Bologna a 30 all’ora come Rosa Parks: «Siamo solo stanchi di subire»

C’è qualcosa che accomuna le parole dell’attivista simbolo del movimento per i diritti civili degli afro-americani e l’esperimento del sindaco. Il coraggio. Senza il quale non può esserci cambiamento. Fare come Bilbao, Helsinki e Toronto per ridurre la mortalità sulle strade è atto per il quale essere orgogliosi di Matteo Lepore. Nel 2022 sono state oltre tremila le vittime di violenza stradale e una di loro è mio figlio, investito e ucciso a Roma sul marciapiede. Preferisco andare in battaglia con gli idealisti, a costo di perdere. Francesco Valdiserri combatte con me

di Luca Valdiserri, giornalista, padre di una vittima della velocità


«Dicono sempre che non ho ceduto il posto perché ero stanca, ma non è vero. Non ero stanca fisicamente, non più di quanto lo fossi di solito alla fine di una giornata di lavoro… No, l’unica cosa di cui ero stanca era subire».

A qualcuno può sembrare esagerato usare le parole di Rosa Parks, l’attivista simbolo del movimento per i diritti civili degli afro-americani, per l’esperimento del sindaco di Bologna, Matteo Lepore, sulla città a 30 chilometri all’ora. In realtà c’è un particolare che accomuna le due situazioni: il coraggio. E senza coraggio non può esserci cambiamento.

Bilbao, Bruxelles, Londra, Helsinki, Toronto, Zurigo, Edimburgo, Grenoble, Graz. E, in Italia, le battistrada Cesena e Olbia. Sono tante le città ad aver sperimentato il limite di velocità ridotto che, ricordiamolo a chi si diletta con le fake news, non è mai sull’intera rete viaria: ci sono e ci saranno sempre strade a scorrimento più veloce.

Un recente articolo dell’Espresso ha messo insieme un po’ di numeri importanti: a Helsinki si è passati a una mortalità quasi azzerata nel 2019. Toronto ha ridotto di oltre due terzi la cifra di 2.172 pedoni uccisi nel periodo 2005-2016. A Edimburgo collisioni e vittime sono calate del 40% e del 33%.

Nel 2022 sono state oltre 3.000 le vittime di violenza stradale e una di loro è mio figlio Francesco, investito e ucciso a Roma, mentre camminava con un amico sul marciapiede. Possiamo ritenerlo un numero accettabile pur di continuare a guidare come abbiamo sempre fatto? Chi lo pensa dovrebbe avere il coraggio di dirlo in faccia a chi ha perso un figlio, una moglie o un marito, un amico. Lo stesso coraggio che non manca al sindaco Lepore, pronto anche a perdere il posto pur di salvare vite.

Il mio amico Giampiero Moscato, proprio su Cantiere Bologna, ha scritto che uno slogan “Bologna a 50, ora guai a chi sgarra” sarebbe stato più rassicurante in vista delle prossime elezioni (qui). Mi dispiace, ma non posso dargli ragione. A 30 km/h il pedone investito sopravvive nel 90% dei casi; a 40 km/h nel 70%; a 50 km/h nel 15%; a 60 km/h nel 5%; a 70 km/h e oltre ci vuole il miracolo. Francesco è stato investito a 80 km/h su una strada con limite a 50. La ragazza che lo ha ucciso aveva un tasso alcolemico tre volte più alto del consentito. Le era già stata ritirata la patente una volta per essersi rifiutata di sottoporsi a un controllo dell’alcol, ma in quella occasione non aveva investito nessuno.

Sento già il coro: chi non rispetta il limite dei 50 non rispetterà nemmeno quello dei 30. Sarebbe come dire che se non riusciamo ad arrestare tutti i ladri, allora dobbiamo lasciare liberi anche quelli che prendiamo in flagrante. Come ho scritto recentemente sul Corriere della Sera «se abbiamo causato un danno, usiamo volentieri il confronto vantaggioso: altri sono i veri problemi, non certo un’auto parcheggiata in doppia fila o sulle strisce pedonali. È sempre questione di un attimo, senza pensare che al raddoppiare della velocità gli spazi di frenata quadruplicano… Quasi tutti gli automobilisti che investono un pedone o un ciclista — dall’inizio dell’anno l’Osservatorio Pedoni dell’Asaps, Associazione Sostenitori e Amici della Polizia Stradale, conta oltre 200 vulnerabili uccisi sulle strade — raccontano negli interrogatori la stessa storia: “Non l’ho visto”. Hanno rimosso. Quello che non si chiedono è perché non l’hanno visto. Per eccesso di velocità? Per abuso di alcol o stupefacenti? Per distrazione? Non esistono strade killer o auto impazzite. Disumanizzare il responsabile dello scontro è una forma di disimpegno morale. È stato un oggetto a causare il disastro, non la nostra condotta».

Non sono un bolognese, ma un milanese trapiantato a Roma. Però vorrei essere un bolognese e sarei orgoglioso di un sindaco come Matteo Lepore. Preferisco andare in battaglia con gli idealisti, a costo di perdere. Come Rosa Parks anche io sono stanco di subire. E Francesco combatte con me.

Foto concessa dai genitori di Francesco, Paola Di Caro e Luca Valdiserri


2 pensieri riguardo “Bologna a 30 all’ora come Rosa Parks: «Siamo solo stanchi di subire»

  1. tutta la mia solidarietà e affetto a un altro genitore; é un problema sociale, che in Italia la cultura dominante considera in modo meramente fatalistico, e invece é tecnologia e comportamenti, che vanno gestiti considerando che la post a in gioco é la vita degli altri (oltre che la propria); altri Paesi (Svezia, Austria…) hanno dichiarato da anni tolleranza zero sulle strade

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