L’ultima iniziativa del Comune può migliorare la situazione nel breve periodo, ma non dobbiamo fermarci qui. Se vogliamo raggiungere i risultati che l’amministrazione ha indicato, occorre ripensare profondamente la gestione rifiuti. A cominciare dalle nostre abitudini personali. Su questo abbiamo chiesto un parere al direttore dell’Agenzia Territoriale dell’Emilia-Romagna per i Servizi Idrici e Rifiuti
di Vito Belladonna, direttore Atersir
Molto importante e utile l’iniziativa del Comune di Bologna sul fronte del miglioramento della pulizia della città, del decoro, del recupero dei rifiuti abbandonati, con l’avvio dell’attività dello “spazzino di quartiere”.
Esprimo personale soddisfazione a riguardo per varie ragioni. Occupandomi da lunghissimo tempo del tema, avevo parlato con chiunque mi avesse chiesto un’opinione a riguardo – e quindi anche con l’allora candidato sindaco Lepore – della necessità di potenziare questa tipologia di attività. Inoltre i costi di questa prima fase dell’operazione (1,25 milioni di euro) non vanno a gravare sulla Tari di noi cittadini bolognesi, e questo grazie al fatto che Atersir ha fatto negli scorsi anni una gara europea per il servizio rifiuti (che fino al 2021 svolgeva Hera, in quanto erede di Amiu, Seabo) per quasi tutta la provincia di Bologna, aggiudicata con uno sconto del 2% circa, grazie al quale si sono recuperati i fondi per questa e altre migliorie del servizio; questo è un altro motivo di soddisfazione. Le gare d’ambito possono contribuire a contenere i costi rispetto a situazioni di monopolio, prorogate per decenni senza mai imporre un confronto con il mercato.
Ritengo però che dopo questa prima fase, assolutamente necessaria, si debba guardare oltre, introducendo quegli elementi di complessità che fanno sì che la pulizia della città costituisca un pre-requisito fondamentale ma non il fine di tutte le nostre azioni.
“La città deve essere pulita, rifiuti in giro non se ne devono vedere, e io, cittadino, devo avere tutto facile e comodo per disfarmi dei miei rifiuti che ritengo di poter continuare a produrre senza limiti (e dovrei anche spendere poco per il servizio)”: non può essere questo l’approccio delle politiche pubbliche sui rifiuti. La gestione sostenibile dei rifiuti è un pezzo non piccolo della transizione ecologica, dell’economia circolare, della lotta al cambiamento climatico, della neutralità carbonica e climatica di cui tanto diciamo. Essa contribuisce all’emissione di gas climalteranti per almeno il 5%, percentuale che non possiamo ritenere trascurabile. Che cosa dovremmo fare per ottenere, nella gestione dei rifiuti, i migliori obiettivi di carattere ambientale, lo sappiamo bene: produrre meno rifiuti, raccoglierli il più possibile separatamente per ricavarne – dalle frazioni secche – materiali da ridare all’industria (vetro, carta, alluminio, acciaio, plastica), per recuperare – dai residui di cibo e dall’umido in genere – biogas/energia e compost, lasciando al restante rifiuto indifferenziato lo smaltimento nel termovalorizzatore producendo calore e energia elettrica.
I materiali presenti nei rifiuti si separano bene solo alla fonte e quindi nel momento in cui noi cittadini li produciamo; esistono sistemi di separazione a valle ma sono scarsamente efficienti e consumano molta energia. Le migliori esperienze ci dicono che la gestione dei rifiuti funziona bene dal punto di vista ambientale se si fa la raccolta domiciliare (o porta a porta); è una constatazione empirica, non una legge fisica o matematica e quindi può essere messa in discussione. Ci sono ormai un certo numero di comuni in cui si sono raggiunti alti valori di differenziata con sistemi di raccolta stradali o misti che hanno il vantaggio di lasciare al cittadino una grande libertà di conferimento (giornata e orari liberi) e di non vedere i sacchetti di rifiuti (in alcuni casi chiamiamoli, magari, “materiali da riciclare”, funziona meglio) in strada.
Ma dobbiamo dirci chiaramente che non c’è quasi nessuna possibilità di ottenere buone percentuali di riciclaggio dei rifiuti lasciando raccolte stradali (quelle coi cassonetti aperti, per capirci) diffuse e comode per gli utenti. É proprio per questa ragione, ad esempio – e non per chissà quale volontà di renderci la vita difficile – che si è obbligati a mettere i nuovi cassonetti dei rifiuti indifferenziati con aperture di piccola dimensione e apertura con tessera. Per accompagnare il cittadino a differenziare sempre di più i propri rifiuti, in modo tale che rimanga davvero poco per il cassonetto dell’indifferenziato; per evitare di dover ricorrere anche a Bologna alla raccolta porta a porta integrale che nella nostra città sarebbe davvero complessa e ritengo poco gradita.
Con l’amministrazione cittadina si è voluto, ad esempio, evitare la raccolta porta a porta del rifiuto organico/umido, il più difficile da tenere in casa per più giorni; nella nostra città possiamo disfarcene nelle isole interrate o nei cassonetti quando ci pare. É una grande opportunità, ma usiamola bene; differenziamo bene i nostri rifiuti umidi di cibo, di cucina perché diventino biometano e compost negli impianti che in questa nostra regione abbiamo saputo programmare e realizzare.
Bologna deve fare uno scatto per essere più pulita ma anche per aumentare la propria capacità di differenziare i rifiuti; è per questo che il lavoro è più complesso rispetto a quello di potenziare (non può essere all’infinito, si spera) il servizio di pulizia e raccolta dei rifiuti abbandonati, per rimediare a comportamenti non corretti o incivili.
Non si tratta di girare un interruttore per poter avere la città pulita dai rifiuti in tempi brevi, senza incrementi di costi e senza nessun impegno per noi cittadini, e nel contempo anche essere sostenibili e climaticamente neutrali. I cassonetti devono essere adeguatamente diffusi e naturalmente devono funzionare, le tessere per l’apertura devono essere consegnate a tutti, ma noi dobbiamo fare la nostra parte e i servizi aggiuntivi oggi messi in campo non devono rappresentare il permesso ad abbandonare come e quando ci fa comodo perché poi qualcuno rimedia.
Photo credits: Comune di Bologna
Molto interessante l’articolo perché il problema dei rifiuti è vitale sotto molti aspetti : l’urbanità di Bologna, da sempre riconosciuta dai visitatori, la bellezza, l’ igiene, il civismo degli abitanti…valori di ogni epoca, ai quali oggi bisogna aggiungere la capacità gestionale e la previdenza dei danni che il benessere produce.
Ma c’è anche da considerare, come un capitolo a parte- rispetto ai rifiuti più o meno generici- il problema invadente della plastica. Va bene che a Bologna, come altrove, venga raccolta e
trattata seguendo un iter speciale, ma a mio avviso si fa poco, e sempre, meno per contrastarne la produzione e l’uso. Vedo che nella filiera alimentare si sta imponendo il tipo di sacchetti e pellicole biodegradabili, ma i tutti gli altri settori commerciali la plastica impazza.
Quindi : benissimo il miglioramento di raccolta e smaltimento, ma si faccia qualcosa anche alla fonte, al fine di ridurre l’abuso.