La fortuna di vivere a Bologna

La città ha retto bene la dura prova della pandemia ma ora l’aumento dei prezzi dovuti alla guerra fa scivolare verso la povertà una larga fascia di popolazione, le cui difficoltà sono visibili nelle file di chi ricorre per sopravvivere alle mense popolari e agli aiuti delle organizzazioni di solidarietà laiche e religiose. È proprio in questo così complesso contesto che si riscopre la felice opportunità di abitare in un luogo in cui bellezza e solidarietà si rivelano nei momenti più critici

di Giovanni De Plato, psichiatra e scrittore


Bologna è una città che suggerisce molti aggettivi. Buona parte degli stranieri che la visitano e l’attraversano parla di una splendida città medioevale e di una vivace società del ben vivere. Invece, buona parte dei residenti e dei bolognesi, pur riconoscendo la bellezza della propria città, non manca di lamentarsi per la mobilità, il rumore, l’inquinamento, le difficoltà ad accedere ai servizi pubblici e altro.

Si sa che la percezione del cittadino della realtà urbana è prevalentemente soggettiva, una soggettività che non è portata al confronto con i dati che qualificano il reale sviluppo. Uno di questi dati è quello sulla ricchezza, elaborato dal centro statistico del ministero dell’Economia. Se l’Italia rispetto all’Europa è il paese che meglio ha retto alla dura prova della pandemia, l’Emilia-Romagna è la regione che meglio ha saputo muoversi dopo il lockdown nel rilancio della produzione industriale e nell’incremento dell’occupazione.

Tradotto in reddito procapite, sempre secondo i dati ministeriali, Bologna con Parma occupa i primi posti della classifica con una differenza minima nel reddito 2020 (Parma 25.355 euro e Bologna 25.333) e con una perdita maggiore rispetto al 2019 (Bologna – 263 e Parma -199). Il segno meno del reddito procapite rispetto all’anno precedente non è stato preoccupante perché le previsioni erano di un sostanzioso recupero nell’anno in corso, dovuto anche all’arrivo dei 230 miliardi dei fondi europei, alla tenuta di competitività delle imprese nei mercati internazionali e alla ripresa del turismo interno ed estero. Dunque, una buona risposta all’onda lunga e alta della malattia infettiva da parte del Servizio sanitario regionale (Ssr) e una capacità di rilanciare l’industria con la ripresa dell’economia, tanto da confermare un reddito procapite migliore delle altre regioni e capoluoghi d’Italia. Anche l’ultima città della classifica emiliana-romagnola ha dato segni di rapida ripresa. A Rimini, dopo un calo negli anni Covid superiore alla media nazionale, il reddito procapite è ritornato a recuperare grazie soprattutto al turismo, con previsioni che lasciano ben sperare.

Ma a complicare dannatamente il tutto non sono le nuove variazioni del Covid-19 e i rischi di nuovi lockdown, quanto il diffondersi degli effetti nefasti della guerra scatenata dall’autocrate Putin contro l’Ucraina. Le conseguenze in atto sono l’aumento senza controllo nel mondo dei prezzi dell’energia e delle materie prime con la ricaduta sul cittadino dovuta alla lievitazione a dismisura del caro vita. Anche nel nostro paese, nella regione e in città l’aumento dei costi dell’energia si è tradotto per le tasche del contribuente in aumento delle bollette del gas, luce, benzina. Aumenti che le fasce di popolazione con reddito basso subiscono scivolando verso la povertà, che rende problematica la stessa sopravvivenza per non pochi.

L’ufficio statistico del comune di Bologna ha calcolato che il costo dell’energia avrà una variazione in più di circa il 53% che si somma al caro affitto, alla difficoltà a trovare casa e un lavoro stabile. Sono cifre che la borghesia abbiente rigetta con un atteggiamento di rivendicazione a difesa del proprio benessere e d’indisponibilità a farsi carico di contenere i consumi energetici e di sostenere le politiche alternative. Sono tipiche la lamentela e la critica al governo Draghi che nell’affermare il sostegno alla resistenza ucraina chiarisce che la guerra in atto determina l’aumento del costo delle materie prime che impone a ogni cittadino una riduzione del consumo di energia. Ma i benestanti sono sordi a tali richiami di corresponsabilità, sanno solo rivendicare. Sanno solo accentuare la critica contro chi a livello regionale e comunale condivide responsabilmente la politica governativa.

A Bologna quel 6,8% di tasso tendenziale annuo dei prezzi al consumo (dato nazionale 6,5%, Istat), se non tocca più di tanto lo stile di vita della borghesia benestante, sicuramente mette in forte e grave disagio i meno abbienti, i poveri, gli ultimi nella scala sociale. Le difficoltà di questa larga fetta di popolazione sono visibili nelle file di chi ricorre per sopravvivere alle mense popolari e agli aiuti delle organizzazioni di solidarietà laiche e religiose.

È proprio in questo così complesso contesto mondiale e locale che si riscopre la fortuna di vivere a Bologna. Città in cui bellezza e solidarietà si rivelano nei momenti più critici e rendono il buon governo locale una preziosa risorsa, che è capace di far convergere in uno sforzo comune i cittadini, le imprese profit e non profit, istituzioni pubbliche e private, associazioni, organizzazioni sociali e quanti sono pronti a sostenere una politica alternativa correggendo stili di vita e sostenendo il passaggio alla green economy.

Photo credits: Ryan Ladd


Un pensiero riguardo “La fortuna di vivere a Bologna

  1. Articolo “tirato via”, troppo superficiale. I 230 miliardi del PNNR non sono erogati tutti in una volta. L’aumento dei prezzi dell’energia e delle bollette non è “incontrollato”, ma l’UE sta cercando di attuare le migliori soluzioni possibili. I problemi più seri di Bologna non sono affrontati in questo “articolo”, in particolare il flagello AirBnB che ha provocato un aumento sconsiderato degli affitti per gli studenti ma anche del prezzo di acquisto al metro quadro.

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