Buoni spesa, come si usano? Serve chiarezza prima possibile

Non è ancora chiaro come siano utilizzabili i voucher distribuiti dal Comune di Bologna alle famiglie in difficoltà per la crisi da pandemia. Ogni supermercato di fatto ha sue modalità di accettazione. In qualche caso basta averli scaricati sul cellulare, in altri è pretesa la loro stampa, non molto agevole per chi non ha stampanti a casa, dato che molte copisterie sono chiuse. Dal municipio filtra un primo commento: forse il problema sta nella distinzione tra buoni pasto e buoni spesa. A questo punto è il caso di chiarire pubblicamente e definitivamente

di Michele Mastandrea, praticante al Master in giornalismo dell’Alma Mater


È caos sui buoni spesa del Comune di Bologna. Le catene della grande distribuzione organizzata stanno infatti interpretando in modo differente le regole di utilizzo dei voucher, emessi dalla giunta in favore dei nuclei familiari più in difficoltà. Con il risultato che non pochi disagi si sono verificati in questi primi giorni di utilizzo dei buoni.

La mancanza di chiarezza riguarda numerose questioni. In primis, la necessità o meno di stampare i buoni al fine dell’utilizzo. I voucher infatti arrivano tramite file pdf, che riportano alcuni codici a barre. Nel file è scritto che “non è ammessa nessuna forma di ritiro manuale non informatizzato di questo buono”.

Molte persone hanno però fatto ore di fila per poi sentirsi dire che il voucher non si poteva utilizzare se non stampato. Con molte copisterie e internet point chiusi, non tutti hanno del resto la possibilità di stampare i buoni a casa. Abbiamo provato a verificare negli scorsi giorni con una serie di telefonate. All’Esselunga Santa Viola, alla Coop di via Manin, alla Pam di piazza dell’Unità, chiedono esplicitamente di portare il buono stampato. Per la Conad di via Sant’Isaia e l’Eurospar di via Stalingrado, invece, i buoni vanno benissimo anche utilizzati da smartphone.

Controversie esistono inoltre in merito alla modalità di utilizzo dei buoni. I differenti supermercati impongono quasi tutti delle limitazioni agli acquisti. La Pam di piazza dell’Unità prevede che possano essere usati solo per i beni alimentari, escludendo generi di prima necessità come carta igienica o detersivi, shampoo e docciaschiuma, pannolini per i bimbi. All’Esselunga Santa Viola si possono prendere solo prodotti alimentari, alla Conad di via Sant’Isaia invece sono esclusi i beni in offerta ma si può comprare tutto. Alla Coop di via Manin, invece, si possono usare su tutta la spesa. All’Eurospar di via Stalingrado si possono comprare tutti gli alimenti e i beni di prima necessità, i prodotti per infanzia, i pannolini, i farmaci da banco, i prodotti per l’igiene personale e per la pulizia della casa, ma non gli alcolici. Un divieto strano se si pensa che nell’elenco dei luoghi dove spendere i buoni fornito dal Comune sono presenti anche enoteche.

Alla base degli equivoci potrebbe esserci la convenzione firmata dal Comune con la Società Day per acquisire i buoni spesa. Questa è una nota azienda attiva soprattutto nel campo dei buoni pasto. La confusione tra buoni pasto e buoni spesa potrebbe aver portato alcuni esercenti a interpretare questi buoni spesa similmente ai buoni pasto tradizionali. Questi ultimi, essendo emessi in relazione al pranzo durante una giornata di lavoro, possono essere sottoposti a limitazioni che non dovrebbero valere in questo contesto. Basti pensare alle difficoltà per chi non ha ancora ricevuto i 600 euro dell’Inps (o che magari neanche ne ha diritto) e che si trova a non poter comprare la carta igienica, pannolini per i figli o bagnoschiuma tramite i buoni.

Ma qual è la regola a cui i supermercati devono attenersi? Un’operatrice della linea telefonica attivata dall’area Welfare del Comune, contattata per avere spiegazioni in materia, ha risposto che si prenderà carico della segnalazione e che risponderà prima possibile via mail. Aggiungendo che, con tutta probabilità, è proprio la distinzione fatta dai supermercati tra buoni pasto e buoni spesa ad essere all’origine dei problemi che si stanno verificando. Va segnalato che la risposta parziale è arrivata solo dopo due giorni di tentativi, fatti via telefono e via mail. Quanta altra gente sta cercando di ottenere spiegazioni? Da parte del Comune, è forse il momento di emettere una circolare che faccia chiarezza, e possa essere esibita ai supermercati in caso di bisogno.

L’articolo di Michele Mastandrea è stato originariamente pubblicato su InCronaca, testata del Master in Giornalismo dell’Università di Bologna, il 15 aprile, e aggiornato per Cantiere Bologna alle ore 12 del 17 aprile


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