L’elezione di Elly Schlein, esattamente come quella di Giorgia Meloni, ha dato libero sfogo a un profluvio di considerazioni che hanno avuto il merito, involontario, di rivelarci quanto la nostra società e la politica siano arretrate e incancrenite da vecchi schemi. Ne sono un esempio le dichiarazioni preoccupate del consigliere regionale dem Giuseppe Paruolo, secondo cui la vittoria della nostra concittadina porta con sé la conferma di «una decisa svolta a sinistra». Ma perché, il Pd non è forse la principale forza della sinistra italiana?
di Pier Francesco Di Biase, caporedattore cB
Hanno spopolato per giorni le immagini del cervo che, evidentemente confuso, era finito a girovagare nei dintorni di via Bellinzona. Poco tempo dopo anche a un lupo era toccata la stessa sorte, questa volta in zona Fossolo, Due Madonne. Scene senz’altro suggestive, normali per un abruzzese – finché non son pecore non ci emozioniamo nemmeno – ma un po’ meno comuni da queste parti. Soprattutto, scene che lanciano l’ennesimo campanello d’allarme su quel rapporto compromesso tra uomo e natura che realtà come i Fridays for Future, tornati a riunirsi venerdì scorso in Piazza San Francesco, denunciano ormai da anni, praticamente inascoltati.
Ci sono poi altre due presenze, queste sì “bestie rare”, che si sono manifestate tra i coriandoli e le sfrappole seguiti alla vittoria di Elly Schlein alla Primarie. Sono i “cattolici” e i “moderati”, evocati sulle pagine dei giornali e incarnatisi nella persona di Giuseppe Paruolo, consigliere regionale del Partito democratico. Secondo il consigliere, l’elezione a segretaria della nostra concittadina porta con sé il «pericolo di un completo snaturamento del Pd» nonché la conferma di «una decisa svolta a sinistra» (qui). Ora, posto che di cattolici ce ne sono tanti e non si capisce esattamente a nome di quali venga citato Paruolo – oltretutto, moltissimi hanno votato convintamente il profilo ecofemminista di Schlein – mi risulta quantomeno curiosa una simile preoccupazione in un esponente di quello che è, o almeno dovrebbe essere, il principale partito della sinistra italiana. Perciò delle due l’una: o da decenni milioni di elettori sono sottoposti a una gigantesca frode elettorale, oppure il consigliere è incappato in una grossa quanto rivelatrice gaffe.
Certo quella di Paruolo non è l’unica stranizza, in un Paese bello strano come il nostro. Un Paese in cui troppo spesso i ricchi parlano per i poveri, gli anziani per i giovani, gli uomini per le donne. In fondo un vizio antico delle classi dominanti, volersi imporre anche culturalmente su quelle subalterne. Una pretesa che porta sfortuna a chi comanda. Perché il comandato, prima o poi, si incazza.
Per questo esistono le rivoluzioni, e per questo esiste anche il Carnevale. Un breve momento di rinnovamento in cui i rapporti di forza precostituiti si stravolgono e l’uomo diventa donna, il povero si fa ricco, il vecchio ritorna bambino. Così alto e basso si mescolano prima di tornare a dividersi, e la Rivoluzione temuta decade, di norma, in una più controllabile farsa.
L’ultimo Carnevale della politica italiana è iniziato con le elezioni del 25 settembre, e si è concluso il 26 febbraio con le Primarie. Del resto, stiamo pur sempre parlando di una festa “mobile”. Eppure, questa volta, di farsesco c’è stato poco e le cose non sono affatto tornate quelle che sono sempre state.
In entrambi i casi, infatti, le urne ci hanno finalmente restituito un quadro soddisfacente di come stanno le cose in Italia. O perlomeno, di come gli elettori di ogni età e ceto vorrebbero che stessero. Perché al desiderio di novità, già espresso in precedenza e sistematicamente deluso, si è aggiunta per tramite di Giorgia Meloni ed Elly Schlein l’affermazione sulla scena politica italiana di quella che è l’unica, vera, maggioranza silenziosa del Paese. E sebbene la strada per la piena emancipazione femminile resti ancora molto lunga, un paio di conclusioni si possono già trarre.
La prima, è che la retorica del “passo di lato” non è più sufficiente. E forse, mi permetto di dire, non lo è mai stata. Il cambiamento è come l’acqua bersaniana: non lo puoi fermare, men che meno con le mani. Quando una donna decide di fare un passo avanti, oggi come ieri, il vero gesto rivoluzionario è fare tutti “un passo indietro”, scegliendo di sostenerla. La seconda lezione, è che una donna non ha bisogno di essere più capace o più esperta di un uomo per avere il diritto di ambire alla stessa carica. Invero, una volta che l’ha ottenuta, avrebbe anche lo stesso diritto di sbagliare. Purtroppo però, in politica l’errore è tanto fatale quanto gender free.
Sfortunatamente, queste banali considerazioni sono ben lontane dall’essere largamente condivise. O perlomeno così parrebbe, scorrendo il profluvio di editoriali e commenti che hanno invaso l’infospazio in questi ultimi giorni. Quel che ne viene fuori, più o meno esplicitamente, non è l’accettazione di una nuova quanto sana normalità, bensì il malcelato sgomento nel trovarsi davanti a due incredibili eccezioni, “animali fantastici” da Bestiario medievale, con cui non è ben chiaro come comportarsi. E se non fosse Carnevale, ci sarebbe ben poco da riderne.
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Forse Il sempiterno consigliere regionale farebbe bene a dire: il silenzio è d’oro