«Difendere il centro storico non vuol dire farne un museo»

«Il compianto Philippe Daverio scrisse: “La borghesia ebbe grandissimi meriti per lo sviluppo della società, e però pure un difetto: cercò di distruggere tutto quello che vi era stato prima del suo avvento”. Ecco, a differenza della situazione attuale, a Bologna la sinistra, nel suo lungo governo della città, grazie anche a grandi personaggi con cui seppe dialogare, ebbe ben presente questa preoccupazione. Uno spirito che sembra purtroppo scomparso»

di Angelo Rambaldi, Bologna al Centro – L’Officina delle Idee


A Bologna, ma non solo qui da noi, a chi difende l’integrità della città storica viene lanciata l’accusa di voler fare del centro un immobile museo. Su questa accusa farei alcune osservazioni, per l’appunto, “storiche”.

Dopo la raggiunta unità d’Italia, se da un lato fu operato un necessario intervento di modernizzazione e igienizzazione, dall’altro, con sventramenti e abbattimenti sbagliati, si operò una sorta di isolamento e rottura nel tessuto urbano antico. Questo, spesso, in nome di un medioevo che esisteva, storicamente, solo nella fantasia di chi lo imponeva.

Si cercò di fare tabula rasa, non solo nell’urbanistica, della storia e dell’estetica della Bologna soprattutto fra ‘500 e ‘700 in nome della damnatio memoriae del Governi pontifici. Ignorando che i bolognesi, con la diarchia Senato cittadino-Legato, avevano inventato il federalismo e l’autonomia con cinque secoli di anticipo. E non mi riferisco al Rubbiani, che fu contrario a non poche scelte sbagliate fatte. Poi, nella ricostruzione post seconda guerra mondiale proseguirono altri scempi.

Attualmente nel Governo della città, il senso, l’identità, la storia di Bologna sono totalmente ignorati. Nelle amministrazioni comuniste e immediatamente post comuniste, grandi personaggi agirono, furono co-decisori e influenzarono positivamente il governo della città. Penso, fra i tanti, a Eugenio Riccomini, Andrea Emiliani, Pierluigi Cervellati. E pure ad altri. Ma anche a personaggi esterni all’Amministrazione. Come non citare l’opera di resurrezione di vari grandiosi siti conventuali a opera dell’allora Rettore dell’Università Fabio Roversi Monaco? Solo qualche esempio: la chiesa dei gesuiti, Santa Lucia, San Giorgio al Poggiale, San Giovanni in Monte, Santa Cristina. Oggi questo spirito appare purtroppo scomparso.

A parte gli errori del passato, il centro storico di Bologna – ha ragione Vittorio Sgarbi – merita il riconoscimento di Patrimonio Storico dell’Umanità. Quindi va difeso e preservato da inutili e controproducenti tentativi di modernizzazione.

Un giorno, il compianto Philippe Daverio scrisse: «La borghesia ebbe grandissimi meriti per lo sviluppo della società, e però pure un difetto: cercò di distruggere tutto quello che vi era stato prima del suo avvento».

Ecco, a differenza della situazione attuale, a Bologna la sinistra, nel suo lungo governo della città, grazie anche a grandi personaggi con cui seppe dialogare, ebbe ben presente la preoccupazione di Philippe Daverio. Con un termine in po’ provocatorio che amo usare, ora «nel Palazzo da un po’ di tempo “danno la linea” i “futuristi” alla pasta e fagioli»

Photo credits: Petr Slováček


Un pensiero riguardo “«Difendere il centro storico non vuol dire farne un museo»

  1. Condivido: purtroppo anche l’Ufficio Centro Storico che lo tutelava e controllava gli interventi edilizi e non solo oggi non esiste più.
    Inoltre, se ho ben capito, la scelta di estendere la tutela ha tutti gli edifici oltre i 50 anni ha derubricato il Centro Storico a centro della città riducendolo a una somma di edifici perdendo la sua unicità che era alla base della cultura citata nell’articolo.
    E’ significativo che il Comuna si sia accorto di un palazzo azzurro, dopo che fosse dipinto.
    Non sarebbe molto complicato ripristinare tali concetti, anche in riferimento alla crescita turistica che non è certo un male, ma rischia di essere come un bell’edificio senza servizi igienici, dopo poco diventerebbe invivibile
    ugo mazza

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