Una festa della Liberazione senza incontri. Un fatto inimmaginabile è accaduto e oggi ci sentiamo più soli. Perché è insieme che si può migliorare: pensando alla dimensione europea nata a Montesole ma progettata a Ventotene, o cercando di identificare chi è ancora oggi lì a Resistere. Non saremo liberi finché queste Resistenze saranno ancora numeri senza nome. Arrivederci, Bella
di Meri De Martino, consigliere di quartiere, Bologna
Il 25 aprile è il giorno degli abbracci, dello scambio di garofani, dei pranzi di comunità. È il giorno delle corone per i nostri partigiani, dei canti, della musica, dei sorrisi gratuiti. Il 25 aprile c’è sempre il sole, noi ci svegliamo e ci ricordiamo di essere liberi. Nel cuore un senso di gratitudine profonda, la voglia di condividerla.
Da cinque anni a questa parte il mio 25 aprile è al Pratello e mai avrei voluto essere altrove. Chi mi vuole bene lo sa e trova sempre un minuto per passare da lì. Così il 25 aprile diventa anche il giorno in cui ci rivediamo tutti, in cui ci sentiamo dalla stessa – giusta – parte della Storia.
Mai avrei immaginato di passare un 25 aprile lontana dal Pratello, ancor meno di passarlo chiusa in casa come tutti siamo costretti a fare.
Numerose sono le belle iniziative messe in campo dall’Anpi e da tanti comitati e associazioni per tenere vivo il filo della Memoria, ma è indubbio che oggi ci sentiremo tutti più soli.
È proprio da questa solitudine, da questo esercizio forzato di introspezione, che nascono in me almeno due rimpianti rispetto a come abbiamo festeggiato i 25 aprile passati, due riflessioni su come migliorare in futuro.
Il primo rimpianto riguarda l’attenzione che viene data alla dimensione europea. L’Europa è nata a Montesole, lo ha detto il presidente del parlamento europeo, David Sassoli, durante la commemorazione per il 75° anniversario dell’eccidio. Niente di più vero. Da quei massacri è nata l’esigenza di creare una solidarietà istituzionalizzata che impedisse il ripetersi di quegli atroci conflitti. Perché se è vero che la storia insegna è anche vero che non ha scolari. Non solo. L’Europa è stata pensata, immaginata, da uomini e donne esiliati sulla piccola isola di Ventotene, mentre ancora si combatteva. Grazie a una donna coraggiosa, Ursula Hirschmann, gli scritti furono fatti circolare clandestinamente in Italia, Francia, Germania. Così è nata la nostra Europa, con atti di resistenza civile, che in forme e modi diversi, si sono diffusi in tutti gli stati europei.
Eppure, nell’immaginario che va per la maggiore, a primeggiare in questa giornata è la bandiera italiana.
La Resistenza e il progetto europeo che ne è nato appartengono a tutte le culture politiche democratiche e sarebbe importante fare in modo che tutti se ne ricordino sempre, soprattutto in questa giornata. I simboli che usiamo giocano un ruolo importante in questo, perché la Memoria da sola non basta, deve aiutarci anche leggere il presente e mai come oggi è importante tornare alle ragioni e ai nobili ideali che ci rendono tutti liberi cittadini europei.
Il secondo rimpianto è non aver identificato con chiarezza chi è, ancora oggi, a Resistere.
Ci sono le vittime del neoliberismo che ha accentuato ancora di più le disuguaglianze, diminuendo o annullando le possibilità di crescita per una larga parte della popolazione, e ci sono i migranti, quelli che siamo abituati a leggere come numeri sui giornali: numero di morti in mare, numero di salvati, sopravvissuti, numeri che affollano i centri di accoglienza, numeri di chi vive in strada, numeri di chi viene sfruttato dalla malavita made in Italy. In questa emergenza sono anche i numeri triplicati di chi si rivolge agli empori solidali del nostro territorio per avere un minimo di prodotti alimentari di base, i numeri di chi è stato accolto per poter restare a casa anche lui, i numeri di chi viene salvato e poi resta in mare per giorni senza porti sicuri.
Loro resistono ad altre Dittature. Alla Dittatura della Fame, alla Dittatura dell’Esclusione Sociale, alla Dittatura del Terrore, dell’Assenza di Libertà civili fondamentali, a quella della Guerra e, sì, anche alla Dittatura Istituzionalizzata.
Allora mi chiedo come tutti noi possiamo sentirci completamente liberi finché queste nuove Resistenze continueranno a essere numeri senza nome, finché la morte resterà la loro unica possibilità di liberazione e il dolore che hanno vissuto, la loro arma più potente, l’arma di una vittima che cerca giustizia.
Il 25 aprile è la Festa a me più cara in assoluto, per questo mi piacerebbe che restasse sempre viva, in sintonia anche con chi ne è o si sente più distante. Che possa essere il giorno in cui ricordarci di chi ha coraggiosamente combattuto per noi, di festeggiare la libertà del nostro paese, il nostro essere liberi cittadini europei, la nostra vicinanza a chi ancora oggi combatte le sue battaglie per la libertà.
Iniziative di questo tipo esistono, ma per creare una Memoria comune, un senso di appartenenza più inclusivo, serve ancora tempo e impegno maggiore da parte di tutti noi.
Il virus insieme a tanta sofferenza ci dona anche una possibilità: quella di ricominciare in modo nuovo, di ripensarci completamente come individui e come società. Se saremo in grado di coglierla, “Bella Ciao” non sarà solo un canto internazionale, sarà parte di una nuova storia condivisa. Una storia che non dimentica e che continua a vivere sulle orme di altre donne e altri uomini.
Che vive anche nel coraggio di quella donna di Mosul, anche lei senza nome, che mentre portava suo figlio in un ospedale da campo perché colpito sotto i bombardamenti da schegge di mortaio continuava a ripetere “Sei bellissimo habibi, amore mio, sei il mio bambino bellissimo”. Il naso gli era saltato per aria, il viso era distrutto e ustionato. Lei non versava una lacrima, sorrideva e continuava a ripetere quella frase: “Sei il mio bambino bellissimo”. La sua preghiera, la sua liberazione.
Grazie Meri, Moscato ha scritto una bellissima pagina. Partigian* si diventa, se non lo già. Lo scegli dove vedi un gradino, uno strappo nella nostra comune umanità e anche nel nostro rapporto inscindibile con la terra.
Tu hai guardato ma soprattutto VISTO i troppi strappi della nostra bella bandiera europea. Infatti ce l’hai procurata e anche un po’ sbiadita sventola dal mio balcone
Mig
Meri, hai scritto parole che aprono la mente e il cuore, chissà se alla fine di questo faticoso “viaggio”, riusciremo a festeggiare il 25 aprile -che anche per me è la festa che amo di più-, innalzando anche la nostra bandiera europea perché oggi più che mai abbiamo bisogno di unità e fratellanza