Lettera 7 – A Irma Bandiera, ad Agnese, a tutte le donne della Resistenza

di Loris Mazzetti, giornalista, regista, saggista, collaboratore di Enzo Biagi


Queste mie parole sono dedicate a Irma Bandiera e a tutte le donne che hanno combattuto nella Resistenza. Irma fu la prima ragazza a risvegliare in me, allora bambino di sei o sette anni, un forte sentimento di affetto, poi negli anni di gratitudine. È grazie a lei, e alle tante sorelle che, con il sacrificio della loro vita, ci hanno resi liberi dall’occupazione nazista e da più di vent’anni di dittatura fascista, portando l’Italia alla democrazia.

La mattina del 25 aprile, con mio padre Raffaele, mano nella mano, fermi e in silenzio di fronte al Sacrario di Piazza Nettuno. Mio padre è sempre stato di poche parole. Quel rito che si ripeteva ogni anno e che da piccolo non capivo, è stato più importante di tanti discorsi. Rappresentava la memoria: il dovere di non dimenticare. Su un fianco di Palazzo D’Accursio, dove venivano gettati i corpi dei partigiani uccisi dalle brigate nere per intimidire i bolognesi, in memoria dei martiri per la Liberazione dal nazifascismo, ci sono tante foto, più di 2.000, alcune di queste contornate da un filetto dorato a significare la medaglia d’oro al valor militare.

Tra tanti giovani patrioti vi è la foto di una bellissima ragazza con un sorriso stupendo, le labbra carnose accentuate dal rossetto, i capelli ben pettinati e lo sguardo rivolto verso l’alto. All’inizio la pensavo una santa, poi un’attrice dei telefoni bianchi: Irma Bandiera morta per la nostra libertà. Fu catturata il 7 agosto ’44 dalle SS, aveva appena fatto una consegna di armi a Castelmaggiore, poco fuori Bologna, e possedeva documenti cifrati. Irma era figlia di una famiglia benestante, era allegra, generosa, mai un eccesso, sempre molto ubbidiente, cresciuta coltivando ideali democratici, studiava all’università.

Dopo l’8 settembre ’43, quando bisognava decidere da che parte stare, lei scelse quella della Libertà, della Giustizia Sociale, di lottare contro i nazisti che occupavano l’Italia e contro le camice nere che avevano seguito Mussolini a Salò e che aiutavano i tedeschi a tenerla occupata. Si unì ai partigiani della Divisione “Bologna” VII brigata GAP “Gianni”. Fu staffetta e combattente, portava ordini, armi, informazioni e l’unica difesa era l’astuzia. 

Mimma, il suo nome di battaglia, non parlò per sette giorni nonostante le sevizie e le violenze inferte. Il 14 agosto, ancora viva, fu portata sotto casa dei genitori e quella camicia nera che non era riusciva a farle aprire la bocca neanche per un gemito, guardandola per l’ultima volta negli occhi, quegli occhi che per sette giorni lo avevano sfidato con disprezzo, le chiese di fare i nomi dei partigiani in cambio della vita. In risposta ebbe il suo sorriso, quel sorriso che è in quella foto incorniciata dal filetto dorato. Una raffica di mitra ruppe il silenzio del Meloncello, quei colpi arrivarono sino alla Basilica di San Luca, all’interno della quale è custodita la Madonna bizantina, quella che protegge Bologna e che, ogni anno, quando a maggio viene trasportata in città è festa per tutti, credenti e non

Uomini e no di Elio Vittorini, Il sentiero dei nidi di ragno di Italo Calvino, La casa in collina di Cesare Pavese, La ragazza di Bube di Carlo Cassola, Il partigiano Johnny di Beppe Fenoglio sono romanzi che ci permettono di ricordare e che dovrebbero appartenere all’adolescenza di tanti giovani studenti. Quello che preferisco è L’Agnese va a morire di Renata Viganò, bolognese con il sogno di fare il medico, costretta a interrompere gli studi al liceo perché la famiglia non aveva i soldi per farla continuare. Fu prima inserviente e poi infermiera e, dopo l’8 settembre ’43, insieme al marito diventò partigiana con il grado di tenente.                                                                   

La protagonista Agnese è un nome di fantasia ma la storia è vera come quella di Mimma e poi di Gabriella, Clotilda, Anuska, Ines, Livia, Norma, Rita, Modesta, Iris, Virginia, Gina, Carla, Paola, Vera, Tina e tante altre ancora. Ha scritto Renata Viganò: La morte girava lì intorno, si nascondeva nello scialle di Agnese, negli scarponi dei barcaioli, o nei capelli del mio bambino. In quel clima abbiamo vissuto diciannove mesi. Il corpo di Agnese non fu mai trovato, poco importa perché lei sapeva che il prezzo pagato con la sua vita ci avrebbe riscattato per il futuro e quei tanti e tanti nomi scritti nei sacrari di tutte le città, di tutti i paesi d’Italia, sono immortali e rappresentano la conquista della Libertà, per l’onore e l’indipendenza della Patria.

Sono trascorsi 78 anni dalla fine della guerra. Il 25 aprile è la festa di tutti, proprio di tutti, all’insegna dell’Antifascismo, nonostante i tanti tentativi dei governi di destra, ieri capitanati da Silvio Berlusconi, oggi da Giorgia Meloni, di riscrivere la storia. Quel periodo rappresenta l’inizio della nostra democrazia e poi la nascita della Costituzione italiana. Alla Presidenza del Senato vi è un politico, Ignazio Benito Maria La Russa, storicamente nostalgico del fascismo, per tradizione famigliare e per ideologia, da quando, nel 2008, fu nominato ministro della Difesa, sono stati tanti i suoi tentativi, spesso maldestri, di revisionismo, chiedendo di onorare i martiri della Repubblica Sociale, quelli che andarono a Salò, allo stesso modo dei partigiani che fecero la Resistenza. Di fronte alla morte bisogna avere sempre pietà ma le ragioni di quella morte non vanno e non devono mai essere dimenticate.

L’ultimo suo tentativo riguarda la causa che portò all’eccidio delle Fosse Ardeatine, marzo ’44, che, secondo il presidente del Senato, fu una delle pagine più ingloriose della lotta di Liberazione, perché i partigiani gappisti uccisero, in un’imboscata in via Rasella: non biechi nazisti delle SS ma una banda musicale di semi pensionati altoatesini, negando ciò che la storia insegna: erano nazisti del battaglione del Polizeiregiment Bozen che operava, durante l’occupazione di Roma, con funzioni di polizia sotto gli ordini di ufficiali delle SS, un battaglione che nell’agosto sempre del ’44 fu coinvolto in altre stragi come quella della Valle del Biois nel bellunese.

La cultura deve rimanere sempre al servizio della verità, non si può cedere sui principi, la nostra democrazia ha come fondamenta l’Antifascismo, il nazismo vuol dire 6 milioni di ebrei, omosessuali, zingari, Testimoni di Geova, fatti passare per il camino di Auschwitz o di Dachau; il fascismo l’applicazione delle leggi razziali contro gli ebrei; come si può dimenticare che le camice nere di Mussolini affiancarono le truppe tedesche, sotto il comando del feldmaresciallo Albert Kesselring, durante le stragi di Monte Sole, Monchio, Cervarolo, Vezzano, Conselice, Fossoli, Casola Valsenio, solo in Emilia-Romagna furono 1.002 con 4.800  civili innocenti, trucidati?

Sandro Pertini, partigiano, medaglia d’oro al valor militare, il più amato presidente della Repubblica, ha scritto parole indelebili: La Costituzione è un buon documento; ma spetta ancora a noi fare in modo che certi articoli non rimangano lettera morta, inchiostro sulla carta. La Resistenza continua.


Un pensiero riguardo “Lettera 7 – A Irma Bandiera, ad Agnese, a tutte le donne della Resistenza

  1. Ignazio La Russa ha accettato, in più occasioni e con diversi incarichi, di rappresentare la Repubblica Italiana, giurando sulla Costituzione nata dai sacrifici della guerra di Liberazione. Era distratto o giurava con la riserva mentale dei traditori, in tutto identico al Giuda che bacia Gesù dopo averlo venduto?
    Per la sua alterità rispetto alla Festa del 25 Aprile, se fosse uomo d’ onore dovrebbe dimettersi.

Rispondi