Il nuovo Museo Ottocento arricchisce l’offerta culturale della città

Lo scorso 20 aprile è stato inaugurato a Bologna, arricchendo ulteriormente la già vasta ed eterogenea offerta museale della città, il Museo Ottocento Bologna (Piazza San Michele 4/C, davanti a Corte Isolani). La sua direttrice è la giovane Francesca Sinigaglia e l’intento del museo è quello di documentare le principali correnti stilistiche del “secolo lungo”, seguendo il punto di vista degli artisti di area bolognese attivi tra il 1850 e il 1930 circa

di Sara Cosimini, storica dell’Arte


Il museo vanta il patrocinio del Comune di Bologna e si inserisce in un progetto di caratura nazionale, che vede già altri musei in essere a Ferrara, Livorno e Milano. Nel Museo Ottocento Bologna sono racchiuse le 85 opere tra dipinti a olio, acquerelli, disegni a matita e bozzetti, che costituiscono la collezione permanente.

Le opere sono distribuite in 12 sezioni espositive, altrettanto ripartite per nuclei tematici, seguendo un percorso chiaro e comprensibile. Le cinque sale del museo raccontano in modo semplice e scientifico le evoluzioni stilistiche della pittura felsinea, iniziando con quella accademica di metà Ottocento, per approdare alle ricerche sperimentali del pieno Novecento, attraverso le opere di artisti bolognesi come Giovanni Paolo Bedini, Luigi Busi, Fabio Fabbi, Mario De Maria, Alfredo Protti e molti altri.

Raffaele Faccioli, Le concerie di Via Capo di Lucca, s. d.

La pittura di storia (o accademica) è ben rappresentata, nella prima sala, dalla grande tela che racconta l’incontro immaginario tra i due artisti Cimabue e Giotto di Andrea Besteghi (1817-1869), uno degli esponenti di spicco della corrente emiliano romagnola del Romanticismo storico. Si prosegue con la corrente di pittura cosiddetta “pompeiana”, di moda all’epoca, che trova il suo maggiore interprete in Luigi Bazzani (1836-1927), grande amante e conoscitore di Pompei, conosciuto ancora oggi per i suoi acquerelli.

La terza sezione della prima sala approfondisce il periodo “Goupil”, che prende il nome dal mercante francese Alphonse Goupil, pioniere del ritratto in vesti tipiche del Settecento, passando in rassegna, tra le altre, le opere di Alfonso Savini (1836- 1908) e Giovanni Paolo Bedini (1844-1924). Proseguendo nella seconda sala, dalla pittura di storia si passa alla pittura dal vero, corrente che sfocerà poi nel Naturalismo, sviluppando una linea che marcia in parallelo a quella dei toscani Macchiaioli; qui si possono trovare opere come Le concerie di Via Capo di Lucca di Raffaele Faccioli (1845-1916), simpatica scena di vita quotidiana della Bologna dell’epoca, fino ad arrivare a opere di stampo decisamente naturalistico, come Campo di Grano di Luigi Bertelli (1858-1920), grande ammiratore della pittura di Corot e Millet.

Gino Marzocchi, Il processo a Morandi, 1950

La Belle Époque apre la terza sala, prendendo in esame il periodo storico in cui, seguendo la spinta di una poderosa rinascita economica che interessa tutta la città, emergono, tra gli altri, artisti come Fabio Fabbi (1861-1945), Augusto Majani (1867-1959) e Alfredo Savini (1868-1924). Attraverso i pennelli degli artisti si viene proiettati in un clima pieno di speranza nel futuro, fiducia nel progresso e benessere generale, tipico degli ultimi decenni dell’Ottocento. Esempio calzante di questo scenario è l’olio di Savini intitolato La raccolta delle albicocche, dove ciò che colpisce è l’atmosfera tanto serena da sembrare quasi idilliaca.

La quarta sala offre un panorama dettagliato della stagione simbolista, aprendo la sezione con L’alunna di Mario de Maria (1852-1924), rappresentazione per immagini della poesia La Luna di Gabriele D’Annunzio, e proseguendo con le opere di Augusto Sezanne (1856-1935), Raffaele Faccioli (1845-1916) e del già citato Fabio Fabbi. Proseguendo, arrivano gli artisti secessionisti, i quali, seguendo l’esempio di Vienna, Monaco e Roma, cercano una nuova strada che possa emanciparli dall’arte del passato: Carlo Corsi (1879-1966), Emma Bonazzi (1881-1959), Alfredo Protti (1882-1949), Guglielmo Pizzirani (1886-1971), Garzia Fioresi (1888-1968) e Giovanni Romagnoli (1893-1976). Un posto d’onore spetta a Emma Bonazzi, una delle rappresentanti più interessanti dell’Art Déco bolognese, che viene ben rappresentata con l’opera La Giovinezza (attualmente in prestito al Mart di Rovereto per la mostra Klimt e l’arte italiana), dove si percepisce in maniera netta l’influenza di Klimt e Schiele.

Interno del Museo Ottocento Bologna

La quinta e ultima sala rappresenta sia il punto di arrivo della pittura bolognese dell’Ottocento che il punto di inizio delle ricerche del Novecento (il Fin de siècle); qui trovano posto opere a tema religioso, come l’onirico Ecce Homo di Fabio Fabbi, in cui si percepiscono echi della pittura di Munch. Si trovano inoltre vari ritratti, come Il processo a Morandi di Gino Marzocchi (1895-1981), scena satirica in cui un’opera di Giorgio Morandi viene sottoposta a quello che a tutti gli effetti sembra un processo, che vede come imputati Giulio Carlo Argan, Lionello Venturi e Roberto Longhi (i critici militanti del XX secolo) e come giudici-accusatori i grandi maestri della storia dell’arte (Leonardo Da Vinci, Tiziano, Giorgione, Raffaello, Michelangelo, Perugino e Caravaggio).

Fabio Fabbi, Ecce Homo, 1899

Il Museo Ottocento Bologna è anche un centro di ricerca che, grazie ai già acquisiti archivio Fabio Fabbi e archivio Oliviero Contini, si prefissa un’importante missione: quella di promuovere attività di ricerca e formazione attraverso l’accoglienza di studenti universitari e l’organizzazione di studi sui fondi che detiene. Ogni anno, con i ricavi del museo, verrà assegnata una borsa di studio agli specialisti del settore per contribuire alla promozione delle loro attività e delle loro ricerche. Lo scopo principale del museo è quello di tutelare, conservare e promuovere, attraverso fondi artistici, librari e archivistici, l’attività degli artisti attivi a Bologna e dintorni, a cavallo tra XIX e XX secolo.

L’articolo è stato scritto per la rivista di CUbo – Circolo Università di Bologna, diretta da Massimiliano Cordeddu. In copertina: scena di vita famiglia bolognese (photo credits: Museo Ottocento Bologna)


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