Interporto: “Non luogo” o città del lavoro? La sfida di Alberani

Il direttore della Logistica etica, dopo le esperienze in Cisl e in Acer, cercherà di immettere umanità in una delle più grandi strutture intermodali d’Europa, e di trasformarla sul modello Olivetti, a favore di chi vi lavora e delle loro famiglie. Perché non sia una cattedrale nel deserto, abbia una sanità di territorio, sia città nella città, cerniera tra nord e sud. Un compito di speranza e di fiducia in un mondo grande e terribile, con l’ausilio non secondario della Fede

di Aldo Bacchiocchi, già dirigente politico


L’Interporto è una città nella città; è vitale per il quadrante nord della città metropolitana. La logistica è stato l’unico settore produttivo che, durante la crisi del Covid e quella economica, ha avuto un incremento ed è trainante per il paese.

L’Interporto è una delle più grandi piattaforme intermodali in Italia e in Europa. Oltre quattro milioni di metri quadrati di superficie che ospita 130 aziende, 820.000 mq di magazzini; tre terminal ferroviari coprono la rotta baltica, adriatica, mediterranea e scandinava. I lavoratori, molti immigrati, sono 5.500.

Alessandro Alberani è direttore della logistica etica. Un salto in avanti dopo le esperienze di Cisl ed Acer. Logistica etica, per Alberani significa Olivetti con la sua idea di “città del lavoro”. Le sfide del neo direttore sono di estremo significato per immettere umanità nella logistica. A favore dei lavoratori e delle loro famiglie.

L’Interporto reclama un trasporto pubblico che non lo isoli; non deve essere “cattedrale nel deserto”. Dovrà essere permeato da una “Sanità” di territorio, dalla possibilità di praticare sport. Fondamentale sarà la sicurezza nel lavoro. Non mancheranno, prossimamente, visite autorevoli. Diventerà operante la Caritas.

“Accanto” a Interporto è ora operativo il Tecnopolo. Il quadrante nord della città metropolitana si apre, consapevolmente, all’Europa e al mondo, cerniera viva tra nord e sud dell’Italia. In un punto della città metropolitana a rischio di essere “non luogo” si gioca la sfida intellettuale e umana di Alessandro Alberani, esempio, non occasionale, di classe dirigente che osa, pensa e guarda lontano. Molto potrei ancora dire su quanto è in divenire. In questo caso il futuro si carica di speranza e di fiducia. Che sfida questo mondo “grande e terribile” con l’ausilio non secondario della Fede.


3 pensieri riguardo “Interporto: “Non luogo” o città del lavoro? La sfida di Alberani

  1. La societa’ Interporto che gestisce l’area e gli impianti e’ pubblica: le 130 imprese che ospita private ma non per questo la societa’ pubblica e’ priva di possibilita’ di regolazione e di intervento: cbe sono le parole che debbono sostenere concretamente e visibilmente li’ come in ogni impresa un’ Etica di Impresa e del Lavoro : dunque pure, come forse era ed e’ giusto dire un Codice Etico dell’Interporto, che e’ pure diverso dal “Protocollo per la logistica etica ” pur molto importante che e’ stato realizzato gia’ dal Comune di Bologna, ma che se non sbaglio richiede poi un’ adesione delle imprese. Che dunque dovrebbe essere obbligatoria sulla base apunto di un Codice di Interporto che la esiga come condizione di presenza e come possibilita’ di controllo. Conosco da tanto Alessandro Alberani come Dirigente Sindacale di gran livello e persona di fermi proncipi e gran serieta’ che merita dunque ( certo da me ) tutti gli auguri di buon lavoro e successo in questo difficile impegno. D’altra parte egli sa che su Dignita’ Sicurezza e Diritti del Lavoro non si puo’ fare retorica e servono obiettivi precisi chiaramente esposti e risultati concreti. E certo cosi’ operera’.

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