Come il mutamento del nuovo lavoro impatta sui lavoratori

La costruzione di un percorso di conoscenze al servizio dei lavoratori, delle imprese e dei policy maker, per il futuro prossimo. L’autore ci porta a riflettere sui cambiamenti in atto nel mondo del lavoro industriale nei prossimi anni nei nostri territori – Parte quarta

di Maurizio Morini, esperto di Innovazione Applicata, ricercatore sul Lavoro del Futuro, direttore di DataLab


È fondamentale da subito investire ed innovare per preparare i lavoratori con le nuove competenze richieste, in ragione dei cambiamenti tecnologici in atto. Il tema non è solo della singola impresa, è globale e sociale, quindi subentra il tema: chi se ne occupa? Chi investe al riguardo? Chi avrà, di conseguenza, accesso al processo educativo? Quale modello sarà più efficace per aiutare i lavoratori a perseguire gli obiettivi di soddisfazione personale e di efficacia per le imprese?

Queste domande richiedono una rapida risposta e ancora più veloci appelli ad agire per non dover affrontare in futuro un rilevante problema non solo economico ma soprattutto sociale.

Secondo gli studi internazionali, confermati dalle nostre analisi e dagli approfondimenti qualitativi, per essere allineati con le prossime esigenze delle imprese e dei mercati, oltre la metà dei lavoratori attuali avrà necessità di significativi interventi di re-skilling, ovvero di riqualificazione o aggiornamento professionale. Addirittura, nel caso di un terzo degli occupati interessati (ovvero del 54%), si stima che tale attività richiederà il 12,5% del tempo totale di lavoro (sei mesi su quattro anni dal 2019 al 2022), mentre per il 10% dei lavoratori coinvolti potrà essere necessario un tempo di re-preparazione di almeno un anno (25% dal tempo preso in esame). In tutti questi casi sarà richiesto un impegno su varie forme di tecnologia e programmazione.

Anche per coloro che sono coinvolti in trasformazioni a principale valenza tecnica, tematiche quali resilienza, flessibilità, problem solving per situazioni complesse, intelligenza emotiva, applicazione degli adeguati livelli di leadership, saranno centrali nell’attività e dovranno essere oggetto dei programmi formativi.

Il ruolo dell’apprendimento online in tal senso può finalmente divenire decisivo e dev’essere stimolato ed organizzato dalle imprese e dalle istituzioni. L’istruzione online è stata annunciata come una tecnologia potenzialmente trasformativa per espandere l’accesso all’istruzione superiore e professionalizzante, perché riduce i costi di consegna e rimuove i limiti di capacità. Quote crescenti di studenti universitari nel mondo hanno frequentato almeno un corso online durante la carriera universitaria, nell’ultimo decennio, e tale tendenza è destinata a triplicarsi. Lo stesso paradigma si dovrà applicare alla formazione degli adulti ed a quella aziendale a vario livello, il tutto favorito dal fiorire di piattaforme utili allo scopo, anche nei nostri territori.

Infine, sarà fondamentale promuovere l’autoformazione dei lavoratori, e l’innovazione nei sistemi d’impresa per integrare i lavoratori nel processo di evoluzione complessivo.

Per promuovere le tipologie di innovazioni che integrano i lavoratori, sarà importante sostenere gli investimenti del settore privato in capacità organizzative che aumentano la produttività aumentando il know-how (organizzazioni esponenziali). Le imprese traggono vantaggio dall’uso delle nuove tecnologie solo dopo aver fatto investimenti sostanziali in sperimentazione, formazione e standardizzazione per integrare questi strumenti nel loro flusso di lavoro e sviluppare competenze complementari nella loro forza lavoro. Tale percorso non potrà essere appannaggio solo delle imprese maggiori, anche quelle di minori dimensioni dovranno seguirlo; a questo proposito la effettiva messa a terra dei progetti di reti d’impresa assume ruolo assolutamente indifferibile, cruciale per il sistema economico italiano e nello specifico emiliano-romagnolo.

Un aspetto di ulteriore rilievo è quello legato alle tecnologie ed all’impatto che possono avere anche sui territori periferici. Ad esempio, le nuove connessioni 5G potranno effettivamente conferire nuove opportunità anche per i territori della montagna e della pianura più lontana, grazie all’aumentato livello di connettività.

Questo avrà però relazioni ulteriori sul lavoro delle persone e sulla gestione relativa, con impatti tutti da verificare.

In conclusione, possiamo ben sostenere che ci troviamo sulla cuspide di una rivoluzione tecnologica, operativa e gestionale. Solamente per l’impatto dell’intelligenza artificiale e della robotica questa rivoluzione può rivelarsi trasformativa per la crescita economica e il potenziale umano. Naturalmente, altre forze oltre alla tecnologia daranno forma alla natura del lavoro, alle opportunità per i lavoratori e alle condizioni di vita per la stragrande maggioranza delle persone in tutto il mondo; sfide fondamentali, come il clima e l’ambiente, per citare solo un esempio saliente, potrebbero fondamentalmente riordinare i termini e i parametri in base ai quali economie, governi e società opereranno nei decenni a venire.

Per iniziare a fare meglio, tuttavia, dobbiamo prima capire che la sfida di oggi, e probabilmente quella di domani, non è identificabile nel tema esclusivo della quantità dei posti di lavoro. Saranno la qualità e l’accessibilità dei posti di lavoro che esisteranno e le traiettorie di carriera che offriranno ai lavoratori, in particolare a quelli con meno istruzione.

E dobbiamo anche capire che non ci sono bivi o strade alternative. C’è una sola, chiara strada maestra da perseguire: quella del coinvolgimento globale di tutti gli attori potenzialmente coinvolti, quindi lavoratori, imprenditori, operatori della formazione pre e post lavoro, policy maker, in un “disegno” concertato di sviluppo integrato, perché questa volta più che mai o si vince “globalmente”, o si perde in ogni frangente, con conseguenze economiche, sociali e politiche potenzialmente nefaste.

Affrontare questa sfida significa incanalare il progresso tecnologico e accompagnare, anche politicamente, la crescita della produttività in un più strutturato mercato del lavoro e dello sviluppo economico che offra insieme distribuzione più equa del reddito e sicurezza per tutti i protagonisti coinvolti. (FINE).


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