di Alberto Bertoni, docente, poeta, saggista
Cara condannata, gentile condannato a morte della Resistenza italiana, nessuno di noi nati dopo la fine della guerra da voi condotta e vinta contro fascisti e nazi a prezzo della vostra stessa vita può a testa alta interrogarvi perché nessuno di noi che abbiamo oggi settant’anni è morto per liberare gli altri, tutti gli altri dal regime più iniquo che mente umana abbia concepito E però, però anche in mezzo agli agi (o quasi) della classe media a cui noi più fortunati apparteniamo possiamo raccontarci come se fossimo tutti insieme attorno a un fuoco o in una stalla a riscaldarci di parole e a trasmetterci conforto, possiamo – dicevo – raccontarci e soprattutto raccontarvi qualche episodio di vita prigioniera protrattasi nel tempo liberato dalla vostra eroica Resistenza Io per esempio posso dire di un viaggio non troppo remoto su un treno veloce da Parigi centro verso l’enorme periferia che conta più di otto milioni d’anime non poche delle quali diseredate, ansiose, povere E adesso di colpo sono immerso nella banlieue del Mondo Alieno che poi è il mondo vero e immenso quando nel cuore del vagone sento vapori di sincero veleno dietro il velo delle donne e saluti o chissà cos’altro sussurrati negli smartphone dagli uomini ancestrali, mori annoiati estranei di gesti e di modi formali che ci prendono a pugni coi terribili sguardi da cui affiorano rottami discariche binari semiabbandonati in mezzo a scheletri-catorci di case dormitori… Vedo e non capisco, non ho diritto di parola ma solo il riflesso di cortili scarpe infangate calcinacci e crepe larghe come foglie mentre loro nelle loro bluse di pelli plasticate, loro sono colli taurini mani forse di assassini occhi che vengono a cercarmi e non sanno di cosa parliamo ma soprattutto cosa li passiamo a fare questi anni bastardi raccogliendo ognuno a modo proprio infimi dettagli di noi stessi e degli altri, ossessionati dai tanti ciarpami sociali e personali sui lungofiume di vite trascorse a girarci dall’altra parte, leggiadri indossando spazzature inutili e lunari Puri ciarpami noi stessi, in tasca due biglietti senza volere irregolari e in faccia questi nostri profili di topi benestanti (o quasi)