Il caffè

Tra le nuove aperture approvate dalla Giunta in centro storico, quella di Starbucks ha scatenato le più aspre polemiche. Il problema tuttavia non è la catena di caffetterie americana ma l’opposizione, talmente vuota, moscia, vecchia e inconsistente, da attaccarsi allo sbarco in città del beverone americano per illudersi di esistere

di Mario Bovina, avvocato


Il caffè, per noi italiani, è tante cose: un rito mattutino, una scusa per fare due chiacchiere, una camuffata offerta corruttiva, il pretesto per una pausa, una “droga” leggera per darsi la carica, il motivo ispiratore di molte canzoni, il titolo di una scomparsa rivista letteraria… ma, soprattutto, un esercizio onanistico di capriccio acrobatico e fantasia sfrenata (dolce, amaro, alto, basso, ristretto, lungo, nel bicchiere, in tazza grande, americano, turco, corretto, freddo, in ghiaccio, shakerato e persino “sospeso”).

A Bologna, in aggiunta a tutto ciò, il caffè è anche motivo di furiosa opposizione al Sindaco in carica per avere il Comune approvato un progetto della catena americana Starbucks, multinazionale del caffè lungo, anzi lunghissimo, di apertura di un punto vendita in via D’Azeglio.

Le accuse? Favoritismo alla multinazionale, cedimento all’omologazione globalista, oltraggio alla bolognesità, contaminazione del centro storico, usurpazione di un luogo di cultura. Se non fosse che c’è da piangere, verrebbe da ridere.

Il progetto non è l’unico approvato, ce ne sono altri 15 di imprenditori medi, piccoli o piccolissimi. A Bologna, tra l’altro, gli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande, e i bar in particolare, appartengono quasi tutti a piccoli o piccolissimi imprenditori, pochi a medie imprese, pochissimi a grandi catene. Nel settore tutto c’è, al momento, tranne il pericolo dell’invasione delle multinazionali (assai più alto, invece, quello dell’infiltrazione delle mafie).

Quanto alla bolognesità (connotato tanto suggestivo quanto impalpabile e, in fondo, demenziale), il caffè – che, diciamocelo, a Bologna, mediamente fa schifo – non è certo uno dei rinomati vessilli petroniani (che cominciano tutti per T). Per non parlare del fatto che i bar in città sono ormai quasi tutti gestiti da simpatici cinesi. Caffè alla bolognese? Non pervenuto!

L’omogeneità del centro storico? Il centro storico non è omogeneo da un bel po’ di tempo (forse un secolo). Lo ha in parte distrutto la guerra, lo ha deturpato la ricostruzione, lo ha flagellato il boom economico, lo ha spazzato il turbinoso succedersi delle più diverse attività commerciali, lo hanno occupato le rivolte e i festeggiamenti, lo strangola oggi il turismo col suo proliferare di falsi locali tipici (meglio un falso locale tipico o un vero locale atipico?). Resta il fatto che il centro storico sopravvive nella sua bellezza e nel suo innegabile fascino, che non sarà certo una caffetteria Starbucks, là in fondo, a sminuire.

Quanto alla sofferenza per l’usurpazione di un locale adibito a libreria si tratta di una vera sorpresa da parte di una parte politica che, a Bologna, ha presentato in tutte le salse una candidata che non faceva mistero di aver letto tre libri in tutta la vita. In ogni caso la libreria (che era poi anche meno di una mezza libreria, visto che vendeva soprattutto computer, prodotti elettronici in genere, videogiochi, giocattoli e altro) si è spenta da tempo per problemi suoi e non per colpa dei sicari del caffè lungo.

In questa vicenda, in realtà, il problema non è Starbucks (Benvenga Starbucks! Viva Starbucks! Chissenefrega di Starbucks!), ma l’opposizione, talmente vuota, moscia, vecchia e inconsistente, da attaccarsi allo sbarco in città del beverone americano per illudersi di esistere.

Peccato, perché, come a qualunque potere, anche a quello che governa Bologna, un’opposizione intelligente farebbe bene!

Photo credits: Sorin Sirbu


5 pensieri riguardo “Il caffè

  1. Due brevi pensieri:
    1) perfettamente azzeccata la frase “proliferare di falsi locali tipici”. Cos’altro pensare quando in un locale un tempo valido ti siedi e nel menu non appaiono i tortellini un brodo bensì “tradizionali tortellini al ragù bolognese”?
    2) non è solo l’opposizione a opporsi alla multinazionale del caffe: anche molti residenti del centro storico sono rimasti perplessi per le nuove aperture di locali di somministrazione, nel timore che possano aumentare la movida notturna con conseguente disturbo al riposo in alcune zone del centro.

  2. Il problema non è tanto Starbucks il cui prodotto può piacere o non piacere, la sua apertura nel centro di Bologna mi pare essere più un problema culturale (e finanziario). Sappiamo che le multinazionali modellano sempre di più le città nelle loro abitudini commerciali e culturali. A Bologna basta farsi un giro per indipendenza e Rizzoli, non è diverso altrove. Non abbiamo potuto farci molto fino ad ora, il futuro non è dei piccoli negozi.

    Ma forse con il recente strumento autorizzativo ispirato alla difesa e alla valorizzazione del patrimonio Unesco qualcosa si può fare, e mi pare si stia facendo. Ma Starbucks nulla ha a che vedere con la valorizzazione delle caratteristiche specifiche della città storica comprese quelle della sua identità sociale e tradizionale legata ai caffè e alla ristorazione.

    D’accordo il caffè dei bar a Bologna è mediamente di bassa qualità ma con moltissime ottime eccezioni (Terzi, Gamberini, De Felicini, Aroma e altre decine), basta saperle scegliere, anche qui il problema è culturale. Poi non c’è bisogno di essere cinesi per fare un cattivo caffè. Con gli stratosferici affitti dei negozi del centro di Bologna nessuna impresa locale che punti alla qualità si può sognare di aprire un esercizio nei grandi e meravigliosi locali liberty che furono un secolo fa della pasticceria Rovinazzi. La stessa Mondadori, che li occupava fino a qualche anno fa con un grande negozio di libri e digitale, si è dovuta arrendere ai costi.

    Adesso arriva Starbuck a cui i grandi capitali non mancano e il cui marchio si pensa possa aggiungere qualche altro punto di modernità e internazionalità alla nostra città. In passato si era pensato lo stesso con le grandi catene di hamburger che erano riuscite ad aprire persino in Piazza Maggiore con tanto di insegne al neon. Poi per fortuna i cicli storici valgono anche per loro, resiste bene solo McDonald nei locali che furono del bellissimo e popolare Bar Cristallo, all’angolo tra Indipendenza e Ugo Bassi.

    Di buono Starbuck porterà forse un posto affollato dove incontrarsi e starsene un po’ a insieme senza birra e aperitivi. Di sicuro sarà un successo perché di ritrovi alcolici non se ne può più. Un’altra buona notizia è che il Caffè Pasticceria Gamberini aprirà presto alla stazione di Bologna.

    1. Pare che il negozio Starbucks sarà piuttosto “particolare”, da tempo la catena ha puntato non tanto a brandizzare un luogo ma al contrario ad “adattarsi” alla realtà locale: in questo caso ho letto di un negozio con spazi di coworking, di un progetto appunto un po’ diverso dal solito punto vendita, per questo ha ricevuto il nulla osta nella zona Unesco. Stiamo a vedere 🤷🏻‍♂️

  3. Il problema non può essere starbucks ma in un clima di proclami avanzano i controproclami per cui ad una Bolognesita’ posticcia è un po’ deteriorata si contrappongono nostalgie benaltriste. Mi va bene starbucks e non mi vanno bene taglieri e apericene, movida rumorosa e stereotipi di comodo. In questo clima proporrei invece un dibattito cittadino per la tutela della lasagna, rigorosamente verde e la riscoperta del fritto bolognese ormai degno di riscoperta archeologica.

    1. Vorrei sapere cosa rimane ancora da “brandizzare” a Bologna? E i cittadini saranno “brandizzati” in una brandizzazione collettiva o individuale?

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