Una proposta “oscena”

Le elezioni politiche si avvicinano, e nel centro-sinistra già impazza il dibattito sulla strategia migliore da seguire. Ma la differenza, questa volta, potrebbero farla le persone. Nel 2018, gli eletti a Bologna furono quattro maschi. Sarebbe bello se, quando si andrà a votare, almeno il Pd si presentasse con altrettante candidature femminili

di Giovanni De Plato, psichiatra e scrittore


Dopo l’inattesa vittoria del centro-sinistra nelle recenti elezioni amministrative e la auspicata affermazione del Pd, è iniziata la gara personale, correntizia e partitica a primeggiare da parte dei leader locali e nazionali in vista delle prossime elezioni politiche, che le ultime vicende romane stanno prepotentemente avvicinando.

Nella vincente politica del campo largo della sinistra proposta dal segretario del Pd Enrico Letta, ognuno degli eletti del 2018 e in via di uscita è alla ricerca della propria riconferma come componente del prossimo parlamento italiano. Eccezion fatta per Gianluca Benamati, che ha raggiunto il limite dei tre mandati, gli altri tre onorevoli bolognesi eletti alla Camera dei deputati nella XVIII legislatura sono tutti al primo o al secondo mandato. Gli uni e gli altri sembrano, a sentire le voci interne alla Federazione del Pd bolognese, poco disponibili a lasciare il campo a nuove leve e si guardano bene dal dichiarare la propria disponibilità a un rinnovamento della rappresentanza, promuovendo le donne e i giovani.

Dall’esterno si nota un certo attivismo dei quattro onorevoli nella loro ricerca di visibilità, di promozione della propria immagine e di rafforzamento della propria appartenenza alle correnti e al leader nazionale. Ne è in parte testimonianza la discussione subito aperta dopo il voto amministrativo, volta a stabilire se il successo elettorale ottenuto dalla sinistra e la conquista di molti comuni, tradizionalmente governati dal centrodestra, siano dovuti alla linea politica del campo largo portata avanti da Letta o alla linea più coraggiosa di chi nella sinistra ha saputo indicare un programma ecosostenibile, imperniato sul lavoro e sui diritti civili, di svolta verso un’economia green e una società civile avanzata, solidale ed europeista.

Si sta creando, non si sa quanto strumentalmente, una competizione sulla validità o meno dell’una o dell’altra linea. Mai un tentativo politico serio di sintesi e di unità quando le analisi e le proposte sono diverse e apparentemente alternative. Si continua a contrapporsi in nome della conquista di una leadership. È così confezionato un nuovo tormentone estivo, sulla spiaggia o sui monti o a casa siamo chiamati a schierarci. C’è chi sostiene che occorre potenziare ed estendere il campo largo come via di uscita dalle crisi nella crisi, sulla base della condivisione di un programma di riforme strutturali nel contesto internazionale dell’Unione europea, in grado di fronteggiare la sfida geopolitica imposta dalla guerra della Russia all’Ucraina. E chi invece sostiene che occorre dotarsi di una politica non larga e riformista (ma progressista) che privilegi i temi sociali e del lavoro costruendo una nuova aggregazione politica di sinistra, alternativa al centro e alla destra.

Su questa reale o strumentale questione non mi sento di approfondire il discorso in quest’articolo, lo farò dopo la pausa estiva quando i duellanti avranno chiarito meglio le loro idee. Mi sento, invece, di fare oggi e in anticipo al Pd, quale primo partito del centro-sinistra, una proposta che so essere ‘oscena’ e che solo un ingenuo (per favore non scambiatemi per provocatore) può  formulare.

Se nella XVIII legislatura sono stati eletti al parlamento italiano quattro uomini, dirigenti, bianchi e di lunga militanza, io propongo che, per le pari opportunità, nella XIX legislatura del 2023 siano elette quattro donne, non importa se di partito o civiche, dirigenti o lavoratrici, giovani o anziane, eterosessuali o lgbt, credenti o laiche.

Sono convinto che una simile proposta sarà letta dagli onorevoli come impolitica e provocatoria. Io dico semplicemente che è una proposta “oscena” e ingenua, la quale però esprime una verità che gli uomini politici, sclerotizzati nella loro autoreferenzialità, non sembrano minimamente percepire.

Photo credits: Giuseppe Lami/Ansa.it


2 pensieri riguardo “Una proposta “oscena”

  1. Nessuno, mi creda, la ritiene ingenuo, quanto mai osceno, provocatore si.

    La mia opinione è che lei sia nato provocatore e scriva su questa rivista solo per provocare.

    Rivista libera se il gioco la diverte, le è consentito.
    Il PD ha messo in prima linea tutti i diritti civili e forse appoggerebbe una candidatura LGBT+ e non sarebbe la prima volta.

    La propria posizione parlamentare tutti mirano a tenerla, vada a vedere cosa hanno fatto e fanno gli altri partiti …e scriva se vuole

    Buone vacanze !!!!!!

  2. Caro Gianni,
    chiunque ti conosce può garantire che non sei né osceno né tantomeno ingenuo. Magari un po’ provocatore si. E io alla tua aggiungo un’altra provocazione. Al di là delle categorie pur importanti quali: genere, appartenenza correntizia, identità sessuale, ed altro, ne aggiungerei un’altra, forse più importante di tutte: l’insieme di tre caratteristiche che dovrebbero connotare un/una candidato/a a rappresentarci in Parlamento: Coerenza, Affidabilità e Professionalità. In altri termini, per decidere se uno può ricandidarsi per un nuovo mandato bisogna valutare con la lente d’ingrandimento tutto ciò che in questa legislatura ha prodotto, detto e fatto, quanti interventi ha fatto, in quali disegni di legge ha messo il suo nome, quanto ha contribuito alla stesura ecc. Un’analisi spietata puntuale e precisa che, resa pubblica, permetta all’elettore di giudicare in ri-candidato. Per i candidati ex novo, invece, i tre parametri di cui sopra vanno valutati in base ad un curriculum ben dettagliato e certificato. Tutto questo indipendentemente da genere, appartenenza correntizia, identità sessuale, ed altro.

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