L’inverno demografico nella montagna bolognese

Nel biennio 2020-2021 nei dodici comuni dell’Appennino sono nati 577 bambini, i decessi sono stati 1.617. Si sono quindi registrate 36 nascite per ogni 100 morti, con un ulteriore peggioramento rispetto alla situazione relativa al quinquennio 2015-2019 (43,1 nati ogni 100 decessi). La pandemia ha aggravato il valore negativo del saldo del movimento naturale della popolazione, che nel biennio 2020-2021 ammonta a 1.040 unità. Una nota positiva: quell’area attrae nuovi arrivi dall’Italia e dall’estero

di Gianluigi Bovini, statistico e demografo


Le temperature eccezionalmente miti di dicembre e della prima metà di gennaio hanno determinato la sostanziale assenza di precipitazioni nevose nell’Appennino bolognese e provocato un pesante impatto economico nelle zone vocate per il turismo invernale. Nella seconda metà di gennaio la neve è finalmente arrivata e ha permesso di avviare la stagione dello sci e delle attività ricreative collegate a questo sport. L’unico inverno che non accenna ad attenuare le rigidità è quello della demografia, che negli anni della pandemia ha anzi accentuato ulteriormente le caratteristiche negative.

Nella città metropolitana di Bologna la zona che presenta la maggiore fragilità demografica è quella della montagna, che comprende dodici comuni (Alto Reno Terme, Camugnano, Castel d’Aiano, Castel di Casio, Castiglione dei Pepoli, Gaggio Montano, Grizzana Morandi, Lizzano in Belvedere, Monghidoro, Monzuno, San Benedetto Val di Sambro e Vergato). In questo territorio al 1° gennaio 2022 risultavano residenti 51.933 persone (pari al 5,1% del totale metropolitano), su una superficie complessiva di quasi 790 chilometri quadrati (che rappresenta invece il 21,3% di tutto il territorio): la densità della popolazione in montagna presenta valori sensibilmente inferiori alla media metropolitana (66 abitanti per chilometro quadrato contro 273).

I dati sul movimento della popolazione relativi al biennio 2020-2021, pubblicati dall’Istat, consentono di aggiornare la conoscenza della realtà demografica della montagna bolognese, che condiziona inevitabilmente le prospettive di sviluppo sociale ed economico di quelle zone e l’assetto delle principali reti di servizi pubblici e privati rivolti alle persone.

Il dato più negativo è sicuramente rappresentato dal fortissimo squilibrio tra le nascite e i decessi: nel biennio 2020-2021 nei dodici comuni della montagna bolognese sono nati in totale 577 bambini (283 nel 2020 e 294 nel 2021), mentre i decessi sono stati 1.617 (835 nel 2020 e 782 nel 2021). Si sono quindi registrate 36 nascite per ogni 100 morti, con un ulteriore peggioramento rispetto alla situazione relativa al quinquennio 2015-2019 (43,1 nati ogni 100 decessi). La pandemia ha aggravato il valore negativo del saldo del movimento naturale della popolazione, che nel biennio 2020-2021 ammonta a 1.040 unità.

La nota positiva è rappresentata dalla dinamica degli spostamenti di popolazione: nel biennio 2020-2021 il complesso dei dodici comuni montani ha realizzato un saldo attivo nei movimenti migratori sia con le altre zone italiane (+736 unità) sia con l’estero (+404 unità). Un contributo negativo alla dinamica della popolazione è invece venuto dalle ordinarie attività di revisione dei registri anagrafici e dalle operazioni censuarie, che hanno ridotto complessivamente la consistenza della popolazione montana di 530 unità. Per effetto di tutte queste dinamiche, i residenti dell’area sono scesi da 52.363 al 1° gennaio 2020 a 51.933 al 1° gennaio 2022 (430 persone in meno, pari a -0,8%).

La pandemia ha purtroppo incrementato il numero dei decessi e contribuito a deprimere ulteriormente la natalità, a causa del clima di incertezza che si era venuto a creare prima del pieno dispiegarsi della campagna vaccinale. In questo contesto di eccezionale difficoltà, segnato anche da drastiche restrizioni alle libertà di movimento sul territorio, i comuni montani hanno accresciuto la capacità di attrazione di persone italiane e straniere. Si tratta di un segnale importante, che andrà ulteriormente verificato quando saranno resi noti i dati definitivi del movimento della popolazione relativi al 2022.

Per ogni prospettiva di sviluppo sostenibile delle zone appenniniche la capacità di ospitare nuove persone si conferma quindi decisiva: per questo motivo è particolarmente importante analizzare le caratteristiche socio-demografiche e le motivazioni che nel pieno della pandemia hanno spinto molte persone a compiere la scelta di andare a vivere in montagna.

Photo credits: Ansa.it


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