Ateliersi: Fiorenza Menni racconta i prossimi progetti artistici

Intervista alla direttrice artistica dello spazio di arti performative di via San Vitale 69

di Sara Papini, operatrice della comunicazione


Oggi voglio raccontarvi di una delle realtà più notevoli del panorama bolognese, Ateliersi: un collettivo che opera nell’ambito delle arti performative e teatrali, occupandosi principalmente di produzione artistica; fluttuando tra la creazione di spettacoli, laboratori, performance, progetti editoriali e formazione.

Oltre a essere composto da molteplici soggettività, Ateliersi cura anche la vita artistica e culturale di un luogo fisico: l’Atelier Sì situato in via San Vitale 69. Lo spazio viene sfruttato su più livelli: sia dal gruppo che lo compone, al fine di realizzare e mettere in scena le proprie creazioni, sia da altri gruppi locali (attraverso la formula della divisione dei costi). Una condivisione che ormai è requisito estremamente importante e necessario per una città come Bologna, sempre più contaminata da associazioni e differenti realtà artistiche. Inoltre, Ateliersi diviene anche residenza artistica durante l’anno, ospitando ben quattro progetti differenti.

«Il collettivo agisce nel contemporaneo. Agire nel contemporaneo significa più cose: da una parte compiamo scelte estetiche precise come rifiutare alcuni canoni di costruzione, di relazione con i gesti, di movimenti e di grammatica. Dall’altra parte diviene proprio un posizionamento all’interno del sistema culturale italiano» mi spiega Fiorenza Menni, direttrice artistica di Ateliersi, durante una videointervista avvenuta qualche giorno fa direttamente da Napoli, luogo dove attualmente si trova, con parte del gruppo, per rielaborare e presentare ad Altofest il progetto Al cosmo, tratto dal libro Tra le rose e le viole di Porpora Marcasciano.

L’approccio della compagnia è estremamente innovativo. Il materiale che viene elaborato e trasposto in opera teatrale solitamente arriva, infatti, “dal reale”. Non accade spesso, mi specifica Fiorenza, che il gruppo lavori su opere che nascono specificamente per il teatro. Inoltre, gli spettacoli creati dal collettivo prendono quasi sempre vita da un’idea di progetto sonoro. In questo modo il suono finisce per essere concepito come ambiente: «È il luogo dove vogliamo che il pubblico stia, e poi introduciamo gli altri elementi tra cui le parole, i gesti e gli oggetti».

I prossimi progetti lanciati da Ateliersi partono da questo giovedì 15 giugno con l’ultimo appuntamento di Ascolto sottile, laboratorio di sperimentazione che vede convivere una pratica profonda di yoga condotta da Antonella Barberio e l’ascolto di alcune sessioni di suoni dislocate tra voce e strumenti. In questa occasione regina indiscussa sarà la musica elettronica di Vincenzo Scorza (compositore anche degli spettacoli prodotti da Ateliersi). «L’idea di fondo della pratica dell’ Ascolto sottile è che si possano condurre  le  persone a un ascolto più  profondo, tramite altre aperture». L’inizio è alle 18.45, in San Vitale.

Il secondo appuntamento estivo in città prevede una collaborazione con il Museo per la Memoria di Ustica, che debutterà il 19 luglio. Alle parole di Daniele Del Giudice verrà accostato lo sguardo di quattro giovani allievə francesi provenienti da Marsiglia e Parigi, dove Fiorenza va con regolarità a tenere corsi d’arte.

Sempre a luglio, infine, verranno esposte le fotografie dellə giovanissimə partecipantə al progetto Ti piacciono le foto che fai? guidato da Fiorenza all’interno del PON Metro del Comune di Bologna.

Questo percorso è partito dal desiderio di consegnare uno sguardo riflessivo a dellə ragazzə delle superiori, in modo che potessero applicarlo a una pratica ormai divenuta consueta nel loro quotidiano: quella della manipolazione dell’immagine mediante smartphone.

Le nuove generazioni, infatti, sono abituate al mondo dell’immagine e delle fotografie digitali. Eppure – come sottolinea Fiorenza – «quasi sempre non c’è nessuna relazione con la storia della fotografia, o con la fotografia professionistica, non c’è consapevolezza o relazione con i grandi fotografi, l’impegno a mettere in armonia gusto, creatività ed efficacia è certamente limitato, ma c’è. I soggetti e i contenuti di questi scatti sono strettamente correlati agli accadimenti intimi degli adolescenti o a quelli di gruppo, servono a fissare istanti della propria vita. Sono immagini che nel giro di poco possono essere cestinate o sono destinate a scomparire dopo 24 ore, ma qualche decina si conquista un posto negli archivi».

Ateliersi ha concepito allora un percorso totalmente differente per cercare di ribaltare alcuni «usi e  interpretazioni». Un percorso che vuol far incontrare «la pratica fotografica delle giovanissime generazioni con l’esperienza di un fotografo professionista, un fotografo artista: Stefano Questorio». Sotto la sua guida, lə ragazzə hanno fotografato molteplici realtà artistiche e sociali della zona di San Vitale, partendo proprio da Ateliersi per poi espandersi attraversando per esempio altre realtà come Làbas e Angelica, e raccogliere in questo modo centinaia di immagini. Restituendo a chi li ha ospitati un vero e proprio servizio professionale, e per questo verrà loro dato anche un compenso. «Hanno una loro sapienza dell’immagine» specifica Fiorenza.

Il progetto è iniziato ad aprile e si è concluso con l’ultimo giorno di scuola. Il gruppo è stato coinvolto attivamente a ogni passaggio, arrivando anche a partecipare alla creazione della bacheca finale degli elaborati per poi esporla: «Hanno deciso, insieme a Stefano, come stampare e in che modalità, a colori o in bianco e nero. Alcune foto sono anche state trasformate in polaroid. Hanno dimostrato anche in questo caso con i loro modi la loro autonomia di scelta e qualità di sguardo»

Una delle fotografie scattate durante il laboratorio

Alcune delle fotografie sono già visibili digitalmente sulle pagine Facebook e Instagram  di Ateliersi, ma a breve saranno esposte alla via, sui “muri del Sì”, trasportate in oggetti cartacei.

«I giovani di oggi non hanno l’abitudine all’immagine come oggetto» – e questo è forse uno dei punti più forti di scambio reciproco avvenuti durante il laboratorio – «raccontare cosa era la dinamica e tempistica del negozio che stampava le foto ha suscitato commozione» mi confessa Fiorenza. «Questi laboratori, così come altre iniziative simili riferite sempre ai più giovani, non prevedono un insegnamento classico docente-alunno, bensì una relazione paritaria, di scambio, noi abbiamo qualche anno e qualche conoscenza in più, loro ne hanno di diverse».

Capita anche in altre modalità e occasioni di lavorare con i più giovanə. A breve infatti verrà rielaborato e ripresentato in una scuola superiore un lavoro di Ateliersi, Freedom has many forms, che il festival PerAspera ha esplicitamente richiesto. Una sorta di lezione performativa-conferenza storica, dove il collettivo espone materiali, immagini e quant’altro legato alle scritte sui muri. Un lavoro molto ironico che ruota intorno a un pensiero preciso: il proprietario privato può offendersi, ma i muri sono i muri della città e come tali sono delle persone. Spesso infatti vi si trovano versi, “urla”, richieste. E «non esiste persona che non abbia letto molte di loro». Il progetto, nonostante abbia alcuni anni, è estremamente attuale e sempre pronto a vivificarsi e aggiornarsi con nuove scritte.


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