I dati Istat sul valore aggiunto pro capite non devono ingannare. Come dimostra il recente studio di Nomisma e Fondazione Yunus per Confcooperative, la doppia crisi – pandemica ed energetica – si è sommata alle tendenze di denatalità e al problema dei redditi bassi. Il ritratto di città che ne esce ha molte ombre: la luce crescerà se Bologna saprà mettere al centro le relazioni civili
di Daniele Ravaglia, presidente Confcooperative Bologna
L’economista Stefano Zamagni ci ricorda la differenza tra urbs, città delle pietre, e civitas, città delle anime, secondo la distinzione che proviene da Cicerone. Troppo spesso a Bologna abbiamo preferito un approccio urbanistico, per così dire, teso cioè a rappresentare la città e a immaginarne le evoluzioni sulla base di parametri effettivi, ma esanimi. Troppo poco invece si è tenuta in considerazione la dimensione animata della città, le sue relazioni, nelle quali stanno le sue ombre e le sue potenzialità.
Bologna ha indiscutibili punti di forza e non a caso primeggia nella classifica sulla qualità della vita pubblicata dal Sole 24 Ore. Anche i numeri dell’Istat confermano che la nostra, dopo Milano (e Bolzano, che però è provincia autonoma) è la città che produce il valore aggiunto pro capite più alto. Fin qui i dati oggettivi, le pietre dell’urbe, insomma. Conosciamo bene l’obiezione di Trilussa alle verità rivelate dalle medie statistiche: io ho due polli, tu nessuno: abbiamo un pollo a testa, provocava il poeta. Risultato: uno dei protagonisti della parabola avrebbe avuto un pranzo abbondante, l’altro sarebbe rimasto con la fame. Ecco dunque emergere una verità più complessa, fatta di luci e di ombre, che danno profondità all’immagine di Bologna.
La cooperazione vive entrambi i volti della città: quello dei processi innovativi, della crescita e del benessere, ma anche quello delle difficoltà a fine mese, delle diseguaglianze, del rischio di emarginazione delle fasce deboli. Il volto di Bologna emerge da questo chiaroscuro, come mostra anche la recente indagine – quantitativa e insieme qualitativa – svolta da Nomisma per Confcooperative Bologna, con la collaborazione della Fondazione Yunus Social Business Italia. La ricerca si intitola Bologna 3 Zero e mira ad applicare alla città il paradigma del triplo zero, messo a punto dall’economista Muhammad Yunus, premio Nobel per la Pace.
Il primo capitolo corrisponde al primo zero, “0% Diseguaglianze”, e analizza le aree di fragilità della società bolognese, con riferimento alla congiuntura odierna. Più di un bolognese su due ritiene il proprio reddito inadeguato a far fronte agli aumenti dei costi energetici, più di uno su tre sarà costretto a tagliare sulle spese sanitarie, 4 su 5 sulle spese per il tempo libero e sulle attività culturali. Il 31% teme di dover fronteggiare problemi economici crescenti il prossimo anno. E sono le famiglie con redditi bassi che più spesso testimoniano l’emersione di problematiche di tipo psicologico.
A preoccupare è anche il tema dell’assistenza alle persone non autosufficienti, anziane, disabili: il 45% degli intervistati denuncia un impatto forte delle dinamiche assistenziali all’interno della propria famiglia. Sempre più la denatalità e l’invecchiamento della popolazione colpiscono la città e il suo welfare, generando nuove solitudini e impegnando fasce sempre più larghe della società in servizi diretti di assistenza. In molte famiglie, buona parte del tempo libero è assorbito in attività di caregiving familiare, che ancora si scarica sulle spalle delle donne, allargando il divario di genere.
Nel chiaroscuro bolognese, la doppia crisi – pandemica ed energetica – si è sommata alle tendenze di “degiovanimento”, per usare l’espressione coniata dal Prof. Rosina, e al problema dei redditi bassi. Come sempre nella storia economica del nostro territorio, le cooperative hanno reagito provando a rimediare. Oltre la metà delle coop intervistate ha fatto ricorso allo smart working e a forme di flessibilità al fine di permettere a soci e collaboratori una miglior conciliazione vita-lavoro; quasi un terzo delle cooperative ha messo in atto forme di sostegno straordinario al reddito dei dipendenti e oltre il 40% ha aumentato i salari o conta di farlo a breve. La maggioranza poi ha fatto ampio ricorso a forme di welfare aziendale per integrare il welfare pubblico. Ciò non ci permette di dire che le ombre si sono diradate, ma qualche luce nell’oscurità si è accesa. E questo basta per confidare nell’anno nuovo: la luce crescerà se Bologna saprà mettere al centro le relazioni civili.
Per il 2023, dalle istituzioni ci aspettiamo che questo impegno prenda forme molto concrete: a partire da un patto cittadino per risolvere il problema residenziale fino al rinnovo del protocollo appalti, previsto per aprile 2023, che permetterà alla spesa pubblica di sospingere l’economia locale verso forme più virtuose, a vantaggio di tutta la comunità.
Photo credits: Simone Perrone
Bene. Analisi lucida e oltremodo condivisibile. Con tanti spunti interessanti da approfondire.