Nel momento di massima crisi, a Bologna, per ora, è previsto l’arrivo di circa 300 sfollati che fuggono dal Paese bombardato da Putin. La metà sono bambini e la cosa più importante, il modo più utile per abbracciarli, sarà cercare di farli tornare a una vita il più possibile “normale”, che vuol dire poter andare a scuola e integrarsi. Ci sarà dunque una doppia emergenza, logistica e linguistica, spiega l’assessore Daniele Ara
di Medea Calzana, giornalista
Immaginiamoci di essere in fuga dal nostro Paese, con poche cose in braccio, forse un peluche. Abbiamo dieci anni, siamo spaventati. Nostra madre ci tiene la mano e ci rassicura che, presto, arriveremo in Italia e riabbracceremo la nonna. Di cosa avremo bisogno? Oltre a un posto dove stare, anche di ricostruire piano piano la nostra realtà, di ricominciare insieme, di sentire quanto più calore possibile.
Nel momento di massima crisi dell’Ucraina, a Bologna, per ora, è previsto l’arrivo di circa 300 sfollati che fuggono dal Paese bombardato da Putin. Tra questi, ovviamente, anche bambini e la cosa più importante sarà cercare di farli tornare a una vita il più possibile “normale”, se è lecito usare questo termine in un’emergenza di questa portata.
Per i bambini “normalità” significa anche tornare a scuola e integrarsi nella nostra comunità. «Sicuramente, in accordo con la Prefettura e l’assessore al Welfare Luca Rizzo Nervo, faremo la nostra parte. Ci sono già due istituti che hanno chiamato per dare la loro disponibilità per realizzare dei progetti integrati tra scuola e territorio», così l’assessore alla Scuola Daniele Ara. «Ancora non abbiamo dati certi sul numero di minori in arrivo che dovranno essere accolti dalle nostre scuole, ma per ora non prevediamo numeri impossibili da gestire per un territorio come Bologna».
Il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi, a margine di un incontro sul Pnrr, ha detto: «Siamo pronti ad accogliere i bambini ucraini e a tutelare il loro diritto alla scuola. Scuola da intendere come luogo di comunità. Questa è una grande sfida per noi perché le nostre scuole dovranno adeguarsi, ma io vedo che c’è tantissima disponibilità. Questo implica anche fare un investimento, che stiamo programmando, per mettere a servizio i mediatori linguistici. Non dimentichiamo, inoltre, che dei 270mila ucraini che vivono nel nostro Paese la stragrande maggioranza sono donne che desiderano rivedere i loro figli o nipoti».
Nel caso della scuola dell’obbligo si dovrà capire quali sono gli istituti che hanno posto e si attiveranno gli stessi servizi che sono già in atto per accogliere i cosiddetti “Nai”, cioè i nuovi arrivati in Italia. Nella legge n.40 del 6 marzo 1998, infatti, viene tutelato il diritto all’istruzione dei minori stranieri presenti sul territorio nazionale, «indipendentemente dalla regolarità della posizione in ordine al loro soggiorno. Tali minori sono soggetti dell’obbligo scolastico. Per essi si segue la normale procedura per l’iscrizione, che può avvenire in qualunque momento dell’anno scolastico».
«È chiaro che se è previsto l’arrivo di dieci bambini in un istituto elementare che ha già raggiunto la capienza massima – prosegue Ara – bisognerà spostarsi in un’altra scuola, magari più lontana, perché non si può sforare il numero massimo di bambini. Il provveditore scolastico con i dirigenti cercherà di mettere i bambini il più vicino possibile ai propri alloggi. Se vengono ospitati nei Cas (centri accoglienza straordinaria), le famiglie saranno abbastanza concentrate e bisogna capire se quella scuola avrà la capacità di accogliere tutti o se bisognerà organizzare anche il trasporto per portarli in un’altra zona. Vedremo, insomma caso per caso».
Dovremo come comunità, inoltre, essere in grado di metterci tutti a disposizione per un’accoglienza che deve fare fronte anche a un’emergenza, in un certo senso, linguistica. «Prevediamo 300 persone che arrivano dall’Ucraina tramite il corridoio umanitario, si può ipotizzare che i bambini siano la metà. Sarà importante – spiega l’assessore alla Scuola – anche supportare le famiglie e i minori anche fuori dal tempo scolastico. Molto probabilmente questi bambini non sapranno l’italiano e quindi dovremo lavorare anche da un punto di vista di mediazione linguistica».
Bologna dovrà essere in grado di abbracciare questi bambini con tutte le sue forze, con tutto il calore di cui questa vecchia “zdora” ha fino adesso dimostrato.
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