Bologna è diventata un punto di domanda

In cerca di risposte sul futuro di una città che ha perso almeno una taglia, riporta a casa i pendolari e si deve preparare a una nuova gestione di spazi e tempi. Meno Università e più rider. Meno appartamenti uso Airbn’b perché forse questa è la nuova frontiera per gli alberghi

di Luca Corsolini, giornalista


Dicono gli esperti che in un mondo “googolizzato”, generoso a dare risposte, bisogna cominciare a fare le domande giuste per risolvere i problemi. Il coronavirus sta scolpendo come verità indissolubile questa constatazione: le certezze a cui eravamo abituati sono svanite e stanno svanendo, dunque è ancora più importante cominciare a farsi domande, domande nuove, per non vivere in eterno nell’incantesimo dell’incertezza.

Ho provato per esercizio a fare un po’di domande. Non è nemmeno esaustivo come esercizio.  Sarebbe bello semmai se, completato l’elenco delle domande, arrivassero tante risposte da sintetizzare in un documento solo.

Bologna è diventata negli ultimi anni una città piacevolmente XL. Adesso stiamo già larghi in una L: come comportarci, cosa aspettare? Una città di tanti quartieri autosufficienti? Una campagna elettorale per il nuovo sindaco che cominci subito e parta dalla necessità di avere chi, in comune, si occupi di spazi e tempi nuovi per una città sia L per scelta e non per privazione?

Spazi e tempi: l’Università, con le lezioni che continueranno più davanti al pc che in aula, come gestirà i suoi spazi? Ne cercherà ancora di nuovi? E anche come gestirà, con una popolazione inferiore, tutti i suoi impianti sportivi?

Tutti gli airbn’b che, almeno per uno due anni, non si riempiranno con la stessa frequenza e la stessa velocità che abbiamo conosciuto fino a febbraio 2020, che fine faranno? Bisognerà censirli per capire se davvero c’è bisogno di altre costruzioni? E tutti quegli alberghi che hanno perso le fiere, le trasferte di lavoro e, appunto, i turisti, cosa faranno? Si convertiranno in airbn’b?

Quanti sono i bolognesi che accettando o subendo il telelavoro non saranno più pendolari? Il loro numero, si tratta di cittadini restituiti in orario di lavoro alla loro città, pareggerà il numero di chi non verrà più per una riunione a Bologna preferendo farla su Zoom?

I ristoranti, obbligati a decidere tra spazi e tempi nuovi, perché una delle conseguenze del telelavoro è che ognuno può andare a pranzo o cena quando gli pare, manterranno la forma attuale o cercheranno di puntare sempre di più sul delivery che, detto francamente, è una gran comodità per noi clienti?

Cosa succederà alle mostre d’arte, quali che siano? Con le nuove regole, per richiamare un pubblico che giustifichi certe spese, dovranno forse allungare i tempi. Quindi l’offerta, basata primariamente sulla qualità, dovrà essere più e meglio armonizzata con quella delle altre strutture per arrivare a un calendario annuale che caratterizzi più e meglio l’offerta di Bologna?

In chiusura, il quesito più facile e più difficile: chi vuole aggiungere altre domande?


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