ‘spirito’ si aggira per la Ponticella di San Lazzaro di Savena, è l’anima del cardinale Giacomo Lercaro. Un’eredità quella del porporato non solo immateriale, ma anche tangibile e degna, appunto, di un principe della Chiesa. Un lascito spirituale e materiale alla sua amata Bologna

di Massimiliano Cordeddu, giornalista


Villa San Giacomo custodisce opere d’arte anche in luoghi e negli angoli più improbabili; come i quadri esposti nella lavanderia/stireria ubicata nel seminterrato, sulle pareti delle scale, nei corridoi delle camere da letto e persino nel cucinino, dove i 60 ospiti del collegio universitario si preparano il caffè o riempiono le borracce d’acqua. Per questo motivo non è possibile definirlo con il classico nome di studentato, ma rifacendoci agli art-hotel, abbiamo deciso di ribattezzarlo student-art. 

In questo momento vi starete domandando quanto si paghi per risiedere in questo collegio a 5 stelle. Sarà un luogo dove alloggiano i figli dei ricchi, oppure i delfini della vecchia aristocrazia? No, il cardinale Lercaro aveva immaginato una struttura confortevole e moderna in grado di ospitare dei giovani le cui famiglie non potevano permettersi di pagare gli studi ai figli talentuosi e meritevoli. Sul sito della Chiesa di Bologna troviamo una pagina dedicata a Villa San Giacomo: “Camere singole con bagno, colazione, pranzo (anche asporto) e cena per ragazzi/e iscritti a UniBo: chi condivide la proposta educativa di questo Collegio può essere selezionato per una borsa di studio che consente di risiedere qui con un contributo mensile di € 450”. 

“È una cifra convenientissima – ci svela un entusiasta Giuseppe Spathis, ragazzo siciliano di 19 anni che vanta addirittura una parentela con il famoso poeta Ugo Foscolo – qui abbiamo tutto. Nella retta di 450 euro sono comprese anche le bollette di condominio, acqua, gas ed energia elettrica. Tutte utenze il cui costo è raddoppiato non solo a Bologna, ma in tutta l’Italia. Le cuoche, poi, ci servono delle pietanze prelibate come quelle genuine cucinate dalla nonna. E – conclude il giovane studente – se qualcuno di noi compie gli anni, ci preparano anche la torta…”. 

L’energia positiva che si respira in questo luogo è certamente merito di Don Marco Settembrini. Il giovane sacerdote bolognese è originario di Santa Viola. Il ‘Don’ come lo chiamano i suoi ragazzi, oltre a dirigere il collegio, insegna Ebraico e Antico Testamento presso la facoltà Teologica dell’Emilia-Romagna.  Il padrone di casa ci accoglie con un sorriso ed è felice di mostrare le meraviglie e la storia di questo incantevole luogo. Don Marco ricopre l’incarico dal 2016, scelto dall’attuale cardinale arcivescovo di Bologna, Matteo Zuppi, per dirigere la residenza dove Giacomo Lercaro visse assieme ai suoi ragazzi negli ultimi anni di vita. 

Il direttore del collegio universitario ci accompagna in quelli che furono gli appartamenti del ‘Padre della casa’, come lo chiamavano e  lo chiamano ancora oggi gli ex ospiti. Il cardinale Lercaro morì il 18 ottobre 1976 all’età di 84 anni, nel suo letto a Villa San Giacomo.

Le sue spoglie, come del resto quelle dei suoi predecessori, vennero tumulate nella cattedrale metropolitana di San Pietro. Sulla lapide è stata posta una scultura in bronzo dell’artista Enzo Pasqualini, (ma certamente disegnata dallo stesso porporato, perchè ricorda lo stile del tabernacolo della chiesa all’interno della villa, ndr) opera nella quale sono rappresentati i tre momenti fondamentali della vita e dell’alto magistero profuso del prelato. In primis la riforma della liturgia eucaristica e l’importante ruolo svolto da Lercaro durante il Concilio Vaticano II (1962-65).

La riforma liturgica ha portato alla celebrazione non più spalle al popolo della Messa. All’abbandono dei messali in latino e all’introduzione dei nuovi testi tradotti nella lingua di appartenenza dei fedeli in cui veniva e viene celebrato il rito. L’intento era quello di rendere comprensibile le parole utilizzate dai preti durante le cerimonie. Evitando così che i fedeli pregassero per conto loro, sgranando rosari e non prestando la dovuta attenzione alla ben più importante ripetizione millenaria dell’Ultima Cena di Cristo con i 12 apostoli. Queste innovazioni liturgiche furono rese possibili dall’impegno di Lercaro in seno alla commissione istituita ad hoc dal Concilio voluto da Papa Giovanni XXIII.

L’ultimo, ma non meno importante segno tangibile lasciatoci dal cardinale, è stata l’edificazione di nuove chiese nelle periferie bolognesi. Organizzò a tal scopo svariati convegni con architetti ed ingegneri, volti ad elaborare progetti di moderni luoghi di culto da costruire nei  quartieri periferici della città.

L’epitaffio del sant’uomo, inciso nel freddo marmo all’interno della cattedrale di San Pietro, recita: “Qui riposa in Cristo il cardinale Giacomo Lercaro. Già arcivescovo di Ravenna dal 1947 al 1952 e di Bologna dal 1952 al 1968. Moderatore del Concilio Vaticano II, guida sapiente del rinnovamento liturgico, promotore dell’ascesa dei piccoli e dei poveri (1891-1976)”. 

Insomma, la storia del cardinale amico e ispiratore di Dossetti andrebbe riportata alla luce e tirata fuori dal dimenticatoio in cui è stata relegata da troppo tempo.

L’articolo è stato realizzato per la rivista di CUBo – Circolo Università di Bologna, diretta da Massimiliano Cordeddu


Un pensiero riguardo “Villa San Giacomo: lo “student-art” voluto da Lercaro

  1. Un bell’articolo, con una proposta finale a mio avviso non eludibile. Ebbi l’ardire di confessare al carissimo Gigi Pedrazzi davanti ad una fetta di cocomera che secondo me a conti fatti, per l’ampio lascito fisico, culturale, intellettuale e pastorale, Lercaro era stato il più grande Sindaco di Bologna. Circa un anno dopo Gigi mi disse, piuttosto meravigliato, che Guido Fanti gli aveva detto la stessa cosa. Questo piccolo uomo, che ha imbrigliato, scelto da episcopati lontani, le forze più vive del Concilio universale fino a diventarne uno degli specchi più nitidi e che ha portato a vagare per Bologna i grandi Maestri dell’Architettura, dovrebbe essere ricordato e celebrato, per indicare al presente che cosa possa essere la politica del futuro. Vi è un bel libro, fra i non moltissimi, di Anna Maria Cremonini, che ne ripercorre i diversi aspetti. A mio avviso vale come breviario di scienze politiche.

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