Palazzo d’Accursio “si ispira” (?) alla Delibera di iniziativa popolare sugli spazi pubblici presentata da D(i)ritti alla città (Dac), non ne cita gli autori e intanto fa sapere di istituire un «albo degli immobili dismessi e disponibili alla rigenerazione urbana»
di D(i)ritti alla città-Rete per gli spazi pubblici
Accade proprio questo, a Bologna: mentre continua a bloccare senza fornire motivazioni fondate la delibera che viene dal basso, il Comune della città “più progressista d’Italia”, costruisce un albo degli immobili dismessi che, nella sostanza, si rifà ad almeno due articoli impostati da Dac nella Delibera di iniziativa popolare presentata la scorsa estate all’assessore Raffaele Laudani, ma di cui nessuno fa menzione.
Peccato però, ricordiamo al primo cittadino e all’assessore, che manchino quattordici articoli della Delibera (che chiunque può consultare qui) per diventare veramente la città più progressista d’Italia, tanto proclamata dal sindaco Matteo Lepore.
Siamo stanchi e stanche di questa narrazione sdolcinata sulla partecipazione alla bolognese che è ormai solo un contenitore vuoto, o per lo meno destinato a pochi, come viene sapientemente descritto in un articolo pubblicato recentemente sulla rivista Tracce Urbane. Rivista Italiana Transdisciplinare di Studi Urbani da Teresa Carlone (Università di Bologna) e intitolato Non ci resta che partecipare. Una riflessione sulla partecipazione civica a Bologna tra processi istituzionali e istanze dal basso.
Bologna è ancora città attiva, che fa, che c’è, che costruisce, che propone e pensa grazie alla sua gente, a quel mix di persone che in questa città sono nate o arrivate e si sono fermate, perché annusavano l’aria di una partecipazione che c’era ma che non c’è più, nonostante si voglia far credere al Paese che questa è una città in cui l’Amministrazione collabora con i cittadini.
Potremmo fare tanti esempi per dimostrare come ciò non accada: è recente la vicenda che ha riguardato l’Ic 8 dove, se non fosse stato per la reazione delle famiglie unite a docenti e collaboratori, sarebbe stato scorporato un istituto comprensivo creando un danno enorme alle persone. Ma anche quella che ha riguardato e riguarda la Montagnola e il divieto di parlare di cosa accadrà in quell’edificio e di chi lo gestirà, dopo aver consumato suolo e gettato cemento armato attorno alle radici di alberi secolari. Come anche la vicenda che riguarda il parco Acerbi e la nuova scuola che consumerà verde a pochi passi dal nido Cavazzoni e dalla scuola Walt Disney, “grazie” ai fondi in arrivo dal Pnrr che stanno diventando il lasciapassare per costruire, costruire e costruire.
Tutto questo accade negli stessi giorni in cui il sindaco Lepore decanta la bellezza della partecipazione ad un’assemblea cittadina alla Lunetta Gamberini, mente ci sono cittadini e cittadine che chiedono un’assemblea da mesi in Montagnola, mentre Extinction Rebellion chiede quale sia il ruolo delle assemblee cittadine nella missione 2030, mentre non si dice nulla sulla sparizione della W, opera di scultura urbana realizzata dal collettivo Kinkaleri, dall’ingresso del sottopasso accanto a Palazzo Re Enzo. Mentre attivisti e attiviste di Cua e Cybilla sono sotto attacco benché reclamino con forza attenzione sul dramma della casa a Bologna. Mentre nei quartieri popolari la sicurezza sembra l’unico problema da risolvere con la forza, e si preferisce inaugurare un museo dedicato alla casa popolare invece che permettere alla gente di avere una casa.
Non ci piace questa Bologna che fagocita e butta nell’immondizia la voglia di fare dei suoi cittadini e delle sue cittadine. E tanto meno ci piace il timore che aleggia per cui chi mostra dissenso – anche in modo “elegante” – non è ascoltato.
Complimenti per il pezzo. Peccato, però, che non verrà ascoltato o recepito. Manca un’opposizione in questa città, tutta assorbita o cooptata