Uscire dalla logica emergenziale, cambiare le normative nazionali che limitano gli spostamenti e la gestione, sperimentare nuove formule: questi gli ingredienti per costruire una nuova ricetta, e Bologna non vuole certo tirarsi indietro. Quello che sta accadendo con gli ucraini deve essere l’avvio di un nuovo modello per tutti i fenomeni migratori, e non un motivo di scontro
di Alessandro Albergamo, membro della segreteria provinciale Pd con delega al contrasto alle diseguaglianze, povertà, casa e politiche migratorie
In queste settimane di guerra non sono mancate le divisioni all’interno del campo progressista e dei partiti e movimenti che lo compongono. Ultima a finire nell’occhio del ciclone è stata l’Anpi.
Il sindaco e la segretaria provinciale hanno già avuto modo di chiarire la posizione del Partito su questo. Siamo una comunità, e come in tutte le comunità il pluralismo è una risorsa, non una minaccia. La Destra vuole l’omologazione, noi troviamo nelle differenze affrontate in maniera costruttiva la nostra linea politica. Ciò che non deve mancare mai sono il rispetto delle diversità e la volontà di confrontarsi anche nelle complessità. Per questo motivo troviamo vergognosi gli attacchi all’Anpi, soprattutto se strumentali a gettare ombre sui valori della Pace e della Resistenza che l’Anpi rappresenta, valori in cui il Pd si riconosce appieno.
La guerra in Europa è un fatto nuovo che porta sfide e problemi nuovi: fare parallelismi col passato è un esercizio poco utile, occorre lavorare sul presente per programmare un nuovo futuro. In questo c’è bisogno di tutti, anche di pensieri tra loro diversi, per poter costruire un senso comune.
Il sindaco di Bologna e il Pd provinciale si sono mossi fin da subito per rispondere all’emergenza ucraina. La risposta è stata in linea con quanto la Giunta precedente e quella attuale hanno sempre fatto in tema di accoglienza e integrazione dei migranti.
Bologna rappresenta un modello a livello nazionale per la gestione dei progetti di accoglienza, in passato era lo Sprar, ora si chiama Sai. Al rischio di risultare autocelebrativi non possiamo non ricordare come l’assessore Rizzo Nervo, che già durante la seconda Giunta Merola aveva ricoperto questo ruolo, si è sempre impegnato per efficientare il sistema dell’accoglienza Sai e ridurre al minimo l’impatto del c.d. decreto Salvini, investendo sull’accoglienza diffusa e sul coinvolgimento del territorio e del Terzo Settore.
Inoltre la Giunta ha da subito creato il primo hub a livello nazionale: nella tensostruttura in piazza XX settembre, infatti, tutti gli attori istituzionali (Comune, Asp, Ausl, Prefettura) hanno organizzato una macchina operativa che a livello sociale, sanitario e legale accoglie le richieste delle cittadine e dei cittadini ucraini che arrivano a Bologna e necessitano di servizi di orientamento, salute, documenti, presa in carico sociale, ingresso nel sistema dell’accoglienza.
Non ultimo, poi, la Giunta ha cercato la collaborazione della Diocesi per organizzare un sistema di raccolta beni da portare alle persone che si trovano in Ucraina e non possono accedere a servizi alimentari, sanitari o di prima necessità.
È difficile in questo quadro, quindi, inserirsi con attività specifiche del partito, perché il sindaco e tutta la Giunta hanno messo in campo servizi rodati nel tempo e ne hanno aumentato l’impatto; da parte nostra quello che abbiamo potuto fare è stato di supportare questa azione organizzando raccolte fondi o di beni materiali, ma anche momenti di confronto e dibattito per consapevolizzare la cittadinanza sui temi di politica estera e di accoglienza che la crisi ucraina ci sta portando con forza.
Oltre l’attualità, tuttavia, sappiamo che le migrazioni non sono un fenomeno emergenziale, che si colloca solo in precisi momenti della Storia e della nostra società. Sono un fattore umano che esiste da sempre, non possono essere fermate in alcun modo, possono e devono essere gestite e accompagnate per rispettare contemporaneamente i diritti umani dei migranti e le necessità di coesione sociale che emergono dai territori.
Pensare di affrontare le migrazioni forzate sempre su un piano emergenziale, e di usare strumenti normativi diversi a seconda della provenienza dei flussi migratori, è un pensiero perdente che non guarda con prospettiva al futuro e all’intero sistema. Questo modo di agire, frutto di politiche nazionali ed europee anche ventennali, ci dimostra oggi come sia necessario cambiare le cose ed è qui che il Pd locale ha deciso di spendersi tramite i propri rappresentanti locali e parlamentari. Il doppio livello dell’accoglienza (Prefetture ed enti locali) e la “Bossi-Fini” sono ostacoli che vanno superati per poter creare un sistema dell’accoglienza che sia sostenibile a livello umano e operativo, investendo anche in nuove forme dell’accoglienza come quella famigliare.
Siamo consapevoli che questi cambiamenti non dipendano da noi, ma i nostri interlocutori della società civile – la cittadinanza e gli enti del Terzo Settore che collaborano con il Comune e con noi – è questo che ci chiedono. Uscire dalla logica emergenziale, cambiare le normative nazionali che limitano gli spostamenti e il sistema dell’accoglienza, sperimentare nuove formule: questi gli ingredienti per costruire una nuova ricetta del sistema dell’accoglienza in Italia, e Bologna su questo non vuole tirarsi indietro proprio per via della sua esperienza e della sua capacità programmatica di welfare inclusivo e generativo. Quello che sta accadendo con gli ucraini, cioè un nuovo modo di accogliere e accompagnare l’integrazione, deve essere l’avvio di un nuovo modello per tutti i fenomeni migratori, e non un motivo di scontro.
Il Pd, come tutta la cittadinanza, attraverso i suoi membri e i suoi circoli è a disposizione della Giunta e dei servizi del Comune. Occorre ancora approfondire bene quali siano i bisogni scoperti e i settori di intervento. Non possiamo far finta che a Bologna i servizi non ci siano o non funzionino: dalla tensostruttura di piazza XX settembre fino all’accoglienza nelle scuole e nelle case, si è messa in moto una macchina importante che poggia su progetti e servizi che hanno un’efficacia e un’efficienza dimostrate negli anni.
Certo chi ne beneficia è una fascia di popolazione diversa da quella che siamo sempre stati soliti veder accogliere, proprio per questo occorre calibrare bene i nostri interventi e metterci a disposizione in una logica di supporto e sussidiarietà, per non intraprendere azioni che si sovrappongono o peggio creano confusione tra chi arriva in Italia scappando da guerre e bombardamenti, e ora ha prima di tutto il bisogno di sentirsi accolto e protetto, prima che ricevere servizi su servizi.
L’importante è fare le cose mettendo al centro i bisogni e i percorsi migratori delle persone: capirli e ascoltarli, prima di agire.
Photo credits: Agenzia DiRE
Leggendo l’ottimo articolo non ho capito una cosa che poi, a mio giudizio, e’ fondamentale.
Accogliere o meno i migranti economici oggi interdetti alla richiesta di asilo in tutti i paesi europei?