Istituto Seràgnoli: Scienza, valori e universalità

La struttura del Sant’Orsola è specializzata nel trattamento di mielomi, linfomi e leucemie. Cure che possono arrivare a costare anche centinaia di migliaia di euro, ma sono garantite a tutti dal servizio sanitario pubblico e da una équipe che crede nel diritto alla salute. I sostenitori politici e governativi del modello dei “tre pilastri” (pubblico, privato e assicurativo) hanno su che riflettere

di Giovanni De Plato, psichiatra e scrittore


L’Istituto di Ematologia “Lorenzo e Ariosto Seràgnoli” dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico S.Orsola-Malpighi di Bologna, è un centro di eccellenza nazionale e internazionale nello studio e nella cura dei mielomi, linfomi e delle leucemie.

L’Istituto è stato fondato da Sante Tura che con il sostegno e il finanziamento della Famiglia Seragnoli, grande benefattrice di servizi sanitari e sociali per la Città metropolitana di Bologna, ha permesso la nascita di servizi specialistici di alta qualità che in alcuni decenni hanno modificato l’esito dei tumori del sangue da “incurabili” a curabili, prolungando gli anni di sopravvivenza con una buona qualità di vita.

Attualmente il Dipartimento di ematologia è diretto dal professor Michele Cavo che ha favorito la formazione di un grande gruppo di ricercatori, circa mille e cento, che pubblicano i risultati delle loro ricerche nelle più prestigiose riviste scientifiche, elevando sul piano clinico l’efficacia dei trattamenti e gli esiti di salute delle cure. Tanto che il Dipartimento è stato riconosciuto come parte dell’Ircss (Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico) del Policlinico S. Orsola, grazie all’eccelsa professionalità dei molti ricercatori, dirigenti universitari e ospedalieri. Tra questi va segnalata la professoressa Francesca Bonifaci, che si occupa dei trapianti e in particolare delle cellule Car-T, che vengono prelevate, modificate e personalizzate in laboratorio e somministrate in infusione al paziente.

Questa terapia di ultima generazione segna davvero un salto epocale nella cura dei tumori ematici con un successo che raggiunge circa il 50% dei pazienti trattati. Va precisato che ogni infusione costerà circa 300mila euro e a oggi il servizio dipartimentale di Ematologia non è stato ancora autorizzato a produrre le cellule Car-T. In Italia solo il laboratorio del Bambin Gesù è attualmente riconosciuto, unico insieme ad altri pochi laboratori nel mondo. L’Istituto “L. e A. Seràgnoli” e il laboratorio diretto da Bonifazi sono già pronti a ricevere l’autorizzazione ministeriale per la produzione delle cellule Car-T, sperando intanto che il Servizio sanitario nazionale e regionale riconosca la gratuità del trattamento a tutti quei malati che ne avranno bisogno.

Sarebbe riduttivo finire qui la presentazione e il ruolo della professoressa Bonifazi. Perché in una recente intervista rilasciata all’edizione bolognese del quotidiano la Repubblica (domenica 9 luglio 2023) la ricercatrice dà una lezione di etica scientifica e di valori umani che ne fanno una grande testimone di quella scienza e di quella professionalità finalizzate all’universalità del bene salute per tutti, al di fuori di una logica di mercato e di profitto. A chiare lettere Bonifazi dichiara nell’intervista: «Non concepisco una sanità che non sia pubblica […] Non lavorerei mai in un ospedale privato» perché il sistema sanitario universalistico italiano, unico nel mondo, «si basa su criteri di grandissima giustizia sociale». Una scelta di campo di chi crede che la scienza sia al servizio di tutti e che tutti abbiano diritto alla migliore prestazione garantita dallo Stato, in particolare quando un singolo trattamento arriva a costare 300mila euro.

I sostenitori politici e governativi del modello dei “tre pilastri” (pubblico, privato e assicurativo) hanno su che riflettere. Dovrebbero assumere i progressi scientifici e le implicazioni operative come parametri di una politica volta a realizzare su base etica e umanitaria la miglior salute per tutte le singole persone e per l’intera società, superando la logica delle diseguaglianze nell’accesso alle più qualificate prestazioni (terapie ad alto costo) e delle discriminazioni (censo e risorse).

Quale gruppo privato è disponibile a farsi carico della ricerca ad alta tecnologia e a erogare prestazioni di alta specializzazione con elevato costo? Il privato può essere parte del sistema pubblico se sa qualificarsi come fornitore di servizi integrativi e non alternativi.

Quale assicurazione è disponibile a fornire una polizza quando si tratta di persone con malattie gravi che richiedono cure specialistiche con elevato costo in ogni fase della vita? La mutualità può integrarsi nel pubblico se non è sostitutiva di servizi sanitari ma sa garantire un’assistenza contro il rischio, la disabilità e la non autosufficienza.

Si tratta di capire che la ricerca medica avanzata e le tecnologie di ultima generazione (digitale e Intelligenza artificiale generativa) rendono il sistema sanitario pubblico unico nel garantire un futuro di qualità, di appropriatezza e di giustizia in medicina.


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