«E invece vi abbiamo visti arrivare»

Quando si arriva in percentuali altissime persino tra gli iscritti a decidere di mandare a casa un buon amministratore come Bonaccini, facendo pagare a lui colpe che appartengono ad altre figure del Pd, a partire da Renzi, il segnale che il terremoto sta per sopraggiungere è chiaro. Il risultato della Schlein nel voto dei circoli era non solo un avvertimento ma proprio l’annuncio che, uscendo dalle sezioni, il voto avrebbe rovesciato tutto. Che il banco avrebbe perso. Sì, vi avevamo visti

di Giampiero Moscato, direttore cB


Uno degli slogan più formidabili lanciati da Elly Schlein dopo la sua proclamazione alle Primarie per la segreteria nazionale del Pd è stato il geniale «ancora una volta non ci hanno visto arrivare». Certo non è di conio proprio, ma è comunque una profonda parafrasi di un libro cult, quel They didn’t see us coming – The hidden history of feminism in the nineties con cui Lisa Levenstein segnalò come gli osservatori, non solo Usa, consideravano il Femminismo un movimento finito negli anni ’90 solo perché non si erano accorti che invece stava rinascendo con forza in altri ambienti sociali. Tra i ceti meno abbienti, soprattutto tra le proletarie di colore, lontane del mondo intellettuale e universitario in cui era sorto negli anni ’60. Insomma; forse più semplicemente «stavano guardando dalla parte sbagliata» e non potevano vedere quello che stava per prorompere sulla scena da altre latitudini.

La parafrasi schleiniana sottintende che anche gli analisti italiani (e lo stesso partito) erano troppo concentrati su quel che restava del Pd. E non si sono accorti che la voglia di rinnovamento stava generando spontaneamente una nuova base anche e soprattutto in aree esterne alle feste dell’Unità e ai Circoli. Tra i non iscritti, insomma. Le previsioni sulle Primarie erano gravemente sbagliate per sguardi distratti.

I sondaggi hanno condizionato pesantemente anche la campagna elettorale del favorito della vigilia, Bonaccini. Stefano ha evidentemente giocato in difesa, convinto che il vantaggio che gli veniva attribuito sarebbe stato sufficiente per assicurarsi la segreteria Pd dopo la vittoria nel voto degli iscritti. Non ha attaccato, non ha cercato colpi a effetto alla ricerca di nuovi consensi. Intanto Schlein, certamente una novità più attraente di un personaggio storico dell’“apparato”, riusciva a mobilitare il voto di opinione, in netta rinascita dopo il tracollo elettorale.

Siamo in una fase storica in cui conta molto di più l’immagine che la concretezza e che privilegia fortemente chi si schiera “contro” mentre punisce chi governa. Lo dimostrano chiaramente i flussi elettorali che hanno premiato M5s, Lega e FdI quando erano forze di opposizione e hanno punito le prime due quando sono andate al potere. Già si cominciano a sentire scricchiolii nella compagine a guida Giorgia Meloni. “Fare” è molto più difficile che “dire”.

Lo “zoccolo duro” ha scelto solo parzialmente Bonaccini, “il nuovo che avanza” ha scardinato tutto e ha indicato Schlein. Ma davvero non li hanno visti arrivare? Le reti sociali indicavano una turbolenza interna al Pd che era solo inimmaginabile qualche anno fa. Il linguaggio dei gruppi di discussione è mutato: è rispuntato anche tra i Dem un movimentismo che prima era collocato a sinistra. In una sinistra di naturale opposizione a qualunque potere. In cui Elly Schlein ha trovato il terreno fertile per lanciare un’Opa al Pd da cui era uscita ai tempi di Renzi per rientrarvi solo alla vigilia delle Primarie. Ma intanto stava riordinando le sue file costruendo la rete che l’ha portata prima alla vicepresidenza della Regione, poi al seggio parlamentare e ora alla guida del Pd.

Il suo capolavoro è stato proprio quello che ha fatto a Bologna e in regione, dopo una per altro eccellente fase europea. Riuscire a portare al “governo di Palazzo d’Accursio” Coalizione Civica (basta chiedere quanti mal di pancia ha creato in quel gruppo l’idea di allearsi col Pd) e alla fine far schierare dalla propria parte il sindaco della «città più progressista d’Italia» è stato un capolavoro di tattica. Anche tra gli iscritti ha sfondato, portando a votarla circoli importanti, tra cui il Pratello, che è quello che frequento e che mi ha avvicinato all’impegno in un partito che così com’è non rappresenta certo il mio ideale. I segnali c’erano; e forti.

Quando si arriva in percentuali altissime persino tra gli iscritti a decidere di mandare a casa, sconfitto, un buon amministratore come Bonaccini, facendo pagare a lui colpe che magari appartengono ad altre figure del Pd, a partire da Matteo Renzi, il segnale che il terremoto sta per sopraggiungere è piuttosto chiaro. Il risultato della Schlein nel voto dei circoli era non solo un avvertimento ma proprio l’annuncio che, uscendo dalle sezioni, il voto avrebbe rovesciato tutto. Che il banco avrebbe perso. Sì, vi avevamo visti arrivare. 

Ora il prossimo sguardo sarà sulla capacità di coniugare il necessario rinnovamento con il buon governo, quella tradizionale capacità del Pd di guidare coalizioni in grado di assicurare una buona amministrazione, comunque quasi sempre migliore di quella della destra. E di riuscire a non spaventare il centro, i riformisti, le altre anime che hanno dato vita al partito. Perché ora si è davvero all’opposizione ma poi, se si riuscirà a battere la Meloni (senza il “trattino” sarà durissima), bisognerà essere pronti a guidare un Paese difficile e pieno di guai. Chiedete a Letta. O a Draghi. In bocca al lupo, segretaria.


3 pensieri riguardo “«E invece vi abbiamo visti arrivare»

  1. Avevo previsto; si e’ sottovaluta la mozione Cuperlo che credo avra’ ruolo con Elly- PD Bologna ha giocato d’anticipo; comunque articolo intelligente

  2. Una frase profondamente infelice, divisoria e che rimarca un conflitto, una contrapposizione nello stesso gruppo. È un chiaro segnale politico , purtroppo non incoraggiante, così come le dichiarazioni successive rimarcano una precisa scelta di campo. il
    PD nasce per unire due anime profondamente diverse ma unite nello sforzo di una sintesi democratica (chiedere a Veltroni) , estremizzarne una delle due vuol dire annichilire l’altra. Non parlare di aziende e rilancip
    economico poi è drammatico. Ho paura che sia il de Profundis del PD e non solo, spero di sbagliare.

    1. Non farei il processo a una battuta…
      L’obiettivo del PD è ben delineato da Antonio sin dalle origini. Per onesta intellettuale dobbiamo anche dire che la spinta propulsiva si è via via esaurita, con gruppo dirigente che ha solo gestito potere ed ogni possibilità di governo o sottogoverno. Io provengo da sinistra ma ho convintamente votato Renzi a suo tempo (errore che ancora mi tormenta…) e sostenuto Letta, anche se politamente piuttosto lontano dalla mia idea di partito di centrosinistra. Il loro fallimento è stato totale, di Renzi inutile approfondire; ma Letta ? E’ partito con il campo largo e come è arrivato alle elezioni ? Con il campo strettissimo, senza idee trainanti, se non sto cavolo di “agenda Draghi”: una cosa entusiasmante portare al governo i (post)fascisti con un margine ampissimo. Letta ha fallito, mi dispiace che sia andata così ma questa è la verità. Ci sono state le primarie che hanno dato un risultato. Non è quello degli iscritti ? Il PD può scegliere se farle le primarie, non è obbligato, ma se le fai le fai. Ora già si sparge il terrore che Elly sia troppo “di sinistra”, oddio oddio dove finiranno i moderati. Nessuno si è posto il problema opposto quando Renzi o Letta sono andati in segreteria. Troppo “di sinistra” ? Ma dove sono i moderati scusatemi. Come dice DeBenedetti nel suo libro “radicalità”, sono le proposte che devono essere chiare e nette, non si può SEMPRE come ha fatto il PD degli ultimi anni rimanere invischiati in mediazioni infinite senza arrivare a nulla. Nelle proposte “anche radicali” ci hanno superato M5S, Lega, FdI. Signori il mondo operaio magari ha tessera CGIL ma vota Lega, e FdI, perchè noi abbiamo balbettato sul salario minimo, sul reddito di cittadinanza, sulle pensioni, sul diritto alla casa e alla salute. Ma avevamo l”Agenda Draghi”…

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