«La caduta del Duce non fu atto di antifascismo»

«È vero che, sentito alla radio che il Re aveva destituito Mussolini, nella cascina dei Cervi si festeggiò con una pastasciutta antifascista. Ma chi la organizzò nulla poteva sapere di come si fosse giunti alla decisione del Monarca. Che alla fine beffò i gerarchi e i generali ma, affidandosi a Badoglio, fece una scelta disastrosa. La destituzione con l’antifascismo non c’entra nulla. Quei fratelli furono massacrati proprio per mano fascista: quel pranzo ha ancora un’eco soprattutto tragica»

di Angelo Rambaldi, Bologna al centro – “L’Officina delle Idee”


Care amiche/i del Cantiere, giornale online veramente “liberale” (non “liberal” che è un’altra cosa), mi permetto di inviarvi un mio contributo “anarchico” alla consuetudine di volere festeggiare la ricorrenza del 25 luglio 1943, la caduta di Mussolini, con una “pastasciutta antifascista”.

È vero che, ascoltato alla radio il famoso comunicato dove si annunciava la destituzione del Duce da parte del Re Vittorio Emanuele III, nella cascina dei Cervi decisero di organizzare una pastasciutta “antifascista” per festeggiare la defenestrazione di Mussolini. Ma i Cervi nulla potevano sapere di come si fosse giunti a quella decisione da parte del Re.

In estrema sintesi. Il 25 Luglio 1943 fu la parte finale di una delle due congiure di Palazzo che erano da tempo in corso per destituire Mussolini e questo era noto al Monarca, perché entrambi i congiurati lo avevano messo al corrente. Il Re dunque sapeva di entrambe le congiure in atto contro il capo del Fascismo, ma nessuna delle due sapeva dell’altra.

Contrariamente a quanto sostiene una parte della storiografia filo-monarchica, il Re non mise in azione alcuna congiura: aspettò gli esiti di quelle in atto. L’unica che si mosse in senso antifascista fu segretamente Maria Iosè, moglie dell’erede al trono Umberto II di Savoia. Arrivarono per primi o gerarchi fascisti capeggiati dal bolognese Dino Grandi che, con l’ordine del giorno che prese il nome del ministro, misero in minoranza Mussolini. Ma il Re giocò tutti: una volta rimosso il Duce grazie all’Odg Grandi (anche se le occasioni e le motivazioni per sbarazzarsene il Re le avrebbe avute da tempo ma non lo fece). Vittorio Emanuele III nominò Primo Ministro Pietro Badoglio. Il Re quindi beffò i gerarchi che speravano di avere un ruolo nel dopo Mussolini, ma scontentò anche i vertici delle Forze armate che volevano a capo del Governo il generale Enrico Caviglia, militare di grande prestigio non compromesso con il Fascismo.

Ma alla fine la scelta su Badoglio si rivelò disastrosa. Lo testimonierà la gestione dell’8 Settembre 1943, l’armistizio con gli anglo-americani, ma questa è un’altra storia.

Chiarito, come già detto, che i Cervi nulla potevano sapere della genesi che aveva portato il Re a sfiduciare Mussolini, a me pare che l’antifascismo nella storia del 25 Luglio 1943 c’entri poco. Anzi. Con il senno di poi, visto il massacro dei fratelli Cervi avvenuto per mano criminale fascista, quel pranzo, pur comprensibile in quel 25 luglio 1943, forse ancora oggi ha un’eco soprattutto tragica.


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