L’indomito coraggio di chi licenzia a Natale

Mentre la gran parte di noi sta pensando a cosa mettere a tavola per i giorni di festa, decine di lavoratori sono costretti a immaginare un futuro senza certezze

di Andrea Femia, consulente digitale cB


Da qualche settimana viene da chiedersi se quello che sta arrivando non sia un Natale un po’ diverso da tutti gli altri. Ci sono degli elementi oggettivi che allontanano l’idea della festa dal momento contemporaneo.

Il primo tra tutti è che fino all’altro ieri sembrava fosse estate. Una situazione già particolarmente insolita in altre zone d’Italia, e a maggior ragione qui a Bologna non è propriamente normale girare in maniche di camicia fino alla metà di novembre. Un altro motivo che non sembra sposarsi benissimo con il concetto di Natale è il fatto che da mesi, oramai quasi da un anno, ci si è lentamente abituati all’idea che tutto sommato la guerra sia una cosa normale. Basti pensare a quanto fosse spaventoso e costante il pensiero relativo al conflitto russo-ucraino nei primissimi mesi e quanto oggi sia un principio che non cambia poi molto la quotidianità, a meno di non essere familiarmente coinvolti. Questa insana abitudine lentamente corrode gli animi. Li rende più grigi. Che la guerra sia presente nelle routine degli immaginari non è propriamente qualcosa che avvicina all’idea di un vecchio signore barbuto, vestito di un rosso che esalta il suo essere molto rotondo, che si tira giù dai caminetti per portare dei regali.

Le conseguenze del conflitto sono conosciute più o meno da tutti. In generale le guerre producono crisi. Le crisi producono un aumento dei costi relativi alle materie prime e quindi di tutto il resto come conseguenza. E se gli animi grigi riguardano chi si è abituato a questa routine fatta di notizie terribili e conseguenze complesse, immaginate che colore hanno gli animi di chi, a pochissimi giorni da questo natale già di per sé un po’ strano, si è ritrovato a dover fronteggiare l’idea di un licenziamento dopo anni di onorato servizio in un’azienda.

È quello che sta accadendo a 71 lavoratori del gruppo Sherwin-Williams, 69 dei quali prestano il loro servizio nelle sedi di Pianoro e Minerbio per la Inver, ditta che produce vernici.

Non è il caso di fare tanta retorica, dirà qualcuno, se le crisi comportano aumenti di spesa è giusto tagliare. Non è certamente il compito di un articolo definire cosa sia giusto e cosa sia sbagliato in termini di bilancio. Certo, sarebbe quanto meno interessante risolvere il legittimo dubbio sul come sia possibile che una crisi sia così profonda se nel frattempo lo stesso gruppo ha da pochissimi giorni acquistato l’azienda Ica, nelle Marche, diretta concorrente di Inver. Ma questo dubbio, pur legittimo, si riferisce a dinamiche economiche che spesso vivono su valutazioni a lungo termine, su scommesse, cercare nuove vie per crescere. Tutto altrettanto legittimo, ma rimane fortissimo il gusto amaro per una società incapace di comprendere quando sia il caso di affermare il principio basilare per cui gli esseri umani vengono prima del profitto. Soprattutto quando quegli stessi esseri umani ti hanno portato profitto.

Il momento in cui tutte le giustificazioni morali precipitano è quell’attimo in cui ti accorgi che l’animo grigio che accompagna molti di noi al Natale è luminosissimo se confrontato con quello di chi, a due settimane dal mettersi a tavola con i parenti, si ritrova a dover pensare a come far fronte a un futuro che non poteva immaginare. Se il primo dell’anno devi progettare buoni propositi e non puoi farlo perché non sai neppure se avrai o meno il lavoro che ti ha accompagnato per tutta la vita, o magari pensavi lo avrebbe fatto.

Una cosa che abbiamo imparato nel tempo è che quando succede qualcosa di brutto durante le feste l’opinione pubblica è molto distratta. Dalle compere e dal cibo, in questo caso, dal mare e dalla salsedine quando accade d’estate.

Proviamo a non abbassare la forza delle difese immunitarie dell’attenzione di fronte a tutto ciò. Che i lavoratori non si disuniscano. E che le istituzioni li sostengano.

Probabilmente non serve un indomito coraggio per licenziare a Natale. Ma servirà tutto il coraggio del mondo per resistere senza disunirsi.

In copertina: lo sciopero proclamato lo scorso settembre allo stabilimento Inver Sherwin Williams di Minerbio (Photo credits: Il Resto del Carlino).


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