Urge “un intervento di qualificazione urbanisticamente rilevante” perché Bologna, negli anni 60 e 70 del secolo scorso, è stata capace e ha saputo essere un modello di rilevanza internazionale nell’urbanistica a sostegno di una città rispettosa della qualità dell’ambiente e della integrazione sociale. La prossima giunta riporti natura, aria, verde, luce a essere gli elementi qualificanti del nuovo ambiente urbano
di Ilaro Ghiselli, consulente aziendale
Sono passate due domeniche dall’apertura dei parchi e dei giardini a Bologna. Due domeniche che hanno evidenziato, con l’affollamento che si è registrato soprattutto ai Giardini Margherita e al Parco di Villa Ghigi, quanto sia carente, non solo in quantità, ma soprattutto in qualità, il verde pubblico nella città di Bologna e soprattutto nelle sue zone centrali, storicamente vocate a essere il centro di socialità e di attrazione per la maggioranza dei cittadini, delle famiglie e dei giovani.
Nei Giardini Margherita si sono concentrate, condensate e sovrapposte, negli anni, molteplici esigenze sociali: i bambini e i loro spazi, gli adolescenti e le nuove forme di aggregazione e divertimento/consumo, i cani, gli anziani , le macchine… tutte queste esigenze hanno fatto sempre più fatica a convivere nel tempo negli spazi oggettivamente limitati, e ciò soprattutto negli ultimi anni, e ora, con l’esigenza di tutti di avere a disposizione più spazio verde, più luce ed aria per vivere, si dimostrano in tutta la loro insufficienza.
Una insufficienza che si riflette sulla incompiuta vicenda della destinazione dell’Area Staveco, una vastissima zona, prevalentemente verde, a ridosso del Giardini Margherita e del centro di Bologna, che da circa venti anni aspetta di essere aperta alla città e su cui ho la sensazione si sia concentrata tutta la lentezza burocratico amministrativa, se non l’indifferenza, di tutti gli enti convolti e, a diverso titolo, interessati.
Erano gli inizi degli anni 2000 quando la presidenza del quartiere invitò i cittadini residenti a proporre indirizzi e idee per affrontare e mettere a punto il disegno per l’apertura di questo enorme spazio. Da allora sono stati elaborati diversi progetti, che sono tutti puntualmente caduti.
Chiedo al comitato dei saggi che il sindaco Merola ha voluto al suo fianco per mettere a punto le iniziative per fare partire la città, di accendere una luce sull’Area Staveco, non tanto perché creda che questa attuale amministrazione, in scadenza, possa fare qualcosa , ma perché si possa mettere a disposizione di chi si candiderà a condurre, nei prossimi cinque anni la città di Bologna e la sua area metropolitana, gli elementi per fare partire al più presto un intervento di qualificazione urbanisticamente rilevante per dare più verde, più luce e più vivibilità a tutta la città.
Scrivo volutamente “un intervento di qualificazione urbanisticamente rilevante” perché Bologna, negli anni 60 e 70 del secolo scorso, è stata capace e ha saputo essere un modello di rilevanza internazionale nell’urbanistica a sostegno di una città rispettosa della qualità dell’ambiente e della integrazione sociale attraverso la scelta sia di limitare fortemente la edificabilità sulla collina che di riqualificare zone degradate della città bloccando l’espulsione dei residenti (anche se non va sottaciuta la scelta ideologica di contrasto ai parcheggi che ancora pesa sulla mobilità e le infrastrutture).
La città si porta dietro in materia urbanistica (aree, case, quartieri, e servizi) una serie di ritardi, maturati nei decenni più recenti, che pesano sull’integrazione sociale e sulla tutela dei settori più deboli: le case per i giovani, le case per gli studenti, i servizi a sostegno della famiglia e della maternità.
Sono state fatte delle scelte (credo ormai definitive) su una infrastruttura importante come il Passante autostradale che condizioneranno pesantemente la vivibilità e il collegamento tra le diverse parti della città, dati gli impatti che questa infrastruttura avrà sia sulla qualità dell’aria a causa della produzione di particelle inquinanti, che sulla inevitabile divisione, anche fisica, tra zone urbane collocate dall’una o dall’altra parte.
C’è bisogno e ci sarà bisogno di una nuova grande progettualità che sappia dare e restituire integrazione, protezione sociale e qualità della vita ai cittadini e ai residenti nelle diverse parti della città e della sua area metropolitana, portando la natura, l’aria, il verde, la luce a essere gli elementi qualificanti del nuovo ambiente urbano.
Photo credits: Roberto Rossi
Vorrai dire: che fine ha fatto la vicenda “Bosco dei Prati di Caprara”. Ha una superficie -boscata- doppia dei Giardini Margherita e della Staveco (largamente costruita). Se poi vuoi dire che la Cittadella giudiziaria dovrebbe essere verde e che si attende da moltissimo tempo una soluzione ragionevole delle sedi giudiziarie di Bologna.
E’ un bel nido di pasticci
Sarebbe bello, ma parrebbe impossibile.
Ciò che scrive Ghiselli lo dicevamo nel 2001 come comitato Salviamo i Giardini Margherita, suggerendo, tra le altre cose, di togliere le auto dai GM e metterle allo Staveco. Poi si è proseguito con la commissione urbanistica e ambiente del Quartiere Santo Stefano (di cui ero coordinatrice), facendo proposte (non richieste) all’assessore Merola.
Nel PSC il verde di Staveco è ridotto a “corridoio” verso la collina. Ma di cosa parliamo? Non sarà mai un parco, viste le decisioni prese finora: sarà cittadella della Giustizia con un po’ di verde intorno.
Caro Ilaro
apprezzo soprattutto gli accenni critici al passante autostradale, di cui noi soffriremo il fastidio/danno senza temo vederne la fine e che è una vera disgrazia, e alla preconcetta contrarietà ai parcheggi che sono uno dei veri problemi di Bologna.
I parchi possono e debbono esse sviluppati ma lo si può fare fuori porta non in centro città e se allarghi il campo di spazio per fare parchi ce ne è molto se non altro per il meritorio risparmio della collina messo in atto tempo addietro da una incontrollata edificazione. Saluti Sandro