È inverno demografico in Italia. In Emilia-Romagna, per la maggiore capacità di attrazione dei movimenti migratori, nel 2070 la contrazione della popolazione in età lavorativa dovrebbe essere più contenuta, con un calo comunque di 506.500 persone tra 15 e 64 anni (-18,1% contro -31,2%). Su base provinciale, restringendo l’orizzonte di previsione al 2031, le uniche due realtà con variazioni positive dovrebbero essere Parma (+1.380 unità, +0,5%) e Bologna (+894, +0.1%). Numeri che fanno paura
di Gianluigi Bovini e Franco Chiarini, demografi
L’inverno demografico italiano è sempre più rigido: nel 2022 le nascite sono scese per la prima volta sotto la soglia di 400.000 unità (392.598) e i decessi sono stati molto più numerosi (713.495). I movimenti migratori con l’estero presentano un saldo positivo (228.816 persone), ma non sufficiente per impedire il calo della popolazione. Dal 2014 al 2022 le persone residenti nel nostro Paese sono diminuite di quasi un milione e mezzo e ci sono sempre meno giovani e sempre più anziani. Rispondendo su Twitter al messaggio di un utente che commentava il record storico negativo delle nascite, Elon Musk ha affermato provocatoriamente: «L’Italia sta scomparendo».
Quali saranno le conseguenze di medio e lungo periodo di queste tendenze sfavorevoli, che già oggi si stanno manifestando? L’Istat nelle sue previsioni 2021-2070 prefigura una forte contrazione della popolazione: al 1° gennaio 2070 le persone residenti nel nostro Paese potrebbero infatti ammontare a circa 47,7 milioni (oltre 11,5 milioni in meno rispetto al 2021, pari a -19,4%). Proseguirebbe il calo della popolazione giovanile e aumenterebbero ancora le persone più longeve, in età superiore a 79 anni. L’elemento più rilevante e inedito sarebbe però il crollo della popolazione in età lavorativa: le donne e gli uomini tra 15 e 64 anni scenderebbero infatti da 37,7 a meno di 26 milioni, con un calo di oltre 11,7 milioni (-31,2%). Quasi una persona su tre potenzialmente attiva potrebbe scomparire dal mercato del lavoro, con conseguenze sociali ed economiche di grande intensità e durata.

In considerazione della rilevanza di questi dati abbiamo realizzato uno studio, dedicato all’impatto dell’inverno demografico sul mercato del lavoro in Italia, in Emilia-Romagna e nella città metropolitana di Bologna, che è stato recentemente pubblicato da Pendragon con il titolo “Cercasi lavoratori”. La ricerca si colloca nell’ambito di un progetto di lavoro più ampio sugli impatti sociali ed economici delle trasformazioni demografiche, promosso dalla Fondazione Generazioni per la longevità attiva e la solidarietà intergenerazionale in collaborazione con Cisl e Cisl Pensionati dell’area metropolitana bolognese.
Lo studio ha approfondito il fenomeno della riduzione della popolazione in età lavorativa, confrontando le tendenze dell’Emilia-Romagna con quelle italiane e delle altre regioni sia nei decenni passati sia nei prossimi cinquant’anni. Con riferimento al periodo 2021-2031 abbiamo analizzato i dati delle previsioni di popolazione relativi alle nove province emiliane e romagnole; per la città metropolitana di Bologna abbiamo inoltre preso in esame lo scenario previsionale per il comune capoluogo e per sei comuni di dimensione superiore a 20.000 abitanti (Casalecchio di Reno, Castel San Pietro Terme, Imola, San Giovanni in Persiceto, San Lazzaro di Savena e Valsamoggia).
In sintesi si può prevedere che nei prossimi decenni in Emilia-Romagna la situazione potrebbe essere relativamente più favorevole di quella italiana, per effetto della maggiore capacità di attrazione nei confronti dei movimenti migratori interni e internazionali: nel periodo 2021-2070 nella nostra regione la contrazione della popolazione in età lavorativa dovrebbe così essere più contenuta, con un calo comunque di oltre 506.500 persone in età tra 15 e 64 anni (pari a -18,1% contro -31,2% della media nazionale).
Su base provinciale, restringendo l’orizzonte di previsione al decennio 2021-2031, le uniche due realtà con variazioni positive della popolazione in età lavorativa dovrebbero essere Parma (+1.380 unità, pari a +0,5%) e Bologna (+894 persone, pari a +0.1%). In tutte le altre province si prevede un calo di questo aggregato, con i valori assoluti e relativi più preoccupanti a Ferrara (15.712 unità in meno, pari a -7,5%). Le realtà territoriali con le contrazioni relative più accentuate dovrebbero essere Piacenza e Ravenna (entrambe con -2,9%), Reggio Emilia (-2,5%) e Forlì-Cesena (-2%).
Da un lato potrebbe significare che con tanti posti disponibili sia più facile trovare lavoro per le poche persone in età lavorativa.
Ma potrebbe anche significare che le imprese, non trovando personale in numero sufficiente a coprire i posti di lavoro disponibili, abbiano ancor più la tentazione di chiudere in Italia e spostare le attività dove c’è meno penuria di manodopera.