Cosenza: Emilia bene sul Covid, Bologna non sembra pronta per un sindaco donna

I giudizi di una semiologa da sempre molto attenta alla politica sulla gestione dell’emergenza e sulle prossime elezioni comunali

di Barbara Beghelli, giornalista


In principio fu Conte, nostro Presidente del Consiglio, ad essere altamente apprezzato. Doveva parlare sempre e solo lui. Marzo, aprile: in quel momento vinceva l’attrazione per l’uomo solo al comando. Ma poi, come capita nel mondo della comunicazione “in un attimo è riuscito a far stancare le persone”, riflette la semiologa Giovanna Cosenza, professoressa ordinaria al Dipartimento di Filosofia e Comunicazione, che da sempre studia le dinamiche della politica.

Quindi il gradimento é inesorabilmente sceso.

“Certo. Prima hanno giocato sulla paura, e così il governo ha raggiunto l’obiettivo ‘tutti a casa’. Ma poi non è più bastato.  Da atteggiamento commisurato e coerente siamo passati al dover orientarci lungo un sentiero confuso. L’apoteosi l’hanno raggiunta con la fase 2 -la riapertura: tutta una polifonia di opinioni”.

Quindi alla Fase2 che voto dà?

“Scarsino. E’ ricominciata la solita bagarre a cui eravamo abituati fino a febbraio. Quella del ‘nessuno va d’accordo con gli altri’”.

Guardando in casa nostra, il sindaco Merola lo promuove? Chi vince nel raffronto Emilia-Lombardia?

“Al primo cittadino di Bologna do un bel 8,5; al suo omonimo lombardo 5,5. Merola vince su Sala, non c’è dubbio. E la Lombardia è perdente, invece il nostro presidente Bonaccini ha tenuto ben ferma la barra al centro. La gestione dell’Emilia-Romagna merita un buon voto, e non c’entra in questo caso la spinta autonomistica, ma le esigenze delle regioni. Merola è stato il primo a chiudere i parchi, io interpreto questa sua azione come un’ottima gestione della prossimità, proprio perché il contagio avviene per prossimità”.

Siamo entrati nella fase 3 (giugno), anche se le Regioni hanno dimostrato di avere faticato per trovare un accordo col governo.

“Occorre prestare molta attenzione. Deve prevalere una comunicazione che non esclude la paura, ma insegna alla popolazione che esiste l’effettivo pericolo e quindi necessita della gestione oculata della questione. Occorre ricordare cosa è accaduto nelle terapie intensive, insomma ognuno deve assumersi la propria responsabilità. Ovviamente ci deve essere una misura”.

Le cifre dicono anche che questa crisi la pagano le donne.

“Certamente. La stessa cosa accadde nel 2008, ma non mi meraviglia. Nella classifica ‘Global Gender Gap Report’ del World Economic Forum, che fornisce un quadro sull’ampiezza del divario di genere in tutto il mondo, l’Italia é al 76^ posto. Dietro a Rwanda, Filippine, Nicaragua, Albania, Romania, Cile. I parametri della ricerca sono tre: sviluppo economico, partecipazione alla vita politica, scolarizzazione. Siamo a un livello molto basso”.

I cambiamenti culturali in Italia possono avvenire solo con la forzatura normativa?

“Le quote rosa sono il male minore. Poi ci vuole una formazione di 150 ore a testa per rendere consapevoli le ragazze e le donne che ricoprono posizioni dirigenziali. Corso da farsi nelle ore aziendali, non extra lavoro”.

Perché, le donne-capo non sono consapevoli?

“Vanno formate. Le differenze di genere in realtà devono essere insegnate a tutti. Uomini compresi, che sono quelli che pensano di sapere sempre tutto. Solo così si cambia. Le giovani leve però sono più sensibili, intendo gli studenti. Almeno i miei”.

Le piacerebbe una sindaca per Bologna 2021?

“Sì, ma non vedo spazio. A sinistra l’ultima candidata fu la Bartolini, 20 anni fa. Forse le stesse donne non si sentono pronte per il potere o avvertono un freno. Siamo ancora al punto che chi ambisce a posizioni ‘alte’ viene definita ‘maschia’: ambiziosa, ma non in senso positivo. C’è connivenza maschile sul potere ed è profondamente sbagliato. Chi viene governato avrebbe più interscambiabilità, scegliendo delle donne. Quando capiranno che sarebbe un vantaggio anche per loro?”.


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