Baby sitting, Stato assente

Come lo Stato (al contrario del Comune) NON aiuta le famiglie che vogliono fare le cose in regola

di Daniele Cordella


Sono un neopapà di una bellissima bimba di poco più di un anno. L’anno scorso, essendo la bimba nata prematura, abbiamo deciso di non iscriverla al nido per il primo anno, dato che era davvero piccola e aveva avuto qualche piccola difficoltà iniziale (per fortuna superata poi benissimo) ma di tenerla a casa con una baby sitter, avendo a disposizione un piccolo risparmio dato dal residuo della vendita di una casa.

Abbiamo anche sfruttato il contributo dato dal Comune di Bologna, con il progetto “Tata Bologna”, che ho molto apprezzato, e che prevede il versamento da parte del Comune di una piccola somma mensile che copre quasi interamente i contributi INPS.

Naturalmente, per accedere a questo contributo, la babysitter deve essere assunta in regola, cosa che ovviamente ho fatto (e che avrei comunque fatto perchè lo ritengo corretto nei confronti di chi presta la sua attività lavorativa per me e per la mia famiglia in modo continuativo).

E’ chiaro che in questo modo il costo del lavoro della babysitter è molto consistente, ma un plauso va comunque da parte mia al Comune di Bologna, che mette davvero a disposizione un contributo concreto per i suoi cittadini.

Ma se ci spostiamo a livello nazionale, tutto cambia…

Succede che, nel mese di gennaio, la nostra babysitter si ammala, e naturalmente il contratto collettivo prevede che sia regolarmente retribuita nei giorni di malattia. E tutto questo è giustissimo.

Vengo però a scoprire, in quell’occasione, che i giorni di malattia non sono a carico dell’INPS (come avviene per qualsiasi lavoratore dipendente), ma del datore di lavoro!

Questo crea il surreale paradosso che un’azienda è sollevata dal pagamento del lavoratore in malattia, mentre una famiglia (che ha ovviamente una capacità economica molto inferiore di quella di un’azienda) deve pagare sia la collaboratrice assente per malattia sia, ovviamente, il costo di un’eventuale sostituta!

A quel punto mi sono davvero fatto delle domande: come può uno Stato, in grossa crisi demografica, essere così ostile ai cittadini con figli, e soprattutto ai suoi cittadini che cercano in tutti i modi di fare le cose in regola? Può mai essere così oneroso per l’INPS pagare i giorni di malattia delle collaboratrici domestiche?!

Come posso io avere fiducia in uno Stato che, a parole, vuole aiutare le famiglie, ma poi di fatto cade in queste contraddizioni così forti? In questo momento in cui le scuole sono chiuse, e il peso sociale di questa decisione è altissimo – la mia stessa babysitter ha un figlio che non sa dove mettere, e io e la mia compagna facciamo da quindici giorni i salti mortali per non lasciare nostra figlia da sola alternandoci con i permessi dal lavoro – ci deve essere un supporto di qualsiasi genere, sia esso economico (estensione eccezionale dei congedi parentali retribuiti, magari anche solo al 50% della retribuzione?) o di ammortizzazione sociale dei costi (una babysitter viene pagata con voucher direttamente dall’INPS, magari con una cifra oraria definita e un tetto massimo di ore giornalieri?).


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