L’inedito “sciopero metropolitano” indetto dai dipendenti di Palazzo Malvezzi è l’ennesimo segnale che alcuni schemi, nell’organizzazione amministrativa, non stanno funzionando come dovrebbero. Ma la messa a terra del Pnrr incombe. Servono aggiustamenti
di Aldo Bacchiocchi, già dirigente politico
Tempo fa su Cantiere scrissi dell’equivoco della Città Metropolitana. Un’istituzione che si santifica a parole ma che non è mai nata davvero perché avrebbe richiesto una profonda revisione anche e contestualmente di Bologna come città capoluogo.
Si sarebbe dovuto infatti porre mano a un ridisegno dei quartieri. Da un sistema “tolemaico” si sarebbe dovuti passare a un “sistema copernicano”: utopia.
Dopo le ultime elezioni amministrative, segnate anche da una notevole astensione dal voto, si è pensato di risolvere la questione con un dialogo istituzionale tra Palazzo d’Accursio e Palazzo Malvezzi. Tutto ciò ha determinato paradossalmente una sorta di incomunicabilità tra dimensione politica e dimensione tecnico- amministrativa, che alla fine è sfociata in uno sciopero “triste” dei lavoratori e delle lavoratrici di Palazzo Malvezzi.
Molte e rilevanti sono le novità che dovrebbero arrivare con il Pnrr. Ma la “messa a terra” sta avvenendo in ordine sparso e non secondo una cornice metropolitana. Nel frattempo molti sono i disegni di legge che invocano il ritorno della Provincia. L’intero tessuto “intermedio”, come direbbe De Rita, ne soffre.
Non avendo un ruolo amministrativo e politico diretto vado “a naso” ma non credo di essere troppo lontano dal vero. Ovviamente non sono spocchioso e rispetto le fatiche quotidiane del Sindaco metropolitano e dei nuovi esponenti che guidano la realtà bolognese. Ma non sottovaluto l’inedito “sciopero metropolitano”.
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