Andreas Gursky al Mast

La Fondazione (Manifattura di Arti, Sperimentazione e Tecnologia) accoglie nella sede di Via Speranza 42 le opere dell’artista, in quella che si presenta come la sua prima mostra antologica in Italia, dall’iconico titolo: Andreas Gursky: Visual Spaces of Today

di Sara Cosimini, storica dell’Arte


Nei suggestivi spazi del Mast, è possibile ammirare quaranta opere dell’artista, attraversando un arco temporale molto ampio che, partendo dagli esordi del 1987 e da fotografie come Krefeld, Hühner (1989), arriva ai giorni nostri, con il dittico V&R II e V&R III (2022), le due opere più recenti dell’esposizione. La mostra è curata dallo stesso Gursky e da Urs Stahel, noto critico e curatore che si occupa anche della rassegna Mast Photography Grant on Industry and Work (tra i riconoscimenti più importanti per la fotografia in Italia).

Andreas Gursky, V&R II, V&R III, 2022 (2009)

La grande retrospettiva celebra anche due importanti ricorrenze: i primi dieci anni della Fondazione Mast e i cento dell’impresa G.D. Quest’ultima fa parte di Coesia, gruppo di aziende che si occupa di soluzioni industriali e di packaging, di proprietà di Isabella Seràgnoli, imprenditrice, filantropa e fondatrice della Fondazione senza scopo di lucro Mast. Nonostante Coesia e Mast siano in apparenza due realtà completamente agli antipodi, con identità e funzioni differenti, hanno in comune un’idea fondamentale che, al contrario, le lega indissolubilmente: quella che cultura e lavoro siano componenti essenziali della vita di ogni individuo e che si alimentino vicendevolmente in un continuo e fecondo scambio.

Divenuto celebre in tutto il mondo per le fotografie di grande formato, Andreas Gursky ritrae un universo straniante, dove la presenza dell’uomo si percepisce, ma non è centrale; si può affermare, piuttosto, che le sue immagini siano il volto delle conseguenze (non sempre positive) dell’intervento umano sulla natura. La grande protagonista che si offre all’obiettivo del fotografo tedesco non è l’umanità canonica, ma l’Antropocene. Termine che ormai è divenuto piuttosto familiare per la generazione del nuovo millennio ed è entrato di recente nel nostro vocabolario, Antropocene è proposto proprio per designare l’attuale epoca geologica, nella quale l’essere umano con le sue attività, troppo spesso sconsiderate, è riuscito a modificare irrimediabilmente il territorio e il clima, arrivando a incidere sui processi geologici.

Andreas Gursky, Les MÇes, 2016

Un esempio calzante che ci mostra a pieno il significato di Antropocene è la fotografia di Gursky intitolata El Ejido (2017), che cita il nome della città spagnola caratterizzata dalla massiccia presenza di serre destinate alla coltivazione intensiva di ortaggi e frutta, più tristemente nota come “mare di plastica”. La mano di Gursky ci guida in questo viaggio nei paesaggi contemporanei, caratterizzati da importanti cambiamenti, dovuti anche a nuovi modi di intendere il mercato, dopo l’avvento dei grandi colossi economici contemporanei; il risultato è una serie di immagini, quasi seriali, che ci mostra in maniera fredda, ordinata e diretta come il mondo e la percezione che abbiamo di esso siano cambiati ed evoluti nell’era della globalizzazione.

Andreas Gursky, Salerno, 1990

In Salerno (1990), protagonista assoluto non è lo splendido litorale (come ci aspetteremmo) ma l’industria: in una distesa infinita e coloratissima, sfilano i container delle merci, pronti per essere imbarcati nelle grandi navi che attendono attraccate nel porto in lontananza. In questa immagine, il mare e la città sono solo un mero sfondo.

Oltre all’economia, le grandi multinazionali che dominano la nostra cultura hanno portato dei significativi stravolgimenti anche sul territorio e sullo spazio pubblico, influenzando profondamente il tessuto urbano e la sua logistica d’insieme. Le aziende come Amazon o Apple hanno modificato il concetto di fare acquisti, con un sistema progressivamente più comodo, economico, veloce e sempre pronto ad assecondare le crescenti esigenze del consumatore. Tutto ciò va a discapito delle piccole aziende, irrimediabilmente costrette a chiudere sempre più spesso. Purtroppo, a farsi da parte sono anche le aree pubbliche e quelle verdi, obbligate a cedere il passo a industrie e centri commerciali, ormai onnipresenti.

Andreas Gursky, Tokyo Stock Exchange, 1990

Le immagini astratte e surreali di Gursky ci parlano pacatamente di questa nuova umanità frenetica e veloce; in Tokyo Stock Exchange (1990), nella sua tipica ripresa dall’alto, ci rende partecipi di una classica giornata di lavoro alla Borsa di Tokyo, dove il singolo si perde e scompare nella massa. L’obiettivo di Gursky non si limita solamente a catturare l’alienazione dell’individuo nella società contemporanea; attraverso l’uso sapiente di colori, luci e contrasti (tutti fattori che contribuiscono inoltre a rendere ogni sua fotografia elegante e lineare), l’artista è in grado di catturare l’essenza della bellezza che si nasconde dietro ai grandi stravolgimenti che coinvolgono tutti noi da vicino.

Andreas Gursky, Kamiokande, 2007

In Kamiokande, l’architettura è protagonista assoluta: la fotografia, scattata nel 2007 in Giappone, a 1000 metri di profondità, sotto il monte Ikeno, mostra l’interno del Super-Kamiokande, una struttura sotterranea costruita appositamente per osservare il comportamento dei neutrini, delle particolari particelle subatomiche che interagiscono di rado con altre componenti di materia e perciò molto complicate da studiare. La composizione della scena è occupata quasi totalmente dall’architettura affascinante e misteriosa dell’osservatorio, rivestito da una moltitudine di sfere dorate che, specchiandosi nell’acqua sottostante, creano un gioco ipnotico di riflessi e sovrastano quasi completamente le minuscole figurine che galleggiano sui canotti. Focalizzando l’attenzione sul tema della scala, Gursky ci mostra come l’essere umano finisca molto spesso con l’essere intimidito dalle dimensioni delle sue stesse creazioni, indagando un Sublime industriale tutto contemporaneo e in fondo, vicino a quello sperimentato dal Viandante di Friedrich di fronte alla potenza incontrollata della natura più selvaggia.

Andreas Gursky nasce a Lipsia nel 1955 e approda alla fotografia già dall’infanzia, grazie al padre fotografo commerciale. Durante gli anni dell’università frequenta i rinomati corsi prima di Otto Steinert e poi dei coniugi Bernd e Hilla Becher, approfondendo sempre più la dimensione seriale dell’immagine. Nonostante sia noto principalmente per le immagini di grande formato, i suoi primi successi li raggiunge con immagini di dimensioni medio-piccole, incentrate su panorami e luoghi di relax. La fama internazionale arriva nel 1988, quando espone le sue opere nella prima personale al Milwaukee Art Museum, nel Wisconsin.

Andreas Gursky, Rhein II, 1999

Oggi, Gursky è il fotografo più pagato al mondo e le sue opere hanno raggiunto cifre stellari: nel 2011, Rhein II (1999), viene battuta all’asta da Christie’s per la somma record di 4.338.500 dollari, superando il primato già stato suo nel 2007, quando 99 Cent II Diptychon (2011) viene venduta da Sotheby a 3.346.456 dollari.

La mostra Andreas Gursky: Visual Spaces of Today è visitabile fino al 7 gennaio 2024 e partecipa, in accordo con l’artista, alla raccolta fondi “Un aiuto per l’Emilia-Romagna”, per fornire un sostegno alle popolazioni colpite dalla rovinosa alluvione che ha afflitto l’Emilia-Romagna nella scorsa primavera. Un motivo in più per correre a visitarla.

L’articolo è stato realizzato per la rivista di CUBo – Circolo Università di Bologna, diretta da Massimiliano Cordeddu


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