«Il Cua ha ragione: i giovani sono abbandonati a se stessi e il Governo toglie diritti e minaccia di sbatterli in galera. Ma ha torto per le devastazioni e altre azioni che finiscono per fare un servizio alla Meloni. Non si può che concordare col comunicato con cui ha rivendicato la manifestazione. È stata purtroppo un’azione avventata, dilettantesca e orribilmente vandalica, ma gli assunti di base sono giusti. I giovani sono disperati. Dateci un futuro o ce lo prenderemo»
di Stefano Cavallini, cittadino
Protesta sacrosanta. Anzi no. Sbagliatissima. Durante una manifestazione contro il nuovo decreto anti-rave il Cua (Collettivo universitario autonomo) ha appeso a testa in giù un manichino con le sembianze di Giorgia Meloni e imbrattato con vernice rosa la sede del Conad in via Indipendenza. Ecco come si riesce a sciupare le ragioni più ovvie.
Perché la protesta è sacrosanta?
I giovani sono una delle categorie più svantaggiate d’Italia. Molti, se non fosse per i genitori, vivrebbero nell’indigenza più totale. Sfruttati sul posto di lavoro, senza casa, condannati a salari miseri, discriminati per la loro identità di genere, considerati fannulloni e debosciati, odiati da quella parte del Paese che ha sempre la pancia piena, col nuovo Governo si sono sentiti dire che sarebbe stato più difficile abortire e che se avessero occupato un’università sarebbero potuti finire in carcere per sei (!) anni (pensate a vostro figlio diciottenne che occupa due giorni il liceo Righi e rischia di essere sbattuto in carcere per sei anni).
FdI ha già iniziato a urlare su Facebook che quello del Cua sarebbe un atto di eversione. Mi viene da ribattere che qualcosa di eversivo si è consumato quando la Meloni è andata al Governo. La storia della Meloni viene da Almirante, un fascista che era nella redazione della rivista antisemita La difesa della razza, e dunque da un regime che ha ucciso, imprigionato e mandato al confino gli oppositori. O nei lager. Questa è la sua matrice. Reprimere fa parte dell’humus culturale in cui è cresciuta FdI. Siamo tutti in pericolo. Indignarsi quindi per un manichino e non per un Governo che ha qualcosa di insultante alla Costituzione è tipico dell’ipocrisia degli italiani.
Il sindaco Lepore e la sinistra hanno espresso subito solidarietà. Era doveroso e il ruolo glielo impone. Ma mi preme ribadire che ai fascisti si può esprimere solo solidarietà umana, mai politica. Altrimenti li si legittima.
Veniamo ora al Conad. Quel supermercato in quella posizione è una vergogna per tutta la città. Si tratta di una offesa al gruppo scultoreo del Corsini, mortificato dalle insegne; alla facciata della cattedrale di San Pietro adiacente; al buon senso; all’idea di tutela artistica e culturale del patrimonio storico di Bologna. Sarebbe stato doveroso situarvi un museo o una biblioteca. Invece si è sottostato al piano della Conad, basato sulle logiche del profitto (per i più ricchi: i poveri vadano pure dai pachistani). Quella non è “un’attività commerciale del centro storico”, come ha scritto Alberto Aitini. È un non-luogo fittizio, tassello della foodificazione della città. Hanno ragione i collettivi: “Il lusso deve essere per tutti”.
Perché è sbagliatissima?
La comunicazione dei collettivi è da respingere. Perché è demagogica, populista, iper-retorica, ultra-dogmatica. Le loro azioni sono discutibili: basta ricordare quando hanno murato la porta dell’ufficio di Panebianco, la condanna aprioristica alle Sardine, le modalità squadriste con cui hanno diffuso sui social la foto della bibliotecaria “del Pd” in occasione dei disordini a Lettere di alcuni anni fa. La loro comprensione della realtà è rudimentale e sempre viziata dalle lenti di un’ideologia comunisteggiante con cui leggono il mondo.
Inoltre, le loro azioni sono spesso vandaliche. Da antagonisti considerano il produrre degrado come un’azione di rottura ed espressione del popolo, perché a esso, povero, il degrado si addice naturalmente. Da qui una visione estetica e filosofica del popolo altamente stereotipata e classista. Ne deriva che essi stessi agiscono e si auto-rappresentano come uno stereotipo. Sono una delle cause, insieme a Instagram, per cui i giovani trovano piacevolmente di moda vandalizzare i palazzi storici di Bologna. Il Cua è un monolite di granito, talmente coerente con sé stesso da trasformarsi a lungo andare in forza conservatrice, a tratti reazionaria.
In questo caso ci si chiede se capiscano che così finiscono per fare il gioco della Meloni. L’azione del manichino infatti dà alla destra l’opportunità di dire che il vero fascismo è a sinistra e avviare un ulteriore giro di vite. La vernice li fa odiare dalla cittadinanza che, esasperata dal degrado, li ritiene solo teppisti. È agghiacciante che il Cua non pensi mai alle conseguenze delle proprie azioni: non hanno capito, per esempio, quanto la manifestazione che ha bloccato tangenziale e autostrada sia stata un assist formidabile a Galeazzo Bignami, nuovo viceministro alle infrastrutture di FdI.
Torto o ragione?
Questa volta il Cua ha ragione. Una persona sensata non può che concordare col comunicato con cui hanno rivendicato la manifestazione. Il problema è che riesce ad avere torto anche quando ha ragione. È stata un’azione avventata, dilettantesca e orribilmente vandalica, ma gli assunti di base sono giusti. I giovani, e anche noi meno giovani, sono e siamo disperati.
Dateci un futuro o ce lo prenderemo.
Giuste riflessioni… mi piacerebbe sapere cosa si dice dalle parti di Labàs, TPO, Crash 🌈🏳️🌈
D’accordo! Ma se non avessero protestato in modo così scandaloso, chi si sarebbe accorto della loro protesta?
Interessante articolo, grazie