Il carisma sociale di Annie Ernaux, Premio Nobel per la Letteratura 2022

Il documentario Les Années Super-8 presentato nel festival Archivio Aperto da Annie Ernaux e da suo figlio, David Ernaux-Briot, ha rappresentato un’occasione per conoscere meglio l’autrice; un’intellettuale femminista capace di scuotere

di Andrea Femia, consulente digitale cB


Quando si entra nella Sala Refettorio, all’interno del complesso dell’ex Chiesa di San Mattia, ci si sente un attimo avvolti da una sensazione di non appartenenza. Si cammina su via Sant’Isaia, che per quanto sia fascinosa non regala il senso di un antico così spinto, e così il chiostro interno al civico 20, più simile a un cortile in realtà.

All’improvviso ci si sente proiettati in un’atmosfera metastorica, un po’ medievale, per i bellissimi affreschi che rendono un senso antico e per quel tono di grigio dominante che parte e arriva sino alle travi del soffitto. E un po’ nella prima metà del secolo scorso, con proiettori e altri strumenti oramai annoverabili nella preistoria tecnologica, eppure così tanto affascinanti.

Il documentario Les Années Super-8 presentato dall’ultima vincitrice del Premio Nobel per la Letteratura Annie Ernaux e da suo figlio, David Ernaux-Briot, si sposa appieno con questa rincorsa all’individuazione di un tempo che accompagna la storia senza farla, davvero, mai in modo definitivo. Un lavoro di archivio in cui i documenti audiovisivi che hanno raccontato, nel tempo, la storia della famiglia del regista e della scrittrice si incastrano con l’evoluzione della Storia con la S maiuscola, quella delle società, in particolare di quella francese. È un documentario solido, che ricalca sin nelle intenzioni del titolo il lavoro della scrittrice che nel 2008 pubblicò Les Années, rendendo agile a tutti la comprensione di quanto il suo ruolo individuale non potesse che interpretarsi se non nell’ambito di un più ampio contesto sociale, con il fine della conservazione di una memoria che in un attimo riconduce l’io al noi. 

Il carisma sociale di Annie Ernaux è evidente sin dalle prime domande poste dai giornalisti giunti in questo luogo che ti estranea in maniera netta dalla contemporaneità. È evidente nelle intenzioni di chi pone le domande, fortemente influenzate dal suo noto femminismo e dal suo posizionamento dalla parte degli ultimi; è evidente nelle risposte dell’autrice, quando riporta al sociale ogni domanda che tocchi i lati personali. E mi perdonerete – spero – se mi astraggo dal racconto generale per venire un attimo alle sensazioni personali. 

Ho provato a interpretare gli sguardi di questa donna catapultata a 82 anni in una notorietà che fino a oggi non aveva vissuto, quanto meno non in maniera così marcata. Quando scrivo quest’articolo non sono passati neppure venti giorni dalla vittoria del Premio Nobel. Da quel momento ogni giorno vissuto per parlare con una platea moltiplicata rispetto a quella del giorno prima. Sold out alle presentazioni, anche nelle sale abnormi come quella del Cinema Medica a Bologna. Una sfida costante al proprio senso di responsabilità sociale, uno stimolo continuo al proprio ruolo, profondamente cambiato.

È stato bello sentire un’intellettuale femminista esporre il senso dell’urgenza di portare il diritto all’aborto nelle Costituzioni Europee, a partire da quella francese. È stato sfidante in termini intellettuali in quanto essere umano di sesso maschile sentirle esporre l’idea secondo la quale la possibilità delle donne di avere figli è desiderio di controllo da parte degli uomini sin dai tempi della preistoria. Un desiderio forte che tuttora rimane insito alle società contemporanee (spiegava così la nuova definizione del ministero della Natalità italiano, ma come sempre in questo percorso, il sociale si affaccenda con il privato). 

Ho provato personalmente a chiederle se immagina che un premio così importante, più di ogni sé, come il Nobel non rischi di essere difficilmente gestibile in termini di attrazione futura con il proprio desiderio di scrivere, o se invece possa fungere da fiamma per continuare. Sono già contento che non mi abbia mandato a quel paese, rispondendo che pur non sapendo cosa succederà, spera di trovare il momento di rientrare a casa, mettersi seduta nel suo studio e continuare a scrivere.

Tenendo conto del suo nuovo ruolo. Tenendo conto del suo rinnovato carisma sociale.


Rispondi