Fondatore della Casa dei Pensieri ma anche autore di personaggi e luoghi immaginari sul social. Cominciò dal dott. Giacinto Palomi. Alle Primarie molti si autocandidavano: «Ci metto la faccia». Anche Palomi lo dichiarò, si candidò in tutte le liste, scoprì che il suo nome non era sulle schede. «VERGOGNA», scrisse. Al suo posto seguì il Villone Ferrari, i cugini Lenticchia, il guardiacaccia Adolfo che abita fra i merli delle mura e li allontana a pallettoni. La foto della casa di Benedetto Croce compare spesso a Bologna come dimora natia di altri notabili. E certe Pro Loco, anche non francesi, si incazzano
di Fulvio De Nigris, giornalista
Questo articolo nasce da una lunga chiacchierata telefonica con Davide Ferrari, poeta, fondatore della famosa Casa dei Pensieri, una lunga militanza politica, dal PdUP al Pd, dove ha ricoperto incarichi che lo hanno reso protagonista della vita cittadina.
Una sorta di eremita culturale che dal grattacielo di Ferrara vive una vita ascetica ricca di idee, pensieri che diventano azioni, iniziative culturali manovrate da lontano. Stretto a destra da vicini pakistani, di cui usa il wifi, che lo connettono al mondo («una adozione reciproca, tutti assieme fanno un badante») e a sinistra da un vicino che quando, frequentemente, grida al mondo la sua rabbia gli permette di unirsi a lui con «urla liberatorie» che nessuno sente.
Parlo dell’amico Davide non per parlare della Casa dei Pensieri o del prestigioso Premio Volponi ma per approfondire la sua produzione di personaggi e fatti e luoghi immaginari, che volutamente si confondono con una ricchezza di notizie sulla vita privata e con le nozioni di carattere storico, geografico e geopolitico che animano le sue pagine Facebook, un “mondo parallelo” di successo e grande seguito.
Tutto cominciò dal “dott. Giacinto Palomi”, ai tempi della campagna elettorale, dopo l’era di Guazzaloca e Cofferati, quando, in vista delle Primarie, molti si autocandidavano e tutti dicevano: «Ci metto la faccia», «sono disponibile». Anche Palomi in quei giorni con grande coraggio lo dichiarò e subito i post ebbero un’esplosione di like. Nel programma elettorale sosteneva il commercio dei capperi di Lampedusa come priorità della popolazione bolognese e aveva dalla sua la strategia di presentarsi in tutte le liste. Sull’onda delle idee di quel tempo, aveva un ampio staff che poteva avvalersi dell’autorevole portavoce, la signora Sebastiana Rombolacci, di un fotografo personale che non riuscì mai a inquadrarlo, di addetti stampa cambiati con la rapidità di un giro di caleidoscopio, per stare al passo col rampantismo dei tanti candidati all’americana.
Purtroppo, al momento di ogni voto, primario o secondario, Palomi scoprì che il suo nome non compariva sulle schede. «VERGOGNA», scrisse a caratteri urlanti. Da quel momento cominciò la sua parabola discendente. Per disperazione si candidò a tutte le Primarie, da Poggibonsi a Macerata. Ma fu l’oblio, quasi totale, inframmezzato a intermittenza da sporadici post. Resistette la sua Fondazione Palomi, zeppa di progetti. Il primo: il taglio a metà delle banconote per indurre le famiglie al risparmio.
Il suo posto fu preso dalle notizie sul Villone Ferrari nel feudo di Tredozio (paese che esiste sul serio, sull’appennino forlivese), sui cugini Lenticchia, attaccaticci, sul guardiacaccia Adolfo, che abita fra i merli delle mura e ogni tanto li allontana a pallettoni. L’ albero genealogico di Ferrari vanta avi napoleonici. Tutti falsi? Qualcuno no, essendo suo padre, il noto fotografo Aldo Ferrari, di piccola nobiltà calabrese e avendo i nonni ascendenze importanti: quei Conti Sinibaldi che risalgono fino a Papa Pio VII Chiaramonti, e quei Dallolio, fra i quali la Beata Elena di San Giovanni in Monte.
«Mi sono sempre appassionato all’albero genealogico della nostra famiglia – dice Davide Ferrari – ma papà, appena cominciavo a raccontargli delle mie scoperte sui nostri avi, si andava a nascondere in bagno e mi diceva: ‘Quando arrivi ad Adamo avvertimi’». Un’ampia quadreria dei ritratti degli ascendenti più improbabili («senza l’intervento digitale del maestro De Nigris non si sarebbe potuta fare») completa i post araldici.
Un giorno apparve Treviri, il cane marxista ma truffatore. Si fingeva abbandonato per farsi adottare da ricche turiste anziane sulla Promenade des anglais, a Nizza.
Poi l’austera Casa Natale di Benedetto Croce a Pescasseroli (foto vera) è diventata casa natale di tantissime e svariate personalità, maiuscole o minuscole, da Manzoni ad Alfieri, fino ad Al Bano. Una sorta di porta spazio temporale permette alla casa di spostarsi per atterrare in ogni luogo ed essere praticamente dimora natale di tutti.
L’attività su Facebook, che ha avuto bisogno di un profilo a parte (‘Davide Ferrari novità’), è cresciuta anche con piccoli incidenti. Un post su Villa Mazzacurati, illustrato da una foto del Teatro Olimpico di Vicenza, produsse infuriate proteste venete e una lettera stizzita della Pro Loco. Una foto del terribile strapiombo del Caminito del Rey, in Andalusia, diventata “Bologna, ingresso Grotte del Farneto”, fece arrivare centinaia di like. «Mi si chiedeva – dice Davide Ferrari- dove si parcheggiava per andarci. Una deputata bolognese prese sul serio il post scrivendo ammirata di ‘ignorate bellezze del nostro territorio’. Feci fatica a uscire indenne dalla corrispondenza». Seguirono i post sulla Bologna delle acque, lo sportellino di via Piella, da cui si vedono addirittura le regate del Canal Grande di Venezia. E su Ferrara, con le cime delle “Alpi ferraresi”.
Così conclude Davide: «Spero di potermi riconoscere in una definizione che Angelo Guglielmi, a cui voglio molto bene, diede di me quando era assessore a Bologna. Mi disse: ‘Ma tu come fai a promuovere iniziative sulla poesia all’Archiginnasio e fare interventi tecnici sul bilancio in Comune? Forse sei un dilettante, un grande dilettante».
Fulvio sei grande
Grazie Aldo 😘