Cronaca di un servizio televisivo consentito dal decreto: passando per autostrade vuote, ma invase dagli uccelli, dalla via Rizzoli splendida e agghiacciante alla Ghirlandina abbacinante, dal Castello Estense formato De Chirico alla casa di Andrea Costa e poi in via Galla Placidia in San Vitale, provando il brivido da socialismo reale di un Camogli solitario all’Autogrill
di Giovanni Volpe, architetto
La proposta mi aveva sulle prime lasciato interdetto. Saltare in automobile e raggiungere i maggiori centri della regione a riprendere dall’alto le piazze desertificate dalle misure anti Covid-19. Pareva uno dei lavori più interessanti che mi avessero commissionato da quando piloto droni, ma pensare di metterci mano adesso, in piena emergenza, sembrava paradossale.
E invece no. Codici Ateco alla mano, le “Attività di produzione cinematografica, di video e di programmi televisivi” è compresa tra le attività elencate nel decreto della presidenza del Consiglio del 22 marzo scorso come “essenziali” e che devono e possono continuare anche durante lo stato di emergenza.
Si può fare. Le carte necessarie sono molte. Prima di partire stampo lettere di incarico per me e collaboratori, Pec di preavviso a prefetti, sindaci e questori, nulla osta per il sorvolo delle zone proibite (a Bologna e Ravenna in centro ci sono carceri e non si sorvolano senza autorizzazione) e, dulcis in fundo, autocertificazione compilata.
Piano di lavoro ambizioso: un giorno per Bologna, uno per Modena e Ferrara, un altro per Imola, Cesena e Ravenna. E solo cinque batterie a disposizione, ciascuna buona per 8 minuti di volo. Non c’è da scialare.
Bologna. Via Rizzoli è splendida e agghiacciante. Sembra una scena de “L’ultimo uomo sulla terra”. Ci guardiamo sconcertati, ma le immagini sono entusiasmanti. Un addetto alla centrale per le dirette mobili di Sky Tv si avvicina e mi avverte: “Tra dieci minuti accendo la trasmissione via parabola, sono microonde, se ci passi davanti col drone te lo frigge” (sic!). Noto che l’antennone che esce dal suo furgone è puntato verso Palazzo dei Notai… Fa lo stesso effetto sulle persone? Sorvoliamo, come fossimo un drone.
Alle dieci e mezzo il primo controllo. Un’auto dei vigili urbani ci ferma. A bordo due agenti, con mascherina ma seduti uno a fianco all’altro. Che stiamo lavorando si vede, no problem, ma ci hanno visti troppo vicini. Mantenere le distanze prego. Ritirano la mia autocertificazione. Due giorni dopo verrà verificata presso il committente, che conferma il mio alibi. Per fortuna, perché se no scatta la sanzione.
Non appena mi tolgo la pettorina ad alta visibilità d’ordinanza per i piloti, una pattuglia della Squadra mobile ci interpella in via Zamboni. “Buongiorno. Dove andiamo?”. La pettorina è il vero lasciapassare, testimonia che non sei in giro per diletto.
In piazza Minghetti si ferma un’auto civetta di poliziotti in borghese. Ma più che per curiosità verso il drone che per altro. Invece un autista Tper ci vede e imbraccia il telefono notificando la nostra presenza. Agli autisti non piace che gli voli a fianco mentre guidano, ora lo so.
In via Rizzoli c’è un assembramento davanti a Unicredit. Saranno in coda per il bancomat, pensiamo. Macché. Nel passaggio coperto che entra nei palazzi si ritrova una piccola comunità di piccoli delinquenti. Uno scampolo d’emarginazione evidentemente sempre presente, ma che oggi spicca sullo sfondo del vuoto. Capannello sereno, senza mascherine o altro. Credo ci voglia altro per impensierirli. I dialoghi, perfettamente udibili nel silenzio assoluto della strada, sorprendenti: “Devi venire con me. Se no lui mi mette subito le mani addosso, lo sai come finisce. Se ci stai tu è diverso.” Da una decina di metri, verso le due torri, un altro grida “Tu sei un omm’e’ mme…! Un omm’e’ mme…! Capito hai?!?”. La risposta è certamente a tono ma in una lingua che non conosco.
Rotta per Modena e Ferrara. È venerdì. Carovane di camion tengono in piedi l’Italia. Siamo l’unica auto privata dell’A1. Il duomo di Modena è di un bianco più abbacinante del solito. La piazza deserta. Una camionetta dell’esercito gira a passo d’uomo senza interpellarci.
A Ferrara una provvidenziale panetteria aperta ci sfama lussuosamente. È confortante, l’emergenza nulla può contro le eccellenze della gastronomia italiana. Il Castello è immerso nel silenzio. Un De Chirico in scala 1:1. La metafisica entra nello spazio reale. Agenti di polizia ci squadrano annoiati mentre sfilano con la volante. Forse la Pec inviata al questore ci precede, o forse la pettorina che indosso ancora funge da lasciapassare.
Torniamo verso Bologna un po’ allucinati, con l’aria sconcertata di quando ci si risveglia bruscamente da un sogno.
Il tempo di riorganizzarsi e la domenica si riparte. Imola, Cesena e Ravenna.
Questa volta l’A14 è veramente deserta. È domenica, neppure i camion. Abbiamo la tentazione di fermarci a immortalare il momento. Una cosa incredibile: gli uccelli si riappropriano della sede stradale. Nel sole del mezzogiorno tortore, corvi, piccioni, gazze sono fermi in mezzo alla strada, tanto che devo spesso deviare per schivarli. Uno di loro purtroppo non ce l’ha fatta, ve lo confesso con tristezza, è finito a centotrenta all’ora contro il parabrezza. Ma ne abbiamo mancati parecchi per miracolo. Nella corsia di emergenza persino una coppia di fagiani.
L’Autogrill è aperto, con mia sorpresa. L’usuale labirinto di merci è transennato. Si entra e si esce dalla stessa porta. La bacheca dei panini ricorda scene di alto socialismo reale: un solo panino per ogni tipo. Mai visto prima un Camogli solitario. Il sapore del caffè del bar! Ma in bicchierino di carta, e da consumare rigorosamente all’esterno.
Imola ha tradizioni granitiche. Avvicinandoci a piazza Matteotti nel silenzio della via Appia una lapide ci ricorda la casa dove nel 1851 è nato Andrea Costa, “apostolo del socialismo”. In uscita attraverseremo la rotonda intitolata, dal 2013, ai “Lavoratori ingiustamente licenziati”. E vai così. Inspiegabilmente, proprio in piazza Matteotti il Caffè Bologna è aperto, e sonorizza l’augusto spazio con gli altoparlanti del suo dehor deserto. Ci propina i Bee Gees con volume a manetta. Ecco che nell’atmosfera straniante del lockdown si svolge l’imprevisto confronto tra i Fratelli Rosselli (è qui che ha sede la Fondazione) e i fratelli Gibbs.
A Cesena abbiamo riprova dell’alacrità romagnola. Le riprese sono spesso “sporcate” da furgoncini che in pieno centro provvedono ad attività varie. La polizia municipale ferma le pochissime persone in giro, per lo più in cerca di distributori di sigarette funzionanti.
Ravenna infine. E, pur lavorando, gustiamo il privilegio di goderci in beata solitudine le vestigia dell’Impero d’Oriente, baciate dal sole nella “golden hour” delle riprese video. La viuzza Galla Placidia, che costeggia il sito di San Vitale, è normalmente affollata di turisti. Oggi ci regala momenti da sindrome di Stendhal.
Io che ho pilotato sono stanco morto, ma i miei soci hanno talmente poca voglia di rientrare in clausura che meditano su fermate extra dove godersi ancora un poco di libertà. Ma la realtà richiama all’ordine. Ci ricongiungiamo all’A14 attraverso lo svincolo che le domeniche di aprile è normalmente teatro di ingorghi fantozziani. Non oggi. Di nuovo, nessuno in vista a perdita d’occhio tranne le nostre due macchine che viaggiano in fila, scomodando la serie infinita di coppie d’uccelli che si riprendono lo spazio temporaneamente disertato dai simpatici umani.
Arrivati di fronte a casa scendiamo per salutarci e ci becchiamo l’ultimo controllo. Il giovane carabiniere minaccia di quattrocento euro di multa la compagna del mio produttore, che incautamente si è sporta fuori di casa. “Glielo spieghi lei, che forse ce riesce”, mi dice. Mah.
Comunque è andata bene. Queste giornate non ce le scorderemo mai.