Cinquant’anni di storia non solo bolognese, che hanno fatto della kermesse al Parco Nord lo snodo di relazioni internazionali difficili e il porto sicuro della sinistra negli anni dello stragismo
di Aldo Bacchiocchi, già dirigente politico
Dopo 50 anni di amore, la Festa dell’Unità lascia dunque il Parco Nord. Forse è bene raccontare come e perchè cominciò questa storia che è d’amore vero, inteso come passione politica e impegno per la comunità.
Fu l’allora segretario del Pci bolognese Vincenzo Galetti a prendere la decisione di far svolgere al Parco Nord la Festa dell’Unità, ponendo fine alla fase “itinerante” della Festa che, dai Giardini Margherita alla Montagnola, ogni anno cambiava sede. Fondamentale fu l’impegno profuso dal mitico Vincenzo Martino, grande cooperatore che anche materialmente si occupò dell’installazione della Festa.
Proprio in quell’anno Mauro Olivi divenne segretario della Federazione, per impulso determinante di Galetti. Il sottoscritto, da qualche anno funzionario del Pci, stretto collaboratore di Galetti prima e di Olivi poi, prese consapevolezza di cosa significassero le Feste dell’Unità.
Colgo l’opportunità che mi offre Cantiere per far conoscere il ruolo di rilievo internazionale della Festa. Nel 1974 venne infatti deciso che la Festa sarebbe stata “nazionale”. Enrico Berlinguer volle che la Corea del Nord fosse invitata d’onore in quella edizione, per tentare di staccarla dall’influenza del Partito comunista cinese. Olivi si recò dunque in Corea per porre formalmente l’invito, che fu accolto. Il comizio finale di Berlinguer registrò una partecipazione straordinaria che rinsaldò la coesione del partito, evitando influenze “maoiste”. Qualche anno dopo, nel 1981, furono poi i cinesi gli invitati d’onore alla Festa bolognese. Da lì in avanti, la Festa ebbe non di rado il compito di fare inviti politicamente significativi ad altri partiti comunisti, sempre con la regia diretta di Giancarlo Pajetta.
Il 1974 fu anche un anno particolare, prodromico dello “stragismo”. Nell’agosto di quell’anno, infatti, ci fu l’attentato all’Italicus a San Benedetto Val di Sambro. Come Pci chiamammo a reagire le forze antifasciste. Il clima era molto teso e fu impedito a Virginiangelo Marabini, esponente della Dc bolognese e poi parlamentare dal 1976 al 1983, di parlare; Olivi riuscì, non senza fatica, a placare la folla.
Per finire una “primizia”. Forse alla Festa il 12 settembre verrà festeggiato il cinquantesimo anniversario dell’elezione di Mauro Olivi a segretario della federazione bolognese del Pci.
Un cinquantesimo pieno, dunque. Un passato glorioso è alle nostre spalle. Questo passato, da far conoscere, può oggi aiutare la sinistra a risalire la china.
In anni recenti la sinistra è stata spettatrice impotente del dilagare di una guerra, quella tra i penultimi e gli ultimi della società, che una destra a dir poco spregiudicata le ha mosso contro, finendo per devastarla. Si impone un riscatto e la Festa dell’Unità, anzi le Feste dell’Unità, possono essere, dal basso, l’avvio di una inversione di rotta.
In copertina: Renato Zangheri, accompagnato da Mauro Olivi e Aldo Tortorella, all’apertura della Festa dell’Unità 1974 (Photo credits: Dario Bellini/Fondazione Gramsci Emilia-Romagna)
Grazie ad Aldo per questo ricordo di una storia ricca e suggestiva
In quell’anno in cui Olivi divenne segretario noi del Manifesto cominciammo a entrare nel PCI.
Grazie Otello!